Francesco Lomartire, head of SPDR ETFs Southern Europe, spiega come l’investimento sostenibile vada considerato sul lungo periodo: “per le società rimanere tagliati fuori dal cambiamento finanziario e tecnologico è un rischio troppo alto da correre”. Ma per continuare a raggiungere gli obiettivi di Parigi ci sarà bisogno di continui investimenti, anche tramite le caratteristiche dei prodotti Etf
Francesco Lomartire, Head of SPDR ETFs Southern Europe di State Street Global Advisors
Gli investimenti in ambito sostenibile continuano a crescere. Secondo il 1° Rapporto Censis-Green&Blue, “Economia verde e transizione ecologica” pubblicato lo scorso giugno 2022, “gli asset gestiti secondo criteri di sostenibilità stanno crescendo sul mercato dei capitali”.
“Il fenomeno si manifesta sia a livello mondiale”, si legge nel report, “dove le soluzioni ESG hanno toccato nel 2021 i 607 miliardi di dollari, sia per quanto riguarda l’Italia, dove è stato registrato un aumento di 69,2 miliardi di euro negli investimenti ESG e una riduzione di 20,4 miliardi di euro di quelli non ESG”. Per Francesco Lomartire, head of SPDR ETFs Southern Europe, in questo trend ha un peso importante lo strumento Etf.
Anche il numero degli Etf legati a indici che convogliano il risparmio in ambito sostenibile sta aumentando. Qual è il significato di questo trend? Come si legano Etf e sostenibilità?
Si tratta della risposta dell’industria del risparmio gestito nei confronti di un’esigenza avvertita sia dai risparmiatori che dai professionisti. La variabile ambientale è sicuramente quella più sentita. Ciò che avviene con i consumatori di beni di consumo, succede anche con i risparmiatori in relazione alle scelte di investimento.
E lo strumento degli Etf come si collega con questa volontà degli investitori?
L’Etf è lo strumento che si adatta di più a questa esigenza, specialmente per la sua trasparenza. Pensiamo alla possibilità di avere in tempo reale i dati, resi disponibili dalla maggior parte degli emittenti, sulla carbon foot print e sulla condotta delle società. Monitorare il rispetto degli impegni da parte delle aziende nelle quali si è investito risulta fondamentale per l’investitore.
In linea generale come si allinea il proprio portafoglio con gli obiettivi di Parigi? E che peso devono avere gli Etf in questo portafoglio ideale?
Per quanto riguarda l’allineamento, i Climate Paris Benchmark sono un framework di investimento completo ed ambizioso e rappresentano quindi un’ottima opportunità per gli investitori. Anche il mondo accademico ha ribadito la necessità di creare, finanziare e supportare investimenti sempre più green. Gli emittenti di ETF possono adottare gli obiettivi di Parigi come soluzione d’investimento per i propri investitori, o addirittura fissarne di più ambiziosi. Noi di SPDR, ad esempio, abbiamo deciso di aumentare il target di riduzione dal 7% annuo di emissioni previsto da Parigi, portandolo al 10% l’anno.
A tal proposito, SPDR Etf ha lanciato una gamma di prodotti in linea con gli accordi di Parigi lo scorso marzo. Si tratta di Etf azionari Climate Paris Aligned che replicano gli indici MSCI Climate Paris Aligned. Quali opportunità offrono al cliente e quanto quest’ultimo è attratto, in base alle vostre evidenze, da un prodotto simile?
SPDR ha deciso di partire dall’equity quotato, una delle asset class dell’universo investibile che meglio si presta ad essere monitorata sulla correttezza delle emissioni. Si tratta di una gamma di cinque strumenti che di fatto replicano l’andamento degli indici MSCI Climate Paris Aligned come punto di partenza. Abbiamo un MSCI Country World Index, comprensivo di Paesi Sviluppati ed Emergenti, un MSCI World, indice globale con focus sui mercati sviluppati, un regionale Europe, sempre sul mercato sviluppato, uno focalizzato su Stati Uniti, e infine un ETF che replica l’indice Global Emerging Market. Si parte da universi di investimento molto ampi e si applica la metodologia, registrando nell’immediato una riduzione delle emissioni rispetto ai benchmark tradizionali. Così facendo, vengono premiate maggiormente le società che con chiarezza riescono a rispettare l’impegno di una riduzione sistematica delle emissioni del 10% l’anno.
Sempre quest’anno, avete lanciato un altro prodotto Etf azionario allineato agli obiettivi climatici ma che si concentra sui mercati emergenti. Quale ruolo hanno i Paesi emergenti in questa lotta al cambiamento climatico, sapendo che alcuni di loro rivendicano la propria rivoluzione industriale?
Attraverso l’investimento nei mercati emergenti con le lenti degli obiettivi di Parigi è possibile premiare le aziende indipendentemente dalla loro geografia. Direi che è uno schema premiante per le aziende maggiormente predisposte ad accogliere l’opportunità del cambiamento energetico. Il processo di selezione e investimento dell’MSCI Paris Aligned distingue le green revenue dalle brown revenue. Riuscire a identificare, per un investitore, le società orientate verso gli obiettivi di Parigi in modo chiaro è uno strumento utilissimo, soprattutto verso i mercati emergenti che necessitano di una conoscenza approfondita del loro sistema economico e politico.
La crisi energetica frena o sta accelerando la visione sostenibile nelle scelte di investimento?
Vanno distinti due piani. Quello di breve e di lungo periodo. Nel breve, è facile veder emergere contro narrative verso l’investimento sostenibile, trainate dalla buona performance del mercato fossile, le cui ultime performance sono intrinsecamente legate all’attualità e agli eventi geopolitici attuali. Dobbiamo però guardare al lungo periodo, che non significa sacrificare opportunità di profitto. La transizione è qualcosa che produrrà effetti sul lungo periodo: per le società rimanere tagliati fuori dal cambiamento finanziario e tecnologico è un rischio troppo alto da correre. Questa è la sfida: le società devono essere consapevoli del rischio che corrono e devono avviare la transizione. Chiaramente la durata della transizione dipenderà dagli investimenti e dallo sviluppo generale delle tecnologie. I passi avanti fatti in ambito tecnologico avvantaggeranno i fast movers in primis, ma poi avranno una ricaduta nel corso del tempo. Bisogna guardare alla sostenibilità come trend di lungo periodo.
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