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Nel 2021 le 96 digital bank europee hanno raccolto il doppio che nel 2020. Crescita a doppia cifra per le 12 italiane. Clienti e dipendenti in aumento, ma alla borsa questi istituti preferiscono il venture capital
Mentre gli istituti tradizionali faticano a stare dietro alla rivoluzione digitale, tra pandemia e spinta innovativa le cosiddette challenger bank ingranano la quinta. Anche in Italia. È quanto emerge da un report dell’area studi di Mediobanca, stando al quale le banche digitali del nostro Paese hanno brillantemente superato il primo anno pandemico con crescite a doppia cifra.
“Le challenger banks, che spesso nascono come startup per fornire servizi finanziari di nicchia – viene spiegato nello studio -, sono banche digitali concentrate sull’innovazione di prodotto e con costi di funzionamento e dimensioni inferiori rispetto alle banche tradizionali”. Grazie alla forte connotazione tecnologica, all’assenza di filiali fisiche e a una dotazione di personale molto contenuta “possono applicare alla propria clientela costi inferiori, con pacchetti base spesso gratuiti che attraggono soprattutto i millennials”.
Le challenger bank in Europa
Nel Vecchio Continente in totale ce ne sono 96, di cui due terzi concentrate in tre Paesi: 37 nel Regno Unito, 12 in Italia e 12 in Francia. Seguono poi Germania (8) e Spagna (7). Spicca la contrapposizione tra il Nord Europa, dove sussiste una bassa densità di filiali in rapporto alla popolazione, e il blocco mediterraneo, con incidenze superiori alla media europea (39 sportelli ogni 100 mila adulti) per Francia (61 sportelli), Spagna (57) e Italia (47).
I Paesi del Nord Europa guidano la classifica degli adulti fruitori di servizi bancari online con punte, a fine 2021, superiori al 90% in Norvegia, Danimarca e Finlandia e dell’86% nel Regno Unito. L’Italia si posiziona invece nelle retrovie con il 45%, al di sotto della media europea (58%). Ma tale dinamica, sottolineano gli analisti, ha subito un’accelerazione durante il periodo pandemico ed è il risultato dell’evoluzione dei gusti della clientela, sempre meno fidelizzata e più indirizzata verso la multicanalità.
Nel 2020 i ricavi delle challenger bank europee sono aumentati del 3,9% sul 2019, mentre il risultato netto aggregato è peggiorato del 12,7%, in linea con le performance delle banche dell’Eurosistema.
Poca Borsa e tanto venture capital
Se il rapporto con i mercati finanziari risulta ancora modesto, le challenger bank fanno invece ampio ricorso al venture capital. Dal 2016 a oggi ammontano a 11,6 mld di euro le risorse raccolte tramite questa forma di finanziamento. Solo nel 2021 sono stati complessivamente raccolti 3,5 mld di euro (+129,5% sul 2020). I conteggi per i primi sei mesi del 2022 risultano in rialzo dell’82,3% sullo stesso periodo del 2021 attestandosi a 1,8 miliardi, ma in parziale raffreddamento.
L’accesso al funding, evidenziano gli esperti, è fondamentale non solo per affrontare i costi dell’oneroso iter autorizzativo, ma anche per finanziare lo sviluppo del business e incrementare le quote di mercato. Ad esempio, lo scorso giugno, dopo un infruttuoso tentativo di raccogliere nuovi capitali, la Volt Bank, prima digital bank a ottenere licenza bancaria in Australia, ha deciso di interrompere la propria attività.
Solo nove sono quotate in Borsa: 6 inglesi, 1 italiana (Illimity Bank), 1 estone e 1 norvegese (Aprila Bank) trattata in un mercato non regolamentato (Euronext NOTC). Altre tre società sono state delistate, oggetto di acquisizione da parte di incumbent o fondi d’investimento.
La corsa delle digital bank italiane
Nel dettaglio del nostro Paese, nel 2020 le digital bank italiane hanno visto crescere sia il margine di intermediazione (+42,2% sul 2019) che il risultato operativo (oltre 100%) e il contenimento delle perdite su crediti (passate da -31,3 milioni del 2019 ai -10,3 milioni del 2020) ha contribuito al miglioramento del risultato netto.
Nel 2021 le maggiori rettifiche dei crediti hanno frenato la buona dinamica, che resta comunque positiva, sia a livello di margine di intermediazione (+22,8% sul 2020) che di risultato operativo (+75,2%), con il risultato netto che è migliorato del +63,1%. Anche il Roe (return on equity) è cresciuto di quasi 4 punti percentuali, portandosi al 9,4%.
Positive poi le performance dello stato patrimoniale, con la crescita dei crediti verso i clienti (+38,8% nel 2020 rispetto al 2019) e del totale attivo aggregato (+35%) che ha parzialmente perso slancio nel 2021, pur mantenendosi a doppia cifra (+42,4% i crediti e +18,2% il totale attivo sul 2020).
In aumento anche la forza lavoro: +18% nel 2020 sul 2019 e +5,7% nel 2021. “Le principali differenze strutturali fra le challenger banks e gli istituti di credito italiani – fa notare il report – risiedono nell’incidenza del costo del lavoro e delle spese generali sul totale ricavi. La prima è minore per le challenger che, di contro, registrano una maggiore incidenza delle spese generali”.
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