La corsa degli indici è inarrestabile secondo Deborah Fuhr, fondatrice del think tank ETFGI, con cui la settimana prossima ha organizzato uno dei maggiori eventi globali dedicati agli Etf
Deborah Fuhr, managing partner e fondatrice di ETFGI
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Negli ultimi anni è affluito così tanto denaro nei fondi indicizzati e nei fondi negoziati in borsa – parliamo di un incremento degli asset in gestione pari a 428 miliardi di dollari da inizio anno a fine agosto, che ha portato gli Etf globali a superare i 7 triliardi di dollari di masse complessivamente gestite (fonte: Financial Times) – che alcuni gestori di fondi sostengono che questa dinamica potrebbe ledere il tradizionale processo di price discovery, ossia di determinazione dei prezzi di mercato.
Non è d’accordo Deborah Fuhr, managing partner e fondatrice di ETFGI, società di ricerca e consulenza sugli Etf che il 17 e il 18 novembre organizza uno dei maggiori eventi globali per il settore dei fondi indicizzati, l’ETFGI Global Etfs Insights Summit Europe, che quest’anno si svolgerà in modalità virtuale (qui maggiori informazioni).
Fuhr è stata la keynote speaker dell’evento di Assogestioni-FocusRisparmio sulla gestione passiva (qui la cronaca del webinar), durante il quale ha sottolineato come l’industria degli Etf abbia “registrato afflussi netti negli ultimi 15 mesi, anche quando i mercati azionari erano in ritirata a causa delle preoccupazioni” per l’impatto economico della diffusione del coronavirus.
Gli Etf “si sono comportati molto bene durante la volatilità di marzo e aprile, nonostante le molte preoccupazioni legate in particolare agli Etf ad alto rendimento e investment-grade”, spiega Fuhr in un’intervita a FocusRisparmio. “In entrambi i casi, gli Etf sono stati in grado di sfatare miti e pregiudizi”, prosegue. “Ciò è chiaramente dimostrato anche dal fatto che negli Stati Uniti la Federal Reserve abbia deciso di investire in Etf obbligazionari ad alto rendimento e investment-grade per la prima volta in assoluto (qui la storia, ndr). Non penso che la Fed abbia deciso di investire in un prodotto che riteneva non funzionare bene”.
Il massiccio spostamento di capitali ha portato alcuni osservatori a temere che l’investimento passivo possa aver raggiunto una bolla. Cosa ne pensa? Mettiamo il discorso in prospettiva. Gli Etf rappresentano il 4% delle masse in gestione di tipo Ucits in Europa, dunque una percentuale davvero piuttosto piccola. E anche a livello globale, le attività gestite in Etf rispetto ai fondi comuni di investimento sono circa il 18%. È difficile capire come qualcosa che è significativamente inferiore a un terzo possa avere un così grande impatto. Ecco perché non ritengo che sugli Etf possa scoppiare una bolla. Penso che abbiano effettivamente dimostrato di essere uno strumento migliore di molti altri per stimolare il processo di price discovery.
Può essere più specifica? Pensiamo ad esempio a marzo e aprile, quando abbiamo visto come alcuni degli Etf a reddito fisso venivano scambiati a sconto sul Nav. Il motivo è che quando agli investitori viene chiesto di considerare l’acquisto o la vendita di Etf, questi decidono sulla base delle proprie stime di quotazione delle obbligazioni sottostanti. Parliamo di stime, perché ricordiamo che le obbligazioni non prezzano di continuo. Quello che è successo durante i mesi di volatilità è che lo spread tra gli Etf fixed income e il Nav dei fondi comuni a reddito fisso era a favore dei primi, dal momento che durante la crisi Covid i fondi comuni hanno subito forti deflussi, seguiti da forti afflussi – movimenti che li hanno obbligati ad adeguare il loro Nav in modo molto significativo. Ecco perché penso davvero che gli Etf siano un buon strumento per la scoperta dei prezzi, in certi casi anche migliore dei fondi comuni, in questo caso molto più volatili degli Etf.
Da tempo gli investitori discutono sui meriti degli investimenti “attivi” rispetto a quelli “passivi”. Questa differenziazione ha ancora senso? No, per almeno un paio di motivi. Anzitutto, non apprezzo la parola “passivi”, perché quando gli investitori usano gli indici lo fanno comunque per generare alpha. Come lo fanno? Bilanciando i diversi indici in portafoglio nel tentativo di sovrappesare o sottopesare specifici Paesi, settori, regioni o classi di attività.
