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Nella prima puntata di “The Big Picture”, trasmesso da FR|Vision, Alessandro Rota, direttore Ufficio Studi di Assogestioni, ha commentato in diretta i dati definitivi del 3° trimestre 2022. I numeri sui PIR sono stati poi oggetto di un dibattito di approfondimento con i protagonisti dell’industria
Il terzo trimestre è stato quello della rimonta del mercato italiano del risparmio gestito: tra luglio e settembre, infatti, l’industria ha raccolto 1,2 miliardi di euro, in netto recupero dai 4,7 miliardi di deflussi registrati tra aprile e giugno 2022. Il dato porta gli afflussi netti dei primi nove mesi a +7,37 miliardi.
Il patrimonio gestito ammonta così a 2.192 miliardi di euro a fine settembre. Le masse hanno continuato a subire l’impatto dell’effetto mercato, legato alle continue incertezze geopolitiche e alla volatilità finanziaria, quantificato dall’Ufficio Studi Assogestioni in -3%.
È questa la fotografia dei dati definitivi della Mappa trimestrale, presentata nell’ambito del talk ‘The Big Picture’, trasmesso su FR|Vision, con il contributo di Alessandro Rota, direttore Ufficio Studi dell’Associazione.
Il patrimonio complessivo risulta “equamente ripartito tra gestioni collettive e gestioni individuali”, ha affermato Rota, precisando che “tra le prime domina per dimensione degli asset la componente dei fondi aperti, con 1.070 miliardi di euro la componente dei fondi aperti. Tra le seconde con 900 miliardi quella dei mandati per i clienti istituzionali quali compagnie di assicurazione e fondi pensione”.
Complessivamente, i fondi aperti hanno registrato 1,32 miliardi di deflussi nel 3° trimestre, mentre le gestioni di portafoglio hanno attratto 756 milioni di euro.
Fondi aperti, il termometro del mercato retail
A fungere da termometro del sentiment del mercato retail sono però proprio i fondi aperti, segmento su cui si è soffermato Rota. Infatti, “i fondi aperti sono la componente dove è più elevata la presenza degli investitori individuali, cioè delle famiglie: sommando quanto detenuto in via diretta e indiretta – tramite gestioni di portafoglio e polizze unit-linked – queste arrivano a rappresentare circa l’85% delle masse”, ha ricordato.
In termini di patrimonio gestito, tra luglio e settembre il patrimonio dei fondi aperti “è calato per effetto di due movimenti negativi, di entità molto diverse: un primo movimento relativamente modesto, relativo alla raccolta netta e pari -1,3 miliardi e una componente più elevata, quella dell’effetto mercato, che da sola vale -2,5%”.
Per quanto riguarda le preferenze degli investitori a livello di sotto-categorie, la lettura trimestrale conferma la tendenza evidenziata dai dati mensili preliminari, caratterizzata dalla resilienza dei prodotti azionari, che hanno attratto 1,7 miliardi di nuovi capitali, cifra che porta la raccolta totale netta da inizio anno per questa categoria a +17,3 mld euro.
Dall’altro lato, si attenua la disaffezione dai fondi obbligazionari, con 540 mln euro di deflussi nel terzo trimestre, nonostante una raccolta complessiva da inizio anno ancora nettamente negativa per -15,8 miliardi. Nel periodo rimangono in rosso anche i bilanciati (-1,2 miliardi) e i flessibili (-2,3 miliardi).
PIR, uno dei supporti più diretti all’economia reale
Lo spaccato della mappa trimestrale, più dettagliato rispetto alle letture mensili, fornisce anche una fotografia del mercato dei Piani Individuali di Risparmio, che sono stati oggetto di una tavola rotonda di approfondimento.
L’Ufficio Studi Assogestioni ha mappato 17,9 miliardi di euro di patrimonio promosso complessivo, di cui circa 16,5 relativi a 64 PIR ordinari e 1,5 mld euro riferiti a 13 PIR alternativi. “L’effetto mercato ha colpito anche questa particolare categoria di prodotti, con punte del 7-8%, ma pare essersi ridimensionato nell’ultimo trimestre”, ha spiegato Rota, commentando la raccolta del terzo trimestre, pari a -315 mln euro.
Ciononostante, dalla tavola rotonda che ha seguito il commento dell’Ufficio Studi nel talk, è emerso come i PIR stiano mantenendo le promesse. “Nei risultati hanno mantenuto lo scopo della legge”, ha affermato Andrea Randone, responsabile Ricerca Mid Small Caps, Intermonte, osservando che la battuta di arresto avvenuta con la modifica della regolamentazione 2019 ha messo in luce “ciò che non deve essere stravolto. Da adesso in poi, avendo già completato un primo ciclo (ndr dei 5 anni necessari per l’agevolazione fiscale), possiamo guardare ai prossimi anni con una rinnovata fiducia verso questo strumento”.
Strumento utile anche in ottica di diversificazione. Simone Bini Smaghi, vicedirettore generale, Arca Fondi SGR, ha spiegato come “investire nelle aziende italiane sia una grande opportunità per il risparmiatore di investire in aziende sane, interessate a crescere, e per il Paese, che ha un bacino di aziende interessantissimo che purtroppo non sono sempre presenti sul mercato dei capitali”. In particolare, secondo Bini Smaghi, bisognerebbe ovviare i tanti piccoli ostacoli normativi che permangono. Ad esempio, agevolare l’investimento dei fondi pensione nei PIR alternativi. “Facendo i giusti passaggi anche a livello di normativa, si potrebbe permettere alle aziende di ricevere tante risorse”, ha concluso.
Infine, Barabara Lunghi, head of Primary Market, Euronext Milano, ha ricordato come “dal 2017 a oggi si siano quotate circa 200 società per una raccolta di 14 miliardi e 75 miliardi di capitalizzazione, incluse molte piccole e piccolissime aziende. Credo che i PIR abbiano fatto la differenza in questi numeri, soprattutto per le società di minor dimensione. Hanno incoraggiato le imprese italiane a quotarsi”. Dai PIR potrebbe arrivare quindi un importante contributo allo sviluppo del mercato dei capitali del nostro Paese, motivo per cui guardare con ancora più ottimismo al futuro di questi strumenti.
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