Lacey (Schroders): “La transizione è un percorso che non si ferma”
Intervista a Mark Lacey, head of Global Resource Equities di Schroders
5 minuti
Giovedì 14 aprile, come riporta l’Ansa, il presidente russo Vladimir Putin “ha chiesto al governo di reindirizzare l’export di energia” non più verso l’Europa, ma in misura maggiore verso Sud ed Est, in direzione di nuovi compratori rispondendo in questo modo alle sanzioni poco gradite al Cremlino.
La decisione arriva da una posizione di forza nei confronti del Vecchio Continente. “Adesso non c’è possibilità di sostituire il gas russo in Europa” ha affermato il presidente russo. “Gli attacchi dei partner europei sul rifiuto delle forniture di risorse energetiche russe destabilizzano la situazione e fanno salire i prezzi”.
Se da una parte Putin spinge per un ridimensionamento delle forniture, dall’altra l’Europa insegue l’indipendenza energetica con l’iniziativa REPowerEu. In questo scenario, le sostenibili risultano una buona soluzione per uscire dall’impasse; a patto di smarcare il problema temporale. Ad esempio, in Italia, l’approvazione di costruzione di un impianto fotovoltaico raggiunge i cinque anni e per un impianto eolico i dieci. Da qui l’esigenza di di nuovi patti di fornitura, come quelli siglati dal Presidente del Consiglio con l’Algeria per 9 miliardi di metri cubi entro il prossimo aprile.
L’Europa può veramente riuscire ad essere indipendente dalle forniture russe nel medio periodo?
Al momento “la Russia soddisfa il 35-40% delle necessità di gas del Vecchio Continente” spiega Mark Lacey, head of global resource equities di Schroders. La soluzione più concreta al momento appare affidarsi agli Usa. “Nel lungo termine” afferma Alexander Monk, portfolio managers di Schroders, “il piano è che i partner internazionali forniscano circa 50 miliardi di metri cubi di gas all’anno all’Ue” in aggiunta ai “22 miliardi di metri cubi attualmente forniti e dei 37 che dovrebbero essere garantiti entro la fine dell’anno da parte degli Usa”.
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“L’iniziativa REPowerEu”, spiega Felix Odey, Portfolio Managers di Schroders, “mira a ridurre le importazioni europee di gas russo di circa due terzi entro la fine del 2022 (pari a circa 100 miliardi di metri cubi all’anno)”. Si tratta di un piano ambizioso, che poggia su “cinque obiettivi sfidanti da raggiungere”.
Il primo obiettivo da raggiungere è “importare 50 miliardi di metri cubi extra di Gnl (gas liquido) da fonti alternative”, spiegano da Schroders. Uno switch di fornitura iniziato “anche prima dell’invasione russa dell’Ucraina”. “Il problema” specifica Lacey, “è che gli Stati Uniti non possono fare molto in termini di fornitura”. Un ulteriore ostacolo “è che il Gnl – come suggerisce il nome – è liquido e deve essere trasformato nuovamente in gas tramite un processo che viene chiamato rigassificazione, e per il quale l’Europa non ha la capacità di riserva necessaria”, nonostante stia pianificando di ampliare la sua capacità in materia.
Il secondo obiettivo è di “aumentare le importazioni non russe di 10 miliardi di metri cubi via gasdotti”, ma, avvisano da Schroders, “anche aumentare la fornitura attraverso i gasdotti esistenti sarà molto difficile senza un ulteriore sviluppo della produzione”. Ridurre la domanda di gas aumentando la produzione rinnovabile è il terzo obiettivo. Soluzione che al momento appare come la “più logica e sostenibile” ma che tuttavia “è un processo di lungo termine”. Infatti, specifica Monk, “Il principale ostacolo oggi non è la volontà politica o gli investimenti” quanto la logistica, a causa delle disruption causate dalla pandemia.
Il quarto target è quello relativo all’adozione di “misure per migliorare l’efficienza energetica e ridurre la domanda”. Il gas viene usato “per riscaldare circa il 35% degli edifici commerciali e residenziali dell’Ue” e il rincaro delle materie prime si dimostra essere un problema importante. “Molte industrie”, afferma Lacey, “stanno annunciando chiusure temporanee di alcuni impianti a causa dei prezzi elevati del gas”.
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Infine, ultimo punto, “il piano REPowerEU mira ad aumentare lo stoccaggio di gas” affermano da Schroders, riportando la percentuale all’80% della capacità entro il 1° novembre 2022 e al 90% nei prossimi anni. “È un obiettivo strano” fa notare Odey, “dato che essenzialmente implica che gli operatori comprino gas sul mercato a qualsiasi costo, durante l’estate, per evitare un’altra impennata il prossimo inverno”. Al momento, i livelli di stoccaggio di gas in Europa sono inferiori del 25% circa rispetto alla norma.
Secondo il report “Europe’s Exit From Russian Gas: 10 Questions On Utilities” di S&P Global Ratings, il tentativo dell’Europa potrebbe portare a diverse conseguenze: “prezzi ancora più elevati del gas e dell’energia elettrica, aumento del rischio di penuria di gas e” secondo l’agenzia, “a un declino più rapido del settore dei servizi di pubblica utilità del gas”.
Anche il report sottolinea l’importanza di un “maggiore intervento politico nel mercato dell’energia, possibilmente tramite aiuti di Stato”, nonché di “un’accelerazione della produzione di energia da fonti rinnovabili come biometano e idrogeno”. L’agenzia crede che i Paesi europei si stiano sempre più aprendo a un mercato alternativo delle energie, ma ammette: “vediamo grossi ostacoli per l’Europa nella realizzazione di questi piani”.
Per S&P sono infatti queste le fonti di approvvigionamento del Continente, in ordine di probabilità: “importazioni internazionali di Gnl (25 bcm), riserva strategica dell’Italia (4,6 miliardi di metri cubi), un potenziale aumento della produzione norvegese (10 miliardi di metri cubi), flussi aggiuntivi verso l’Italia dall’Algeria e dalla Libia (rispettivamente 10 miliardi di metri cubi e 4 miliardi di metri cubi) e sono aumentati produzione nei Paesi Bassi ampliando il permesso di Groningen (2 bcm)”.
“Il piano REPowerEU” afferma Lacey, potrebbe agire “da acceleratore del passaggio a nuovi fornitori, meno rischiosi”. Ma specifica: “non ci sono risposte semplici al problema della sostituzione del gas naturale in Europa”. A causa della crisi energetica, chiosa S&P: “Ci aspettiamo una crescita invariata tra il 2023-2024, ma con un salto dell’inflazione del 2%”.
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