Il sommarsi di più fattori negativi sul debito dei mercati emergenti nel 2018 ha spinto i premi al rischio per i bond hard currency a livelli interessanti. In un contesto ancora complicato per il debito emergente – seppure non manchino segnali di ripresa – quali sono i fattori chiave da tenere d’occhio nel 2019? Lo abbiamo chiesto ad alcuni dei fund manager che hanno sovraperformato negli ultimi cinque anni.
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Dopo due anni di performance eccezionali, il 2018 è stato un anno difficile per il debito dei mercati emergenti (EMD), con tutti i sottosegmenti che hanno registrato rendimenti negativi. Le valute dei mercati emergenti (-9,1%) hanno registrato la performance peggiore dal 2015. L’ipotesi di una ripresa globale sincronizzata tra paesi sviluppati ed emergenti non si è concretizzata e il debito emergente ha deluso le aspettative, anche a causa del clima di incertezza che ha continuato ad aumentare durante tutto l’anno, complici i rischi globali macro – fra cui rivolgimenti geopolitici di vasta portata e guerre commerciali – una crescita più debole dell’area e alcune vicende specifiche come l’inasprimento della liquidità globale che nel 2018 ha contribuito alle crisi valutarie in Argentina e Turchia. La prima ha richiesto un prestito al Fondo Monetario Internazionale, mentre la seconda è stata oggetto di sanzioni e ha registrato un’ingente fuga di capitali.
Diliana Deltcheva, Head of Emerging Market Debt di Candriam
Ciononostante, guardando al 2019 i mercati emergenti – pur soggetti ai rischi sopra elencati – presentano anche motivi per nutrire un cauto ottimismo secondo i gestori che con i loro fondi hanno sovraperformato l’asset class a cinque anni (vedi tabella). “I numerosi venti contrari che hanno caratterizzato il 2018 potrebbero non ripetersi nel 2019 e quindi siamo cautamente ottimisti sulle nostre prospettive per l’anno prossimo”, afferma Diliana Deltcheva, Head of Emerging Market Debt di Candriam. “Prevediamo che l’economia USA possa rallentare nel 2019 rispetto al 2018, che le tensioni commerciali continuino a scemare dopo l’escalation del 2018 e che i prezzi delle materie prime, petrolio compreso, si stabilizzeranno intorno ai livelli attuali, registrando una ripresa compresa tra lo 0 e il 10% nel 2019”.
In un contesto di incertezza, i fondamentali dei mercati emergenti rimangono sostanzialmente stabili. La loro crescita “si stabilizzerà sui livelli del 2018, con una maggiore dispersione tra i paesi dell’Europa centrale e orientale, l’Asia in rallentamento e l’America Latina in ripresa”, analizza Deltcheva. I principali rischi sono incentrati sulla crescita di USA e Cina, sui tassi statunitensi e sulle prospettive di tensioni commerciali, “l’evoluzione dei quali continueremo a seguire da vicino”, spiega la fund manager. “Riteniamo che, date le nostre prospettive moderatamente ottimiste, le valutazioni sia di hard che local currency offrano punti di ingresso nel debito degli emergenti di gran lunga migliori rispetto alla fine del 2017 e che i fattori tecnici siano di supporto in questo senso”.
Ciò detto, i rischi di un’ulteriore escalation della guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina continuano a gettare ombre sulle prospettive di rendimento dell’asset class. In un primo momento, i dazi di Donald Trump alla Cina hanno riguardato “solo” 50 miliardi di dollari di esportazioni cinesi – una cifra contenibile pari allo 0,01% del pil cinese. Più recentemente, Trump ha innalzato il target al 10% su 200 miliardi di dollari esportazioni, minacciando di aumentare l’aliquota al 25% e di estenderla a tutti i beni provenienti dalla Cina. Il clima d’incertezza si è poi esteso a tutti i paesi asiatici e ad altri mercati emergenti. Le esportazioni cinesi non hanno ancora avvertito il colpo, ma è probabile che diano segnali di debolezza nel primo trimestre del 2019.
