4 min
Gli esperti chiedono di equiparare la pressione fiscale tra le partite Iva e i dipendenti. Tasse sul patrimonio? “No, grazie”
Semplificazioni, recupero di base imponibile, frazionamento del terzo scaglione Irpef, equità tra lavoratori dipendenti e autonomi. Questi sono alcuni degli obiettivi verso cui dovrebbe tendere – secondo gli esperti di fisco e tributi ascoltati nei giorni scorsi alla Commissione Finanza e Tesoro di Camera e Senato – il progetto di riforma fiscale allo studio del governo guidato da Mario Draghi.
“Nel passato ci sono stati numerosi interventi poco coordinati fra loro che hanno creato una serie di sovrastrutture che oggi rendono il sistema profondamente diseguale. Per questo c’è la necessità di un intervento globale”, commenta a FocusRisparmio Angelo Deiana, presidente dell’Associazione nazionale dei consulenti patrimoniali (Ancp) e di Confassociazioni.
“L’Italia ha bisogno di un approccio molto pragmatico e non ideologico”, dice Deiana. Inutile quindi la solita diatriba fra chi vorrebbe introdurre una flat tax e chi invece propone sistemi di tassazione che colpiscano i patrimoni più alti.
Fra le priorità dell’esecutivo – spiega il presidente dei consulenti patrimoniali – dovrebbero esserci misure che facciano riemergere base imponibile e non penalizzino il trasferimento di ricchezza. “Inasprire le tasse di successione in un momento storico in cui oltre quattro milioni di imprese stanno compiendo il passaggio dalla prima alla seconda generazione di imprenditori significa privarle di quella liquidità necessaria per investire nel rilancio e la crescita post-pandemia”, aggiunge Deiana.
Tasse sul patrimonio? “No, grazie”
“Introdurre nuove tasse sul patrimonio è inutile in questo periodo – spiega Deiana – poiché avrebbero un gettito molto basso per lo Stato”. “I grandissimi patrimoni possono contare su logiche di ottimizzazione fiscale internazionali che li porterebbero a sfuggire a qualsiasi tipo di nuova tassa mentre al contempo gli altri cittadini verrebbero privati di liquidità proprio in un momento storico (l’uscita dalla pandemia Covid19) dove ne avrebbero più bisogno”.
Partire dall’Irpef guardando al “modello tedesco”
Il pilastro su cui incardinare la riforma è l’imposta sul reddito delle persone fisiche, l’Irpef, “oggi profondamente diseguale poiché poggia su una progressività solo presunta che tratta in maniera profondamente diseguale le diverse categorie professionali”.
Il presidente Ancp propone una rimodulazione delle aliquote secondo un’ottica più progressiva e l’eliminazione di alcune detrazioni che “forse in questo momento non hanno più ragione d’essere”.
Più drastica la categoria dei commercialisti. Il Consiglio nazionale della categoria propone il passaggio ad una curva di progressività costruita sul “modello tedesco”.
La posizione della categoria è stata espressa dai consiglieri nazionali Gilberto Gelosa e Maurizio Postal nel corso dell’audizione parlamentare sulla riforma dell’Irpef. Per i due rappresentanti della professione, che hanno illustrato anche il Rapporto della Commissione voluta dal Consiglio nazionale e coordinata da Carlo Cottarelli, “se la politica sceglierà invece di mantenere l’attuale sistema di progressività, l’alternativa al modello tedesco potrà essere rappresentata dal frazionamento in due l’attuale terzo scaglione e da un intervento sulle detrazioni, al fine di superare le criticità dell’attuale sistema di tassazione progressivo. Come quella legata al modello tedesco, anche questa seconda opzione darebbe risultati tangibili in termini di equiparazione della pressione fiscale tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti”.
Equiparare pressione fiscale tra lavoro autonomo e dipendente
Nel corso dell’audizione i commercialisti hanno poi definito “prioritario il tema dell’equiparazione della pressione fiscale tra lavoratori autonomi e lavoratori dipendenti”. “Un tema sempre più delicato – hanno affermato Gelosa e Postal – è quello dell’equità orizzontale della progressività, ossia quella tra redditi di tipo diverso, ma di ammontare uguale. La curva della progressività, data da aliquote marginali, scaglioni e detrazioni decrescenti per redditi da lavoro, deve essere unica per tutti i contribuenti titolari di redditi da lavoro. A monte o a valle dell’unica curva della progressività, è corretto prevedere un meccanismo forfetario che consenta di tenere conto delle spese per la produzione del reddito che i lavoratori dipendenti sostengono (a differenza dei pensionati) senza possibilità di deduzione analitica dal reddito (a differenza dei lavoratori autonomi). L’equità orizzontale all’interno del perimetro “redditi da lavoro” impone anche di allineare i lavoratori autonomi ai lavoratori dipendenti sul versante della concorrenza dei redditi da lavoro alla formazione del reddito complessivo”.
Secondo gli esponenti dei commercialisti “deve essere previsto anche per i lavoratori autonomi, così come per i lavoratori dipendenti, che alla formazione del reddito complessivo concorre il reddito imponibile da lavoro, ossia il reddito lordo al netto dei contributi previdenziali obbligatori a carico del lavoratore. L’attuale differente modalità di computo dei redditi da lavoro nel reddito complessivo crea ingiustificate disparità di trattamento, a parità di reddito imponibile, posto che le detrazioni decrescenti sono commisurate al livello del reddito complessivo e non del reddito imponibile”.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.