Secondo Matteo Astolfi, head of Client Group di Capital Group, necessario più investimento per obiettivi e meno cambi in corsa, con i consulenti concentrati su relazione e educazione. E una consapevolezza in più: “la capacità gestionale non sarà mai una commodity e il 2023 lo confermerà”
Matteo Astolfi, head of Capital Group
“Negli ultimi anni il risparmio gestito ha inseguito troppo i trend di breve periodo. Negli Usa, ambiente a noi familiare, l’investimento per obiettivi di lungo termine è la normalità e le allocazioni vengono riviste con frequenza e in misura molto minore. È ancora troppo presente nel mondo della consulenza italiano la concentrazione su potenziali cambi di strategie e allocazione. Nella maggior parte dei casi, ben oltre del 50%, i movimenti di portafoglio non solo non sono necessari ma sono addirittura deleteri”.
La ricetta è semplice ma non banale. Una visione quella di Capital Group espressa dall’head of Client Group Matteo Astolfi che invita a non lasciarsi affascinare dalle mode, ma punta alla sostanza.
“Sarebbe bene affidarsi a soluzioni, certamente meno trendy, ma ben più diversificate e orientate al lungo periodo. Minor turnover significherebbe più tempo per la gestione della relazione e per l’educazione del cliente che va ascoltato e guidato in una necessaria verifica in caso di momenti di turbolenza. Se non sono cambiati gli obiettivi e se vengono confermati i motivi per cui si è scelto quel prodotto non c’è alcuna ragione di cambiare, a prescindere da quale sia la casa di gestione”.
I mercati si sono mossi moltissimo, però, nel 2022. Come mantenere la rotta? Quale indicazione è possibile dare?
L’obiettivo principale non può che essere costruire portafogli core con fondi core e non portafogli con fondi di nicchia o trendy che dovevano essere satellite e che sono incautamente diventati core. Salvo poi scoprire che si trattava di tutti fondi growth che hanno subito un crollo negli ultimi 12 mesi.
La domanda è allora che cosa sarà core nel nuovo contesto di investimento
Il 2023 sarà un anno positivo per i bond in generale. Il motivo principale è che il 2022 è stato l’anno peggiore per i bond per effetto del repentino rialzo dei tassi. C’è anche una ragione meno considerata e cioè che il livello di partenza non permetteva alcuna attenuazione delle discese e della volatilità dato che lo yield era sostanzialmente inesistente. La grossa novità per il 2023 è che la partenza è ben diversa. Al primo gennaio si registravano livelli medi di rendimento che non si vedevano da oltre 10 anni in molti dei comparti dell’asset class. La presenza di questa quota di income determina che anche qualora dovesse proseguire con la stessa intensità la politica monetaria restrittiva di Fed e Bce l’impatto sui portafogli sarebbe ammortizzato da questo ‘cuscinetto’.
Proprio sul reddito fisso avete da poco presentato una novità di prodotto per il mercato europeo e asiatico, annunciando anche un periodo di lancio esclusivo riservato ad uno specifico partner distributivo. Prima di entrare nel dettaglio della particolare scelta di collocamento, occupiamoci della strategia. Quali sono le sue caratteristiche?
Il fondo Capital Group Multi-Sector Income è un obbligazionario flessibile. I quattro motori di performance del fondo sono rappresentati dai settori investment grade, high yield, debito emergente e debito cartolarizzato, a cui si aggiunge la componente della liquidità che i gestori possono detenere in misura maggiore in fasi di mercato particolarmente volatili. Si tratta di una tra le strategie di maggior successo negli Stati Uniti e in tre anni ha raccolto circa 9 miliardi di dollari. Da novembre è entrato a far parte anche della Sicav lussemburghese.
Qual è sinteticamente l’attrattività di questa strategia?
La strategia offre certamente il vantaggio della diversificazione su una asset class dalle ottime prospettive. Si ottiene, infatti, esposizione a quattro comparti del reddito fisso, ognuno con un gestore dedicato e coordinati da un principal investment officer. La gestione attiva permea, quindi, sia le quattro componenti a livello di selezione dei titoli sia la visione complessiva di portafoglio a livello macro.
Arriviamo da un ciclo economico, ormai concluso, caratterizzato da liquidità illimitata, bassa inflazione e bassa volatilità. Un contesto strutturalmente favorevole al beta di mercato che ha portato addirittura alcuni a definire proprio la gestione attiva come una commodity. C’è spazio per un’inversione in tal senso?
La capacità gestionale non è affatto una commodity. È possibile discutere del merito e dei risultati, andando nel dettaglio di un’infinità di particolari come possono essere le performance di breve periodo, ma definire l’expertise e la filosofia dell’active management una materia prima indifferenziata è eccessivo, controproducente e rischia di mettere tutti sullo stesso livello, quando così non è.
La nostra missione come società è migliorare la vita delle persone grazie ad investimenti di successo. Per fare questo è importante tenere fede al proprio Dna, così come avere dei partner solidi. Capital Group è il primo gestore al mondo di fondi comuni aperti a gestione attiva ed è naturale la realizzazione di collaborazioni con primari wealth manager come nel caso del lancio del Capital Group MSI.
Fino al 31 marzo 2023 la strategia resterà quindi in distribuzione esclusiva per UBS Wealth Management. Al di là di una posizione di assoluta rilevanza per entrambi nell’industria, che cosa significa questo progetto da un punto di vista di sviluppo di business?
Notiamo nel mondo della distribuzione un effettivo aumento della selettività. L’operazione che sta interessando il fondo MSI significa per noi lanciare in un gran numero di paesi europei e asiatici una strategia in cui crediamo fermamente con un periodo iniziale di attenzione per un unico distributore estremamente rilevante. Ci sono ancora molte strategie negli Stati Uniti che possono essere importate e non escludiamo questo possa avvenire anche con un focus geografico più ristretto.
Allargando lo guardo quali sono i vostri obiettivi in termini distributivi?
L’approccio di Capital Group al mondo della distribuzione discende direttamente dalla struttura del capitale della società. Capital Group non è quotata e ha più di 400 soci con nessuno che possiede più del 2,5% della società. Questo fa sì che possiamo investire sulla nostra crescita guardando al lungo periodo con una forza tale da farci percepire l’andamento dei mercati nel 2022 come un piccolo incidente che fa parte della vita normale della nostra industria. Puntiamo quindi ad una crescita strutturale in Italia come in tutti i paesi di Europa e Asia in cui siamo presenti. Retail distribution e fund buyer sono i nostri interlocutori naturali. Rientrano certamente nel nostro perimetro i clienti discrezionali, i fondi di fondi e le unit linked.
Il cortocircuito sui mercati finanziari ha portato la volatilità alle stelle, aprendo dubbi sugli ampi spazi di vulnerabilità presenti nel mercato. D’altro canto, come ricorda Michele Morra, portfolio manager di Moneyfarm, il rapido e consistente rialzo dei tassi di interesse come “il tasso Fed passato a inizio 2022 dallo 0,25% al 5%”, può rappresentare “una sfida alla stabilità finanziaria globale”. In questo scenario la domanda che serpeggia tra gli investitori è, inevitabilmente, quale forma avrà la prossima bolla.
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