Green e social bond: la forte crescita del mercato non teme frenate
Le obbligazioni green, social e sustainability hanno fatto registrare un aumento di oltre il 50% all’anno negli ultimi cinque. Astro nascente, i sustaenability-linked bond
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Nonostante la particolare sensibilità ai tassi di interesse, i green, social e sustainability bond hanno tutte le carte in regola per beneficiare dei trend di lungo termine, primi fra tutti quello regolamentare e quello legato alla ricerca di investimenti verdi. È quanto emerge de “GSS Bonds Market Trends”, l’analisi targata MainStreet Partners sullo stato del mercato di queste obbligazioni, secondo cui la performance più volatile nel primo trimestre del 2022 di green bond e i fondi green bond è dunque proprio spiegata dalla loro elevata duration, che li rende particolarmente esposti alle variazioni dei tassi.
Sulla base dell’analisi di MainStreet Partners su un universo di 2 mila dollari di obbligazioni Gss, i green bond, in media, riportano un allineamento medio alla Tassonomia europea del 64%. Ad avere avere l’allineamento più elevato (in media del 77%), sono proprio i progetti di energia rinnovabile.
Incredibile l’incremento di questo tipo di emissioni registrato nel nostro Paese nel 2021. L’Italia ha infatti segnato una crescita del +400% annuale di obbligazioni Gss. Il tema del clima rimane al centro dell’attenzione: la categoria delle utility energetiche è prima per ammontare emesso, ed i progetti legati alle rinnovabili sono di gran lunga le attività più finanziate. Ad oggi, certificano gli esperti di MainStreet Partners, l’Italia può vantare una posizione importante nel mercato dei sustainability-linked bond.
In Spagna, il mercato è cresciuto in linea con il mercato nel 2021, segnando un aumento del 90% in emissioni annuali, in parte grazie anche al primo titolo sovrano emesso in ottobre. Tra gli emittenti più prolifici ci sono le banche commerciali e gli enti locali, che a loro volta sembrano preferire di gran lunga emettere green bond ad emissioni con sfondo sociale o Slb.
Trainato da un settore privato molto attivo, il Regno Unito ha riportato la più forte crescita in emissioni annuali di Gss Bonds nel 2021, superando di molto il 400%. Sempre nel 2021, il 70% delle obbligazioni è stato diretto verso progetti ambientali. Tra i progetti sociali, contrariamente alla tendenza generale, le attività più finanziate sono quelle dell’istruzione e dell’assistenza sanitaria a prezzi accessibili (il 53% del totale).
“Il mercato dei Gss bonds è in una posizione ottimale per beneficiare di trend di lungo termine, come quello regolamentare e quello legato alla ricerca di investimenti sempre più ‘verdi’”, osserva Pietro Sette, research associate di MainStreet Partners, che sottolinea come i green bond, ed in particolare quelli che investono in energia rinnovabile, abbiano mostrato un alto livello di allineamento alla Tassonomia europea.
“L’obbligazione verde è quindi uno strumento chiave per dimostrare il raggiungimento degli ‘obiettivi di sostenibilità’ di una strategia di investimento. Anche gli Slb sono un tipo di obbligazione importante per il mercato, e contribuiranno a migliorare le credenziali Esg degli emittenti obbligazionari. Il supporto a questo mercato è molto forte. Nonostante la volatilità di mercato, gli Slb sono infatti l’unico tipo di obbligazione Gss per cui abbiamo notato un aumento nelle emissioni da inizio anno rispetto al 2021”.
Per quanto attiene gli investitori istituzionali italiani, un’analisi di Marco Ghilotti e Gabriele Susinno, rispettivamente senior manager institutional clients e senior client portfolio manager Quest global equities di Pictet Am, la pandemia ha avuto un ulteriore impatto sulla sensibilità agli aspetti Esg. Il mercato, infatti, considera sempre di più gli impatti sociali e ambientali dei prodotti finanziari e degli approcci di investimento, oltre alle performance finanziarie. I due esperti citano la terza indagine “Esg ed Sri, le politiche di investimento sostenibile degli investitori istituzionali italiani”, che rivela come i gestori hanno intenzione di investire maggiormente in quest’ambito attraverso i fondi d’investimento alternativi (il 91% dichiara che aumenterà l’esposizione), ma anche con fondi d’investimento tradizionali (34%), Fia immobiliari (20%) ed Etf (20%). Il 56% degli enti ha dichiarato di adottare una politica d’investimento sostenibile.
“Ma tra quelli che non lo fanno, nel 97% dei casi il tema è stato già affrontato a livello dirigenziale e verrà implementato in futuro. Tema tanto più pressante data l’accelerazione normativa indotta dalla regolamentazione europea”, spiegano i due esperti Pictet, che sottolineano come tra le strategie d’investimento che emergono maggiormente, prevale il criterio delle esclusioni (67%), ma si fa notare l’avanzata dell’impact investing, una politica che nel 2021 è stata adottata dal 48% degli istituzionali italiani.
“Al momento i dati sulla ripartizione tra attivo e passivo non sono noti, in particolare per quanto riguarda la componente azionaria dei portafogli istituzionali, ma è ragionevole stimare che l’approccio passivo abbia superato quello attivo e sia in continua crescita”, affermano Ghilotti e Susinno, che in una recente analisi (pubblicata sul Journal of risk management for financial institutions) hanno verificato la possibilità di migliorare il profilo Esg di un portafoglio (per un determinato rating provider) preservandone il livello di rendimento risk-adjusted, e senza alterare in modo significativo altre metriche rappresentative.
I due esperti sottolineano come, di fronte a un periodo particolarmente complesso come quello iniziato nel 2022 e molto probabilmente destinato a proseguire nel 2023, la componente di selezione Esg si debba necessariamente accompagnare ad un ulteriore filtro attivo di valutazione degli asset di rischio. “Crescita dell’inflazione, andamento del settore delle commodity, rischi geopolitici e protrarsi del conflitto in Ucraina, senza dimenticare il persistente rischio legato della pandemia, sono solo alcune delle variabili che stanno sempre più entrando in gioco in questo scorcio d’anno – puntualizzano -. È pertanto interessante notare la tendenza in corso verso la costruzione di portafogli che assumono la configurazione, ove possibile e permesso agli investitori istituzionali, degli endowment internazionali”.
Per Ghilotti e Susinno, se la componente obbligazionaria e monetaria continuerà a offrire una base di protezione e stabilità, in particolare per profili di rischio più bassi, la ricerca di rendimenti è indirizzata verso gestioni attive con un bias quality-value che riduca la duration dell’esposizione equity accompagnata da forme di investimento alternative: private equity, infrastrutture e private debt. “A questo devono necessariamente aggiungersi real asset, commodity e materiali. In termini di asset allocation, una composizione regionale del portafoglio sarà sempre più necessaria. Come detto, sarà necessario assumere maggiori rischi privilegiando la ricerca dell’alfa, più che del beta”, concludono.
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