Spostata a giugno 2026 l’adozione degli Esrs settoriali di quelli per le grandi aziende extra-Ue. Il fine è alleggerire gli oneri e dare più tempo per recepire il primo pacchetto di standard. Bruxelles soddisfatta
Una vittoria per Bruxelles e un sospiro di sollievo per le aziende, che avranno due anni i più per adottare gli standard settoriali specifici per il reporting di sostenibilità (European Sustainability Reporting Standards) previsti dalla direttiva Csrd. Il Consiglio dell’Unione europea e il Parlamento hanno infatti trovato un accordo provvisorio sui limiti temporali per l’adozione dei benchmark settoriali e di quelli relativi alle grandi aziende extra-Ue: anziché adeguarsi entro l’estate 2024, le società interessate dall’eccezione avranno tempo fino a giugno 2026.
Era stata la Commissione Europea, nel suo Work Programme per il 2024, a richiedere una semplificazione delle regole e a spingere per “ridurre del 25% gli oneri associati ai requisiti di reporting senza minare gli obiettivi di policy delle relative iniziative”. Il 17 ottobre 2023 lo stesso organo presieduto da Ursula von der Leyen ha dato seguito all’iniziativa, presentando la propria proposta per un rinvio biennale delle scadenze di adozione. Una mossa che fa parte di un primo pacchetto di misure pensato allo scopo di razionalizzare gli obblighi di rendicontazione e allineato al Pacchetto di aiuti alle Pmi.
“Promuovere la competitività europea rappresenta un pilastro della nostra presidenza e uno dei modi per perseguire questo obiettivo è ridurre gli oneri amministrativi delle società”. Così ha commentato la notizia Vincent Van Peteghem, vice presidente del governo e ministro delle Finanze del Belgio, Paese attualmente presidente di turno del Consiglio dell’Unione. “L’attuale accordo limita i requisiti di reporting al minimo e dà alle società tempo per implementare gli Esrs e prepararsi per gli standard settoriali”, ha aggiunto Van Peteghem. “Questa decisione dimostra che ascoltiamo le preoccupazioni delle imprese e stiamo rispondendo”, ha aggiunto Mairead McGuinness, commissaria per i Servizi finanziari, la stabilità finanziaria e la capital Markets Union. Il reporting di sostenibilità, è la sua opinione, risulta fondamentale per la transizione green e per la trasparenza verso gli investitori. “A medio e lungo termine, requisiti standardizzati significano meno oneri per le aziende ma comprendiamo che il ritmo del cambiamento possa essere impegnativo per molti”, ha concluso.
Le regole delineate dalla direttiva Csrd impongono che le società quotate divulghino informazioni su rischi e opportunità derivanti dalle attività sociali e ambientali per aiutare gli investitori, la società civile, i consumatori e altre parti interessate a valutarne la sostenibilità. Queste regole di fatto sono un aggiornamento della direttiva Nfrd del 2014, non più adeguata alla transizione dell’Ue verso un’economia sostenibile, e rappresentano un’estensione degli obblighi di rendicontazione a una platea di aziende più ampia. Per facilitare questo obiettivo, il 31 luglio 2023 la Commissione ha adottato i primi standard trasversali e le norme di rendicontazione per tutti i temi legati alla sostenibilità. Tali benchmark devono essere seguiti dall’adozione di altri che siano specifici per settore, per le Pmi e per le società extra-Ue con un fatturato di almeno 150 milioni di euro prodotto nell’Unione e almeno una filiale nell’area.
L’accordo raggiunto dai co-legislatori posticipa l’adozione dei nuovi standard al 30 giugno 2026, consentendo alle aziende di concentrarsi sull’attuazione del primo insieme di Esrs. La dilazione darà anche più tempo per sviluppare benchmark di sostenibilità specifici per settore, nonché altri per specifiche società di Paesi terzi. La data di applicazione per le ulteriori società di Stati extra-Ue rimarrà invece il 2028, come stabilito nella Csrd. L’intesa provvisoria suggerisce che la Commissione pubblichi otto standard di reporting specifici per settore non appena saranno pronti, ben prima prima della nuova scadenza del 30 giugno 2026.
A regime, le nuove regole di rendicontazione si applicheranno a tutte le grandi imprese e a tutte le società quotate sui mercati regolamentati. Le società sottoposte all’obbligo di reporting, da cui sono quindi escluse solo le microimprese, dovranno anche valutare le informazioni applicabili alle loro controllate. Per le Pmi quotate è prevista la possibilità di un opt-out durante un periodo transitorio, che le esenterà dall’applicazione della direttiva fino al 2028.
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