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Non solo megatrend. Per Juan Mendoza di Lombard Odier, il rendimento in tempi di incertezza passa anche dai marchi forti. Cina, lusso e sostenibilità le chiavi per unire le due dimensioni con un risultato vincente
Dopo 12 mesi difficili a causa di inflazione e tassi di interesse, i temi promettono di tornare a giocare un ruolo strutturale nelle strategie di portafoglio. Ma, poiché l’incertezza sembra destinata a rimanere la cifra dominante sui mercati, gli investitori interessati a massimizzare il rendimento nel 2023 non potranno prescindere neppure dall’ancorare il proprio capitale a grandi aziende riconosciute globalmente e per questo capaci di resistere alle turbolenze. Juan Mendoza, lead portfolio manager di Lombard Odier Investment Managers, ne è profondamente convinto. Del resto, le performance della strategia LO Funds – World Brands, basata proprio sull’attento mix di value brand e megatrend, parlano chiaro: +10,4% da inizio anno rispetto al 3,6% del benchmark (Msci World EUR). Cina, lusso e sostenibilità i suoi segreti per affrontare la sfida dell’anno appena iniziato.
Value brand e megatrend. Come unire queste dimensioni?
Il fondo punta a cavalcare i trend secolari investendo nelle aziende che da essi possono trarre i maggiori benefici perché capaci di offrire prodotti per i quali i consumatori sono disposti a pagare un premio maggiore. E lo fa adottando un approccio bilanciato e una gestione attiva. Dal punto di vista operativo, questa filosofia si sostanzia nell’incrociare i tre temi che ci paiono più determinanti per il futuro dei mercati con altrettante macro-classi di società investibili identificate a partire da un ampio universo di titoli secondo un logica bottom up che privilegia analisi disciplinata, ricerca fondamentale, incontri con i dirigenti e riunioni con esperti del settore. Ecco quindi che transizione ecologica, sviluppo digitale e cambiamenti demografici si intersecano con global brands (61% del portafoglio), upcoming brands (9%) e digital brands (30%).
Quali sono i megatrend su cui vi focalizzate?
È già iniziata la transizione verso un’economia circolare, snella, inclusiva e pulita. Questa mentalità si imporrà tra i consumatori, gli acquisti responsabili cresceranno vertiginosamente e i brand saranno all’avanguardia nel processo di cambiamento. Un esempio efficace, e sul quale stiamo giù puntando a livello di allocazione, viene dall’industria dell’auto, dove i produttori sono in prima linea nello sviluppo di motori elettrici e ibridi con investimenti miliardari. Assisteremo, però, anche a un boom del consumo digitale, che prenderà il sopravvento su quello fisico: tecnologie come l’intelligenza artificiale, le piattaforme di condivisione e i social network trasformeranno radicalmente l’esperienza di shopping, creando nuovi flussi di reddito soprattutto per i brand legati all’industria dei prodotti di largo consumo. Il terzo driver determinante sarà lo sviluppo demografico ed economico dell’Asia: entro il 2030 la popolazione mondiale aumenterà di un miliardo e 2 miliardi di persone entreranno a far parte del ceto medio. In questo scenario, i millennial e la generazione Z rappresentano la maggiore opportunità per i brand affermati e quelli emergenti, specie se posizionati in Cina.
In che modo scegliere i titoli in un mercato, come quello attuale, dove sono sempre di più le società che promettono di rivoluzionare il proprio settore?
L’universo tematico di oltre 400 marchi è suddiviso in tre categorie: marchi globali, marchi emergenti e marchi digitali. La definizione dell’universo investibile parte dalle società con forte potere di determinazione dei prezzi e asset immateriali difficili da riprodurre. All’interno di questo primo insieme, composto da circa 3mila titoli, identifichiamo 400 aziende su cui andiamo a effettuare un ulteriore scrematura: in questa fase, i principali criteri che orientano la nostra bussola sono le buone valutazioni, gli alti livelli di liquidità, i flussi di cassa stabili, il basso debito, la crescita regolare degli utili e le concrete prospettive di upside. Senza dimenticare il rating di sostenibilità. Il risultato finale di questo approccio di sottrazione è un portafoglio high convinction composto da 40-60 azioni di tipo quality growth e nel quale la singola esposizione non supera mai il 5%.
Un ritorno assoluto del 10,4% da inizio anno contro il 3,6%. Quali asset class hanno contribuito maggiormente a questa performance e quali lo faranno in futuro?
Fino al 2019 tutte le asset class hanno dimostrato performance soddisfacenti mentre il biennio 2020-2021 ha registrato il netto primato dei digital brand come conseguenza della spinta data dalla pandemia. Il 2022 è stato invece l’anno del turismo e soprattutto del lusso, favorito dal forte power price che da sempre lo contraddistingue: le aziende del settore hanno infatti risentito in misura minore dell’alta inflazione potendo scaricare i maggiori costi sulla clientela senza subire ripercussioni a livello di domanda. Ragionando in prospettiva, e considerando la possibilità che il carovita duri più a lungo del previsto, riteniamo che il comparto possa continuare a fare bene anche nei prossimi mesi e ci aspettiamo un generale ritorno in auge della tecnologia nel 2023. A livello geografico, siamo sottopesati rispetto agli Stati Uniti mentre abbiamo un’importante esposizione, pari a circa il 10%, sui mercati emergenti. In particolare, crediamo che a giocare il ruolo da protagonista all’interno del gruppo sarà la Cina e questo perché, dopo due anni di lockdown, la popolazione ha accumulato 2 miliardi di dollari di risparmio che ora andranno ad alimentare domanda interna e import.
Quali, quindi, le opportunità di investimento?
Nei prossimi anni le vendite mondiali di veicoli fossil-free aumenteranno in maniera esponenziale. Tanto che, entro il 2030, il 50% delle nuove immatricolazioni in Cina riguarderà veicoli elettrici. Proprio questo settore e questo Paese costituiranno una prima importante opportunità per gli investitori, complici anche le basse valutazioni che l’equity locale presenta rispetto a quello dei mercati sviluppati. Ma il Dragone è anche il primo mercato mondiale per i beni di lusso e rafforzerà il proprio primato in futuro: entro il 2025 Pechino rappresenterà infatti il 40% del fatturato di questo segmento, con i cinesi delle fasce millennial e generazione Z che diventeranno i maggiori consumatori. Da qui potrebbe dunque arrivare un ulteriore contributo in termini di rendimento, specie considerando che il consumo cinese non sarà impattato dalle dinamiche delle banche centrali occidentali. Quanto alla tecnologia, continueranno a giocare un ruolo chiave nelle scelte di allocazione gli Stati Uniti, dove i fondamentali aziendali restano solidi.
Guerra, inflazione, tassi di interesse, crescita. Qual è la sua view sul 2023 e come preparare il portafoglio?
Le variabili in gioco sono sicuramente molte ma non rivedremo le perdite dell’anno scorso perché i mercati finanziari hanno già scontato le aspettative di una recessione. Quanto all’inflazione, pensiamo che durante l’anno andrà stabilizzandosi e questo ci rende ancora più costruttivi sui consumer brands. A livello geografico, al di là della dinamica cinese, vediamo un quadro in miglioramento soprattutto per l’Europa, dove il dislivello tra tassi e prezzi offrirà margine di manovra per gli investitori.
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