Per Infranity, l’asset class può offrire riparo e garantire opportunità nel corso del 2025. Schroders punta soprattutto sulle infrastrutture per la transizione energetica. Per tre buone ragioni
In un momento di estrema incertezza, con una possibile guerra commerciale globale all’orizzonte, sono molti i gestori convinti che le infrastrutture possano offrire riparo e garantire opportunità concrete nel corso del 2025 e oltre. Se infatti il mercato del debito infrastrutturale ha già ampiamente dimostrato la sua resilienza e dinamicità, e continuerà a farlo, secondo gli analisti dopo qualche sofferenza anche l’equity è ormai pronto per una svolta positiva. Senza contare che la transizione energetica globale non si fermerà e continuerà a spingere il sottosettore legato alle rinnovabili.
Debito infrastrutturale: investimenti annui oltre i 350 miliardi di euro
Patrick Liedtke, chief client officer & chief economist di Infranity
Nel mercato del debito infrastrutturale, gli investimenti annui hanno superato i 350 miliardi di euro negli ultimi anni. Un tendenza destinata a continuare secondo Patrick Liedtke, chief client officer & chief economist di Infranity (parte di Generali Investments), con l’Europa in particolare che continua a proporre un’offerta massiccia e rendimenti attraenti, guidati da ambiziosi obiettivi di transizione energetica e digitalizzazione. “Queste tendenze sono in gran parte alimentate da attori di medie dimensioni, spesso sostenuti da private equity, che mostrano un forte interessamento al prestito attraverso la struttura del capitale”, spiega l’esperto. Aggiungendo che la natura a tasso variabile di gran parte del debito infrastrutturale, unita a flussi di cassa contrattuali stabili, supporta la stabilità delle valutazioni. Tutti motivi che spingono Liedtke a ritenere le infrastrutture una asset class difensiva in un clima economico volatile.
Inoltre per l’esperto le opportunità di rendimento sono destinate a crescere, con un notevole aumento dell’interesse per il debito infrastrutturale con rating Ba e B, offrendo un premio di 200-400 punti base rispetto i bond societari. “Per i finanziatori, l’attività di rifinanziamento nel 2025 sarà particolarmente significativa, poiché le transazioni chiuse tra il 2020 e il 2022 maturano o subiscono aumenti dei margini”, fa notare. Tale contesto, a suo avviso, creerà opportunità per rafforzare profili di credito di successo, in particolare nel mercato medio, dove ruoli bilaterali o di lead nella strutturazione delle transazioni possono generare rendimenti interessanti aggiustati per il rischio. “Queste dinamiche garantiscono che gli spread e i premi di illiquidità rimangano elevati, con transazioni di alta qualità che continuano a offrire un valore significativo”, assicura.
Sul fronte dell’equity, per Liedtke il 2025 potrebbe segnare la svolta dopo un periodo difficile per la raccolta fondi, che nel 2023 ha toccato il minimo quinquennale e nel 2024 ha mostrato solo un modesto miglioramento. Il riprezzamento degli asset infatti, con tassi di sconto aumentati di 100-250 punti base, ha creato un ambiente favorevole per i fondi con ‘dry powder’ a disposizione. “Gli asset di mercato medio, che offrono meno concorrenza e un valore migliore rispetto ai progetti su larga scala, rimangono particolarmente attraenti”, osserva. Aggiungendo che gli investitori stanno sempre più favorendo gli asset core+, incluse le piattaforme di sviluppo, che forniscono una forte protezione al ribasso.
Le spinta della transizione energetica
Minal Patel, global head of infrastructure di Schroders Capital, punta l’attenzione soprattutto sul fatto che, tra decarbonizzazione, accessibilità economica e sicurezza energetica, le rinnovabili stanno diventando cruciali per soddisfare il futuro fabbisogno energetico. La transizione energetica globale continua quindi a rappresentare un’opportunità di investimento potenzialmente senza precedenti, che a suo avviso non sarà intaccata neppure negli USA, dove il clima politico sull’argomento è cambiato. Dato che per gli investitori lo spazio di allocazione in asset alternativi è limitato, (in media rappresenta circa il 14% dei portafogli secondo una ricerca di Schroders), ed è quindi una risorsa scarsa il cui valore deve essere utilizzato al meglio, per l’esperta “massimizzare l’investimento nella transizione energetica è fondamentale”. E a sostegno di questa tesi elenca tre ragioni.
La prima è l’elevata diversificazione. “I rischi associati alle infrastrutture per la transizione energetica sono altamente diversificati e offrono un’esposizione a un mix unico di premi al rischio rispetto ai sottosettori delle infrastrutture non energetiche e ad altre asset class”, spiega Patel. Inflazione, prezzo dell’energia, risorse-meteo, tecnologia, geografia e politica: questi premi di rischio differenziati, a suo avviso, si traducono in solidi vantaggi di diversificazione. E i dati di correlazione lo confermano: “Dimostrano una bassa correlazione dei rendimenti anno su anno con tutte le asset class, comprese le infrastrutture diversificate, e persino correlazioni negative con gli asset azionari e a reddito fisso più ciclici”, fa notare.
Seconda ragione per puntare sull’asset class è il fatto che l’investimento energetico è un obiettivo primario. “Gli asset per la transizione sono la parte del mercato delle infrastrutture che sta crescendo e per la quale si prevede una costante richiesta di nuovi capitali nei prossimi 20-30 anni”, prosegue l’esperta. Che evidenzia come l’aumento delle occasioni di investimento nelle rinnovabili è di importanza cruciale, perché si riferisce non solo alle opportunità, ma anche ai prezzi. Infine, il terzo motivo per investire è costituito dai vantaggi in termini di sostenibilità. L’esperta evidenzia che il percorso verso il Net Zero è una tendenza chiave in grado di influenzare in modo significativo le economie, i mercati e la politica nazionale e globale. “Chi segue la storia riconosce che qualsiasi trasformazione economica non è priva di volatilità”, avverte, precisando che con tutta probabilità vi saranno ‘shock da transizione energetica’ lungo il percorso. “In questi momenti, che probabilmente porteranno a picchi dei prezzi dell’energia e dell’inflazione, gli asset della transizione sono posizionati in modo da ottenere buone performance”, assicura. Proprio come è accaduto nel 2022 con il conflitto tra Russia e Ucraina.
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