Transizione energetica: cosa trainerà i rendimenti da qui in avanti?
Dopo aver dimostrato una notevole resistenza in un anno difficile per i mercati nel 2022, le azioni della transizione energetica hanno vissuto un 2023 complicato
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Per il gas quotazioni così non si vedevano da giugno. Le iniziative Ue per contenere i prezzi e la loro volatilità, unite agli sforzi dei Paesi europei per aumentare le riserve in vista dell’inverno, stanno infatti contribuendo a spingere le quotazioni del gas naturale sul Ttf di Amsterdam ai minimi da mesi.
Sotto i riflettori del mercato è finita la bozza di proposta della Commissione sulle nuove misure per fronteggiare il caro energia che sarà presentata martedì dalla presidente Ursula von der Leyen e che finirà poi sul tavolo dei 27 leader del Consiglio il 20 e 21 ottobre. Tra i punti cruciali del documento, la definizione entro fine anno un nuovo benchmarck per le negoziazioni con i fornitori e il perseguimento di una maggiore stabilità dei prezzi attraverso un “cap dinamico” temporaneo. Sarebbe poi allo studio anche un rafforzamento che fa scattare le salvaguardie, durante la giornata di contrattazioni, contro la speculazione e le eccessive oscillazioni del prezzo. Il tutto, in attesa di lanciare appunto un nuovo riferimento per il mercato del gas.
La Commissione propone infatti di sviluppare un nuovo indice di prezzo complementare per il Gnl alternativo rispetto al Ttf di Amsterdam. L’Agenzia dell’Unione per la cooperazione tra i regolatori energetici (Acer) sarà incaricata di raccogliere le informazioni necessarie per creare questo nuovo benchmark entro la fine del 2022 e l’indice dovrebbe essere disponibile in tempo per la prossima stagione di riempimento degli stoccaggi all’inizio del 2023. I tecnici di Bruxelles puntano anche a “dotare l’Ue degli strumenti giuridici per l’acquisto congiunto di gas”. La piattaforma comune dovrebbe “coordinare il riempimento” degli stock e prevede una partecipazione obbligatoria degli Stati membri all’aggregazione della domanda per almeno il 15% del volume di riempimento dello stoccaggio.
Al di là di cosa deciderà l’Europa, per molti investitori è chiaro che ci troviamo davanti ad un cambiamento irreversibile. “Gli alti prezzi dell’energia potrebbero diventare la ‘nuova normalità’, come avverte l’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza”, osserva Michele Morra, portfolio manager di Moneyfarm, secondo cui l’attuale instabilità del ‘trilemma energetico’ (sicurezza, accessibilità e sostenibilità) se non gestita a dovere potrebbe sabotare la transizione energetica e minare la leadership globale dell’Unione europea sul clima.
“Per mitigare gli effetti della volatilità dei mercati del gas, l’Istituto europeo suggerisce innanzitutto di adottare le strategie tradizionalmente utilizzate per il petrolio, come la predisposizione di riserve e la distribuzione di sussidi per le famiglie a basso reddito”, spiega. Ma per Morra, la crisi energetica potrebbe produrre un cambiamento irreversibile anche nelle abitudini di consumo. “I prezzi elevati dell’energia hanno infatti l’effetto di abbassare la domanda e di indurre quindi un cambiamento dei comportamenti in una direzione che potrebbe agevolare la transizione energetica”, chiarisce, citando l’Oxford Institute for Energy Studies, che raccomanda ai governi di evitare interventi a breve termine che indeboliscano l’incentivo dei consumatori a ridurre la domanda di energia e che aumentino la percezione del rischio politico da parte degli investitori.
Quanto al futuro, se negli ultimi trent’anni la direzione dei governi europei è stata quella di privatizzare, liberalizzare e, in teoria, rendere competitivo il mercato dell’energia, ora la guerra sta forzando i Paesi ad agire in una direzione opposta. “La battaglia contro il caro bollette di Gran Bretagna e Germania è già iniziata, con la Francia che punta al controllo dei prezzi dell’elettricità. Sono almeno 15 i Paesi membri che chiedono un tetto al prezzo del gas alla Commissione europea. La tendenza verso l’intervento statale nel settore energetico potrebbe essere irreversibile secondo Jonathan Stern, dell’Oxford Institute for Energy Research. Stern ha affermato che la crisi energetica conseguente al conflitto in Ucraina potrebbe in gran parte smantellare il libero mercato: ‘c’è la sensazione che tutto questo sia temporaneo, che una volta risolto il problema con Putin, si tornerà alla normalità, ma non sarà così’. Un monito chiaro: l’Europa si deve preparare al ‘new normal’ energetico”, conclude Morra.
Intanto, il prezzo della crisi energetica rischia di essere già molto alto. Per Alberto Conca, gestore del fondo Zest Quantamental Equity, la recessione in Europa è teoricamente certa. “Dai dati di questo trimestre, l’ultimo del 2022, dovremmo iniziare a osservare una discesa in termini di Pil, che nel migliore dei casi sarà circa dell’1%, mentre se la situazione dovesse continuare ad aggravarsi potrebbe raggiungere addirittura il 5%”, argomenta, sottolineando come i governi per supportare cittadini e imprese abbiano studiato nuove misure.
“Questi aiuti, finanziati da nuovo debito degli Stati, si inseriscono in un contesto in cui la bilancia commerciale dell’Eurozona ha visto bruciarsi tutto il surplus strutturale che aveva in pochi mesi a causa della crisi energetica. Questa variazione, legata principalmente al costo dell’energia, potrebbe perdurare a lungo, mantenendo la bilancia europea in deficit per diversi anni”, sostiene il gestore.
“L’Europa si trova in una grave situazione che molto probabilmente la porterà ad una recessione nel breve periodo – conclude Conca -. Da metà 2023, quando verrà ristabilito un ‘equilibrio’, la recessione potrebbe trasformarsi in stagflazione in seguito a un tasso d’inflazione che persisterà per almeno due anni parallelamente a una crescita stagnante”.
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