Nel periodo aprile-giugno, masse stabili a 2.374 miliardi di euro nonostante una raccolta in rosso di 7 miliardi. Merito dei mercati finanziari ma anche di afflussi per 10,7 miliardi a prodotti incentrati sui bond. Fixed income, megatrend e private assets le direttrici future tracciate dai gestori
Secondo trimestre di consolidamento per il risparmio gestito italiano. Nonostante un raccolta negativa per 7,05 miliardi euro, il patrimonio dell’industria tricolore è infatti rimasto sostanzialmente stabile e si è attestato a quota 2.374 miliardi di euro alla fine del periodo aprile-giugno 2024. Lo certifica la consueta Mappa Assogestioni, secondo cui il merito va attribuito soprattutto alla buona performance dei mercati finanziari e al rafforzato interesse degli investitori retail per i fondi obbligazionari. Una fotografia che è stata approfondita nel corso di “The Big Picture”, il talk di FR|Vision pensato per analizzare lo stato di salute del settore con il contributo dei suo diretti protagonisti.
Il mercato aiuta i fondi. Zavorra istituzionale sulle GP
L’analisi del format targato FocusRisparmio si è soffermata prima di tutto sulla categoria con la maggiore partecipazione retail: quella dei fondi aperti, per i quali l’ultimo Osservatorio Sottoscrittori dell’Associazione stima un mercato da circa undici milioni di investitori in Italia. Tra aprile e giugno, spiega il report, il segmento ha subito deflussi per 3,41 miliardi ma ha visto il patrimonio crescere a 1.215 dai 1.202 di fine marzo. Due risultati contrapposti la cui causa è stata spiegata da Alessandro Rota, Direttore Ufficio Studi dell’Associazione: “Sulla raccolta pesano ancora l’incertezza sui mercati e la concorrenza del risparmio amministrato”, ha spiegato, aggiungendo che le masse sono invece state impattate da ben tre dinamiche: “I riscatti, un effetto mercato positivo per lo 0,9% e che è valso 11 miliardi, un effetto perimetro che ha aggiunto altri 6 miliardi”.
Focus sui fondi aperti nel Q2 2024. Fonte: Mappa Trimestrale Assogestioni
A impattare sul bilancio finale delle gestioni collettive (-1.081 miliardi) sono però state anche le gestioni di portafoglio, con un dato di raccolta pari negativo per 5,35 miliardi di euro ma che rivela due facce se analizzato più approfonditamente. Come sottolineato infatti da Rota, il segmento istituzionale ha sì chiuso a -7,62 miliardi ma “le componenti destinate alla clientela upper affluent e private sono state capaci di attrarre comunque 2,37 miliardi euro di nuovi capitali”. Senza contare che, pur al netto della brutta performance dei prodotti destinati agli operatori professionali, la raccolta dei mandati previdenziali è stata positiva di 434 miliardi. Completano il quadro i fondi chiusi, che hanno attratto 1,6 miliardi e registrato un rally dei prodotti immobiliari focalizzati sulle PMI non quotate: +917 milioni.
Fondi italiani ancora positivi. Con le reti in prima fila
Lo spaccato per tipologia mostra come la buona performance dei fondi italiani in termini di raccolta prosegua da almeno quattro trimestri e si stia intensificando, soprattutto in scia al lancio di nuovi prodotti a scadenza. Un dato accolto con favore da Rota, che ha però ha analizzato anche l’altra faccia della medaglia: la debacle dei fondi esteri. “È da ricondurre ai deflussi che hanno interessato i prodotti assicurativi”, ha spiegato, “categoria di cui spesso questi prodotti sono i sottostanti”. Quanto invece ai canali di raccolta, lo spaccato evidenzia una buona performance da parte delle reti mentre le banche registrano una raccolta più volatile e i prodotti istituzionali o wrapper risentono dei disinvestimenti dai prodotti assicurativi.
In merito al dettaglio per categoria, si conferma negativo la raccolta dei fondi azionari (-5,4 miliardi), di quelli bilanciati (-6,07 miliardi) e dei flessibili (-3,4 miliardi). Prosegue invece il successo dei prodotti obbligazionari, destinatari nel trimestre di afflussi per altri 10,69 miliardi di euro e che hanno ormai raggiunto un raccolta di 27,87 miliardi da inizio anno. Per Rota, il risultato è in piena continuità con l’andamento dei periodi precedenti e va ricondotto al lancio di target funds di nuova generazione che “fanno perno sui tassi di interesse più elevati verificatisi sui mercati a partire dal 2022”. Dal suo punto di vista, prodotti di questo tipo rappresentano lo strumento principale con cui affrontare la sfida portata all’industria dai BTP e dal risparmio amministrato più in generale. Specie considerando, come lui stesso ha fatto notare in conclusione, “che le famiglie hanno dedicato un’importante massa di risparmio alle obbligazioni governative anche nel corso degli ultimi mesi”.
Fondi aperti, raccolta per categoria. Fonte: Mappa Trimestrale Assogestioni
Dai bond a megatrend e private assets: le mosse dei gestori
Assumendo come punto di partenza la fotografia del settore scattata da Rota, i protagonisti dell’industria hanno delineato ai microfoni della trasmissione le direttrici che guideranno gli anni a venire. E, vista la fame di bond per cui si contraddistinguono gli investitori retail, la prima non può che consistere nell’obbligazionario. Lo ha sottolineato in particolare Enzo Corsello, country head Italia di Allianz Global Investors, secondo cui “i titoli di reddito fisso hanno ripreso a offrire decorrelazione e danno ora l’opportunità di cristallizzare i rendimenti dei prodotti target maturity”. Quella della sua casa sul segmento è dunque una view “molto positiva”, a maggior ragione in vista di un imminente taglio dei tassi da parte della Federal Reserve. Quanto alle strategie per cavalcare l’asset class, Corsello individua la duration ideale tra i cinque e i sette anni: un posizionamento che tiene conto soprattutto di “pressioni inflazionistiche ancora per molto tempo strutturali”.
Paolo Proli, co-general manager di Amundi SGR, ha invece insistito sull’altra maggior classe di attivo: le azioni. A partire dall’idea che sia indispensabile costruire un’esposizione strettamente legata ai megatrend. “Dato l’enorme impatto delle grandi aziende tech sull’andamento dei principali indici”, ha infatti spiegato, “occorre innanzitutto regolare il beta di portafoglio sulla componente rappresentata dal capitale di rischio”. In un’ottica di più lungo periodo, la sua view trova sintesi nella seguente strategia: “Posizionarsi in modo da approfittare dei rendimenti attesi molto interessanti su temi quali la climate action, la disruption e tutta la filiera dell’IA”. Una ‘Twin Transition’, insomma, che il manager ritiene vada a braccetto con strumenti come i piani di accumulo e i fondi a scadenza o multi-asset con cedola.
Il tutto mentre sullo sfondo restano asset class complementari ma non per questo meno interessanti. A partire dall’oro e dalle commodities per arrivare fino ai private assets citati da Daniele Funaro. Secondo l’esperto, che opera all’interno di Bain & Company con il ruolo di partner ed EMEA Sector leader Wealth & Asset Management, si tratta infatti di un mercato che arriverà a circa 60mila miliardi di dollari di masse dai 15mila attuali. Una crescita che, sostiene Funaro, “sarà guidata da una domanda più pronunciata degli investitori istituzionali ma vedrà coinvolta sempre di più anche la componente retail”. Non senza la necessità, però, di interventi normativi piuttosto che cambiamenti nei modelli operativi delle reti distributive e un adeguamento della consulenza di portafoglio”.
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