Vini da investimento
Guerra o recessione, non c’è crisi che tenga: il vino non rallenta. Lo dimostra l’effervescenza delle M&A nel settore e la crescente attenzione (anche degli investitori)
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Gli ultimi allarmi sono arrivati da due investitori non esattamente alle prime armi. Ad aprire le danze dei pessimisti è stato Jamie Dimon, numero uno di Jp Morgan, che ha messo in guardia dall’“uragano economico” in arrivo. A stretto giro gli ha fatto eco il presidente di Goldman Sachs, John Waldron, secondo cui la confluenza di shock che si stanno concentrando sul sistema non ha precedenti. “Questo è forse il più complicato e dinamico ambiente di investimento che abbia mai visto nella mia carriera”, ha sentenziato.
Se una recessione imminente viene esclusa dalla maggior parte degli addetti ai lavori, Bce compresa, quasi tutti sono concordi nell’aspettarsi un forte rallentamento della crescita economica, in Europa soprattutto ma anche negli Usa. “Dopo un primo trimestre che ha mostrato segnali di resistenza, dovuto alla fine delle misure restrittive in diversi Paesi, prevediamo un significativo rallentamento dell’attività globale”, afferma Norman Villamin, chief investment officer (wealth management) di Union Bancaire Privée.
L’esperto rivolge i suoi timori soprattutto verso il Vecchio Continente nel breve, ma alza l’allerta nel medio termine anche per l’attività statunitense, messa a dura prova dalla Fed. “Gli shock esterni, combinati con una politica monetaria più restrittiva, potrebbero potenzialmente mettere alla prova il ciclo di crescita elevata post pandemia nel 2023”, avverte.
Anche per Mike Gitlin, head of fixed income di Capital Group, la crescita globale è destinata a rallentare. E permane anche il forte rischio che l’inflazione resti elevata a lungo. “Questi due fattori potrebbero portare a un periodo di stagflazione a livello globale”, sostiene.
Tuttavia Gitili continua a vede opportunità nel reddito fisso. “La stabilizzazione dei prezzi degli attivi e dei tassi di interesse potrebbe continuare a rappresentare un ostacolo per i mercati azionari, mentre i mercati del reddito fisso hanno già ampiamente scontato i cicli di rialzo. Inoltre, è improbabile che sui mercati obbligazionari le emissioni raggiungano i massimi del 2021, il che favorisce un tasso di sottoscrizione più alto”, spiega.
Per l’esperto, il miglioramento continuo dei fondamentali ha reso più appetibili le obbligazioni corporate investment grade, sulla scia del calo dei coefficienti di leva netti delle obbligazioni investment grade Usa ed europee. E anche le valutazioni sembrano interessanti. “Le obbligazioni corporate investment grade possono essere considerate la nuova asset class core per il reddito fisso in virtù delle loro caratteristiche bilanciate”, afferma, aggiungendo che anche i fondamentali dell’high yield Usa stanno migliorando, mentre quelli di vari Paesi emergenti sembrano stabili.
“Come per le obbligazioni corporate high yield, i rendimenti del debito dei mercati emergenti sono notevolmente più alti rispetto a un anno fa e il punto di partenza dei rendimenti potrebbe offrire una buona protezione agli investitori, soprattutto se si considera un orizzonte temporale di 5 anni – sottolinea -. Sui mercati valutari prediligiamo il dollaro Usa, tenuto conto dell’aumento dei rendimenti dei Treasury, dell’attuale volatilità e del rallentamento della crescita globale. Dato che probabilmente l’inflazione perdurerà, i titoli di Stato protetti dall’inflazione potrebbero contribuire a proteggere i portafogli dall’inflazione elevata”, conclude.
Passando all’azionario, secondo Thomas Hempell, head of macro & market research di Generali Investments, i mercati hanno già scontato molte cattive notizie con i loro recenti ribassi, sia in termini di rallentamento globale che di rialzo dei tassi da parte delle banche centrali, e il posizionamento sembra essere oltremodo ribassista, secondo alcuni indicatori tattici. “Tuttavia – puntualizza l’esperto -, alla luce dei rischi geopolitici attuali, della forte stretta monetaria e del rallentamento della crescita, manteniamo un leggero underweight nelle azioni e riduciamo la nostra esposizione nel segmento high yield. Ci attendiamo di investire maggiormente sugli asset di rischio entro la fine dell’estate, se la Fed inizierà a diventare meno aggressiva, come ci aspettiamo”.
Per ora, Hempell mantiene la sua preferenza per il credito ad alto rating, poiché il recente allargamento dello spread rafforza il cuscinetto generato dall’elevato carry. “Non si può escludere una recessione tecnica dell’area euro, ma ce ne vorrebbe una grave per giustificare un significativo allargamento degli spread investment grade a partire dagli attuali livelli – chiarisce -. Circa le obbligazioni governative, siamo favorevoli a una posizione lievemente corta in termini di duration, poiché le prospettive dei rendimenti sono diventate più equilibrate”.
“L’euro ha recuperato il terreno perduto e potrebbe essere destinato a un forte rimbalzo nel corso dell’anno. Nel breve termine, siamo cauti nel sottopesare velocemente il dollaro americano, poiché le tensioni sull’Ucraina e le sue ripercussioni devono ancora raggiungere l’apice e la previsione dei mercati circa sette rialzi dei tassi da parte della Bce fino alla metà del 2023 appare eccessivamente aggressiva”, conclude l’esperto di Generali Investments.
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