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Per Italia primo segno meno da quattro trimestri: -0,2%. Crescita zero per la Francia. La Germania si salva con un modesto +0,2%, stesso risultato dell’Eurozona. E i mercati guardano alla Bce
Alla fine la frenata è arrivata. Non così pesante come temuto, ma pur sempre il segnale che la ripresa del Vecchio Continente traballa. Il primo trimestre del 2022, infatti, il primo in cui si cominciano ad accusare gli effetti della guerra Russia-Ucraina, ha fatto registrare un ridimensionamento del Pil generalizzato: per l’Italia, l’unica a mostrare il segno meno, la Francia, la Germania e, ovviamente, l’Eurozona.
Per quanto riguarda il nostro Paese la crescita è diminuita dello 0,2% rispetto al trimestre precedente (chiuso a +0,7%) ed è aumentato del 5,8% in termini tendenziali. Si tratta della prima “lieve” flessione dell’attività registrata dall’economia italiana dopo quattro trimestri di “crescita sostenuta”, sottolinea l’Istat, che precisa come questo dato porti a una lieve riduzione rispetto alla crescita acquisita calcolata alla fine del 2021: dal 2,3 al 2,2%. Meglio però delle stime del governo, che nel Def aveva previsto un calo del Pil sul trimestre precedente dello 0,5%.
Intanto, però, sempre dall’Istat fanno sapere che ad aprile l’inflazione è leggermente rallentata, dopo 9 mesi di corsa. Secondo le stime preliminari, l’indice nazionale dei prezzi al consumo, al lordo dei tabacchi, ha segnato un aumento dello 0,2% su base mensile e del 6,2% su base annua (da +6,5% del mese precedente). Il rallentamento su base tendenziale si deve prevalentemente ai prezzi dei beni energetici (la cui crescita passa da +50,9% di marzo a +42,4%) ed è imputabile sia ai prezzi degli energetici regolamentati (da +94,6% a +71,4%) sia a quelli degli energetici non regolamentati (da +36,4% a +31,7%).
Si salva la locomotiva tedesca. Nei primi tre mesi dell’anno, la Germania è cresciuta appena dello 0,2%, meglio delle previsioni ferme a 0,1%, mentre su base annua il dato è salito del 4% contro il 3,8% previsto.
Più pesante il risultato della Francia, il cui Pil, atteso in aumento dello 0,3%, è invece rimasto invariato. La stagnazione di Parigi fa sì che la crescita annua si attesti quindi al 5,3% contro il precedente 5,5%. Pesante poi il dato delle spese dei consumatori francesi di marzo, in calo dell’1,3% a fronte di un aumento previsto dell’1,2% e di un rialzo dello 0,9% segnato a febbraio, e quello dell’inflazione dei aprile, salita al +4,8%, dopo il +4,5% del mese precedente, oltre le attese degli analisti.
Infine, per quanto riguarda il Vecchio Continente, nel primo trimestre 2022 il Pil destagionalizzato è aumentato dello 0,2% nella zona euro e dello 0,4% nell’Ue rispetto al trimestre precedente. Nel quarto trimestre del 2021, il Pil era cresciuto rispettivamente dello 0,3% e dello 0,5%. “Queste stime preliminari del Pil si basano su base dati incomplete e sono soggette a ulteriori revisioni”, avvertono però da Eurostat, l’istituto di statistica europeo.
“I dati economici del primo trimestre dell’anno poco riflettono gli effetti del conflitto Russia-Ucraina, che saranno maggiormente visibili a partire dal secondo – osserva Antonio Tognoli, head of research di Integrae Sim -. Il nostro modello indica che gli squilibri nell’attività industriale dell’Ucraina, dove nel 2022 il Pil è atteso scendere del 40-50% circa, uniti alla scarsità delle materie prime e agli elevati prezzi dell’energia, tenderanno a rendere duratura la crescita dei prezzi e compromettere la ripresa economica post pandemia. Questo ben si è riflesso, per esempio, nell’indice dell’Istituto Tedesco Gfk di maggio, sceso a -26,5 punti da -15,7 punti di aprile”.
Per Tognoli, se così sarà (“e i dati per il momento vanno in questa direzione”), è possibile che a luglio la Bce possa aumentare di 0,25 bp i tassi di interesse in linea con quanto dichiarato dal Christine Lagarde.
“Il problema per le banche centrali è l’aumento significativo dell’inflazione, aumento non corrisposto sul fronte dei tassi reali che non sono andati allo stesso passo – fa notare Mark Nash, head of fixed income alternatives di Jupiter Am -. Ciò ha comportato un allentamento delle condizioni finanziarie, situazione opposta a quanto vorrebbero le banche centrali, e la necessità di alzare i tassi nominali molto di più per generare un impatto. Ci chiediamo quale sia adesso il ‘tasso neutrale’. Nessuno, inclusa la Fed, ha la risposta”.
Così, secondo Nash, dato che l’inflazione e la crescita rimarranno alte, il mercato attribuirà un premio di rischio ai tassi sul lato breve della curva fino a quando non ci sarà maggiore chiarezza. “In un contesto di inflazione elevata è possibile un’inversione della curva dei rendimenti – afferma -. La curva dei rendimenti reali è ‘indicatore di recessione’ accurato ed ha ancora una pendenza verso l’alto, il che suggerisce che le banche centrali non stanno ancora facendo abbastanza. Tuttavia, riteniamo che i discorsi sulla curva dei rendimenti siano fuorvianti e che il contesto di crescita sia solido. Finora gli ostacoli sono stati ben gestiti, ma i prossimi mesi rappresenteranno uno scoglio duro da superare per l’economia globale, principalmente a causa dei rischi legati al comparto energia in Europa. Restiamo ottimisti ma prestando attenzione ai rischi”.
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