Le reti alle prese con l’impatto di Sfdr nel rapporto con il cliente
I consulenti chiamati in prima persona a rilevare le preferenze Esg dell’investitore finale. Ecco come cambiano i questionari di profilazione con le nuove regole
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L’industria dell’asset management si sta adattando in fretta ai nuovi dettami del regolamento sulla finanza sostenibile (Sustainable finance disclosure regulation, Sfdr) con i gestori più impegnati su questo fronte che cominciano a diffondere le prime statistiche per i fondi e gli etf venduti in Italia e in Europa.
“Ci aspettiamo che in numeri crescano”, spiega Hortense Bioy, direttore globale della ricerca sulla sostenibilità di Morningstar, in un report di recente pubblicazione. “I gestori vedono nella Sfdr l’opportunità di dimostrare il loro impegno nella sostenibilità e hanno piani per migliorare le strategie esistenti, riclassificare i fondi e lanciarne di nuovi che rispettino almeno i requisiti dell’articolo 8”.
La strada però non è priva di ostacoli. Fabrizio Zumbo, associate director e capo della ricerca nei settori wealth & asset management di Cerulli Associates spiega che i gestori devono affrontare una serie di sfide quando classificano i prodotti nelle tre categorie del regolamento. “Ad esempio – afferma –, non è chiaro cosa si intenda per promuovere obiettivi ambientali, sociali o sostenibili. I manager dovrebbero rivalutare continuamente l’assegnazione dei loro prodotti nell’ambito della Sfdr a breve e medio termine. Assegnare lo status di articolo 8 è il più semplice dei tre, ma decidere quali prodotti potrebbero invece essere assegnati all’articolo 9 è meno ovvio”.
In questo quadro ancora in evoluzione, il gruppo di ricerca Morningstar guidato da Bioy si è preso la briga di andare a mappare le attività di tutti gli asset manager attivi in Europa.
I ricercatori di Morningstar hanno analizzato i dati preliminari di 11.500 fondi ed etf lussemburghesi e di trenta asset manager e stimato che i fondi classificati sotto l’articolo 8 e 9 rappresentano attualmente il 21% del totale. In termini assoluti, il mercato dei fondi sostenibili sulla base della definizione della Sfdr, avrebbe un valore di circa 2,5 mila miliardi di euro.
In testa alla classifica Morningstar degli asset manager più virtuosi compare Amundi, con un totale di 656 prodotti finanziari, tra cui fondi comuni, fondi dedicati e mandati, rappresentativi di 452 miliardi di euro di masse gestite classificate ai sensi degli articoli 8 e 9 del regolamento.
“Abbiamo accolto in maniera positiva questa normativa perché pur avendo delle regole più stringenti sulla reportistica permette di fare una selezione iniziale più accurata, utile soprattutto all’investitore finale e in particolar modo a quei clienti che non hanno gli strumenti sofisticati per poter fare analisi di portafoglio. Tutto questo crea una maggiore consapevolezza nelle scelte d’investimento”, commenta a FocusRisparmio Filippo Valvona, fund selector per Amundi in Italia.
“Sicuramente ci aspettiamo dal cliente finale una maggiore richiesta di fondi Esg e quindi andremo a ricalibrare il nostro lavoro anche su queste nuove richieste”, aggiunge lo specialista.
I dati preliminari mostrano anche che le società di gestione hanno assunto approcci differenti in base alla loro interpretazione del regolamento, con alcuni che “hanno preferito una posizione conservativa per il timore di un successivo declassamento dei loro prodotti”, spiegano da Morningstar.
Nelle posizioni più defilate rispetto al podio troviamo ancora un asset manager francese, di matrice assicurativa. Axa Investment Managers ha annunciato che il 90% delle sue strategie e dei suoi fondi azionari, obbligazionari e multi-asset è conforme agli articoli 8 e 9 del regolamento.
In generale, fra i comparti disponibili agli investitori italiani che Morningstar classifica come sostenibili, in tutto 1.156, gli articolo 8 sono 309, i “9” sono 122 (al 31 marzo). Gli altri non hanno specificato oppure sono ancora da censire.
Nel report The Cerulli Edge — Global Edition l’omonima società di ricerca evidenzia i costi addizionali che i gestori dovranno sopportare per adempiere alle prescrizioni del regolamento.
“[Gli asset manager] Hanno bisogno di dati per informare i loro processi di investimento, per fornire risultati per la divulgazione e per sostenere la loro infrastruttura operativa”, osserva Zumbo, sottolineando la sfida che i manager devono affrontare nell’assicurarsi di avere accesso a solidi set di dati che soddisfano i requisiti Sfdr.
A ciò si aggiunge l’assenza di standard di mercato formali o di un quadro normativo definitivo rende difficile mappare le politiche e i processi esistenti su tali requisiti. “Ciò ha portato gli asset manager ad applicare le proprie interpretazioni e processi”, chiosa Zumbo.
Anche per Morningstar, rimangono ancora incertezze sull’applicazione della classificazione, “in attesa dei chiarimenti della Commissione europea e della normativa di attuazione che contiene gli standard tecnici (Regulatory technical standard, o RTS)”.
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