In secondo luogo, dobbiamo constatare quanto sia difficile trovare gestori e fondi che generano costantemente alpha. Spesso riescono a farlo per uno o due anni consecutivi. Ma se guardiamo a un orizzonte temporale di tre, cinque, dieci anni, è molto raro trovare fondi che ci riescono, persino tra quelli hedge.
È dunque corretto approcciare gli investimenti in modo molto equilibrato – con il bilancino, potremmo dire – rivolgendosi sia alle gestioni attive per entrare in determinate nicchie, sia agli Etf indicizzati per implementare altre specifiche esposizioni.
Etf uguale investimenti passivi: un altro mito da sfatare, dunque… Etf e passivi non sono sinonimi, e la sigla Etf non identifica un veicolo di investimento statico: replicare un indice non significa essere passivi e rinunciare a generare alfa. Semmai è vero il contrario, come ha dimostrato anche la crisi del Covid-19. Penso che sia importante ricordare che gli Etf sono fondi a tutti gli effetti, con l’ulteriore vantaggio di essere quotati e negoziati in una borsa o listino, il che gli conferisce un processo di riscatto del tutto unico. Gli Etf che scambiano in Europa sono fondi Ucits altamente regolamentati, che possono essere indicizzati certo, ma anche gestiti attivamente. Gli Etf sono un contenitore che al suo interno può accogliere varie strategie: smart beta, tematico, Esg…
Cosa possiamo aspettarci dal Global Etfs Insights Summit di quest’anno? Obiettivo del Global Etfs Insights Summit di novembre è fornire un aggiornamento su tutte le questioni importanti per gli investitori, in termini della struttura di mercato degli Etf. Parleremo dei nuovi strumenti di trading, quindi di come le persone utilizzano le piattaforme Request for Quote (RfQ) – Tradeweb o Bloomberg, per esempio. O di come alcune banche stiano creando algoritmi per il trading di Etf, e degli effetti sul mercato.
Quali sono i principali sviluppi normativi, commerciali e tecnologici che incidono sull’uso degli Etf e che saranno discussi durante l’evento Avremo un’anteprima del fatto che la Borsa di Londra sta migliorando la propria piattaforma RFQ. Ce ne parlerà Ivan Gilmore, Head of Exchange Traded Products & Global Product Development della London Stock Exchange. Avremo Martin Moloney, direttore generale della Jersey Financial Services Commission e membro del board della International Organization of Securities Commissions (IOSCO), in cui si occupa specificamente del comitato che vigila sui fondi di investimento e gli Etf. Martin ci fornirà un aggiornamento sulle indagini IOSCO in termini di Etf e indici. Ci sarà anche Tilman Lueder, Head of Securities Markets Unit, DG FISMA (Commissione Europea) che parlerà di normative sui benchmark. Avremo sessioni dedicate a specifici Paesi: Italia, Francia, Germania, Svizzera.
Quali sono le principali sfide nell’organizzazione di un evento completamente virtuale? Penso che uno dei vantaggi della realtà virtuale in cui ci troviamo a fare eventi è che possiamo più facilmente convincere le persone a partecipare da tutto il mondo. Questo sia per quanto riguarda i relatori che gli sponsor, nonché – e direi soprattutto – per i partecipanti. A un evento recente, abbiamo avuto partecipanti da 19 paesi diversi, qualcosa di mai avvenuto prima. Quindi stiamo sfruttando al massimo le possibilità della digitalizzazione.
Gli eventi in presenza non saranno del tutto accantonati? State meditando di passare a esperienze ibride in futuro? Personalmente resto una fan degli eventi in presenza. Voglio dire, ho viaggiato in sessantatre paesi per parlare di Etf, quindi penso che andare di persona sia un’esperienza assai diversa da quella virtuale. Parlare con le persone a tu per tu, in modo più rilassato, aperto e condiviso. Mangiare con qualcuno, bere un caffè, è davvero molto diverso che parlare attraverso uno schermo. Non vedo l’ora di tornare a fare eventi di persona e a visitare tutti quei meravigliosi Paesi, tra cui l’Italia. Ma allo stesso tempo penso che sia probabile, in futuro, avere una combinazione, un ibrido in cui gli eventi saranno sia virtuali sia in presenza.
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