Viste le turbolenze del 2022, un terzo li ritiene più attraenti. Aumenta il bisogno di affidarsi a un consulente. Piacciono asset digitali e mercati privati, cala l’appeal dei titoli di Stato
Quando il gioco si fa duro, c’è bisogno di qualcuno che sappia giocare per bene. E così dopo un 2022 particolarmente turbolento, con l’inflazione alle stelle, gli investitori italiani sono tornati a preferire i gestori attivi. È quanto emerge dalla ricerca annuale Schroders Global Investor Study 2022 sulle aspettative degli investitori, che ne ha coinvolti 23.000 in 33 Paesi del mondo, da cui emerge una tendenza globale in questo senso.
In particolare oltre un terzo degli italiani, il 34% (48% il dato globale), ritiene i fondi a gestione attiva più attraenti alla luce delle turbolenze degli ultimi mesi. Tra questi, sono soprattutto i più competenti ad affidarsi alle conoscenze di un gestore attivo: in Italia, il 47% degli investitori “esperti” e il 40% di quelli “avanzati” ritiene che i fondi attivi siano più interessanti, rispetto al 22% e 21% rispettivamente degli investitori “principianti” e “inesperti”.
Cresce il bisogno di affidarsi a un consulente
Lesley-Ann Morgan, head of multi-asset strategy di Schroders
Altra conseguenza di questi tempi incerti è che gli investitori tendono ad affidarsi alla competenza dei professionisti per trovare risposte. Il 33% degli italiani (39% il dato globale) è infatti più propenso a rivolgersi a un consulente finanziario alla luce dell’aumento dei tassi di interesse. Ed è interessante notare che questo fenomeno, nel nostro Paese, sembra riguardare soprattutto gli investitori “esperti” (47%) e quelli “inesperti” (39%), contro solo il 29% degli investitori “intermedi”.
“In effetti, è proprio in tempi come questi che la competenza e l’esperienza dei gestori attivi diventa fondamentale – sottolinea Lesley-Ann Morgan, head of multi-asset strategy di Schroders -. Lo studio ha anche rilevato che, in questo contesto complesso, più di metà degli investitori a livello globale (58% – 40% il dato italiano) concorda sul fatto che la performance dei propri investimenti abbia un impatto diretto sulla propria salute mentale. Ciò evidenzia ulteriormente il ruolo cruciale di gestori attivi e consulenti finanziari nel supportarli”.
L’inflazione all’origine del cambiamento di rotta
Da quanto emerge dallo studio di Schroders è il fenomeno dell’inflazione, che ha caratterizzato tutto il 2022, ad avere spinto gli investitori a mettere in discussione le proprie scelte di investimento. Infatti, il 59% (80% il dato globale) degli italiani che si definiscono “esperti” in termini di competenze finanziarie ha dichiarato di aver già apportato modifiche alle proprie strategie di investimento in risposta all’aumento dei prezzi, rispetto al 37% (55% a livello mondiale) degli investitori più in generale.
Al contrario, solo il 17% degli investitori italiani che si definiscono “principianti” e il 19% di quelli “inesperti” ha modificato la propria strategia alla luce delle sfide poste dall’inflazione, contro il 29% e il 27% rispettivamente a livello mondiale.
Più attenti alla diversificazione
Fra chi ha deciso di modificare la propria asset allocation, emerge anche una crescente attenzione alla diversificazione. Se il 54% degli italiani ritiene che i propri investimenti siano sufficientemente diversificati per attenuare l’impatto di un evento di mercato significativo (60% a livello globale), il 40% intende invece aumentare la diversificazione del proprio portafoglio (42% a livello globale).
Piacciono asset digitali e mercati privati, cala l’appeal dei titoli di Stato
Guardando più in dettaglio le scelte di asset allocation indicate dagli intervistati italiani, lo studio rileva che nell’attuale contesto gli asset digitali (41%) e i mercati privati (34%) sono tra gli investimenti considerati più attraenti, in linea con i dati globali, rispettivamente del 43% e 40%.
In generale è cresciuto anche l’interesse per gli investimenti tematici: tra questi i più attraenti risultano essere sostenibilità (indicata dal 56% degli italiani), internet e tecnologia (46%) e veicoli elettrici (45%). Il quadro a livello globale è simile, ma con la sostenibilità che passa in secondo piano (52%), superata da internet e tecnologia (57%) e seguita dai veicoli elettrici (46%).
Per contro, a sorpresa, più di un quarto degli italiani ha indicato i titoli di Stato e la liquidità come le asset class meno interessanti (rispettivamente 28% e 27%, contro il 24% e il 23% a livello globale), considerando che entrambi potrebbero essere messi a dura prova dall’aumento dei tassi di interesse.
Ottimismo sui rendimenti futuri
Se la complessità del contesto socioeconomico induce gli investitori a modificare l’allocazione dei propri risparmi, emerge però una visione ottimistica per il futuro da parte degli intervistati, che dichiarano di aspettarsi un miglioramento delle performance degli investimenti nel prossimo quinquennio.
In proposito, per gli investitori italiani il rendimento atteso nei prossimi cinque anni sale al 9,8% (11,4% il dato globale) rispetto all’8,2% del 2021 (11,3% il dato globale). Un miglioramento significativo, considerando che si tratta del dato più elevato dal 2017 per gli italiani, che si confermano, tuttavia, tra i più cauti a livello mondiale, insieme ai francesi (9,2%).
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