Claudia Calich, gestore del fondo M&G (Lux) Emerging Markets Bond
“Per la Cina, il conflitto si presenta in un momento difficile per l’economia”, dice Claudia Calich, gestore del fondo M&G (Lux) Emerging Markets Bond, “in quanto il rapporto costo-beneficio di ulteriori stimoli è inferiore a quello di un decennio fa, dato il maggior livello di indebitamento del sistema – il tasso di inflazione si attesta a un livello accettabile per tagliare il debito, ma presenta un costo molto alto in termini di competitività. Nonostante i titoli negativi sulle prime pagine dei giornali, gli investitori non dovrebbero escludere l’eventualità di un vento in poppa favorevole: quest’anno le relazioni fra Cina e Usa potrebbero stabilizzarsi, con un impatto positivo sui prezzi degli asset, compreso il debito dei paesi emergenti”.
Rob Drijkoningen gestore di Neuberger Berman
Una risoluzione definitiva potrebbe dunque “rivelarsi elusiva e l’incertezza potrebbe continuare ad avere un impatto negativo sul commercio internazionale e sugli investimenti a medio termine”, osservano Rob Drijkoningen e Gorky Urquieta, gestori di Neuberger Berman. “La contrazione del commercio mondiale è particolarmente negativa per le economie dei mercati emergenti orientate al commercio aperto e per gli esportatori di materie prime in America Latina e in Africa.
Gorky Urquieta, gestore di Neuberger Berman
Questo rischio potrebbe causare un ulteriore indebolimento dei mercati emergenti e della crescita globale”.
Ciò detto, gli esperti della società americana sottolineano che “l’universo di investimento del debito dei mercati emergenti in valuta forte offre una serie di opportunità per generare rendimenti attraenti. Inoltre, le valutazioni interessanti rispetto alla storia di questa asset class forniscono un ulteriore supporto al debito emergente nell’attuale contesto economico”.
Cathy Hepworth, gestore del fondo Nordea 1 – Emerging Market Bond Fund
Il commercio globale “giocherà un ruolo fondamentale nel determinare il sentiment del mercato, come sottolineato dal rimbalzo del comparto hard currency in dicembre, quando sembrava che le prime due potenze mondiali avessero trovato un compromesso sui dazi”, aggiunge Cathy Hepworth, gestore del fondo Nordea 1 – Emerging Market Bond Fund. Per la specialista, i fondamentali dovrebbero beneficiare inoltre di un’adeguata crescita economica nei mercati emergenti: “stimiamo un tasso di espansione del 4,7% nel 2019 rispetto al 4,6% del 2018”, unita a un buon accesso al credito, “un fattore di performance chiave per molti titoli governativi, semi-governativi e societari. Tale accesso dipenderà dal più ampio sentimenti di rischio e dalla volontà e abilità dei politici di adattarsi alle nuove condizioni globali. Anche il FMI, la Cina e altre fonti di finanziamento bilaterali saranno di supporto”.
Un altro dei fattori da tenere in considerazione nel tracciare le prospettive del debito emergente è dato dalla Federal Reserve e da una forward guidance che agli occhi degli osservatori sembra essere improntata a seguire una linea più dovish. “I mercati si sono affrettati a scontare ulteriori aumenti della Fed quest’anno, ma il crollo dei prezzi del petrolio, una Fed ‘colomba’ e dati non entusiasmanti li hanno indotti a prevedere la fine della fase di restrizione monetaria”, spiega Calich (M&G). Tuttavia, e in assenza di un significativo rallentamento degli Stati Uniti, i Treasury sembrano al momento incorporare nei prezzi un basso premio al rischio, soprattutto perché l’offerta rimane sana, di solito un fattore negativo per i prezzi delle obbligazioni. Si prevede che il debito del governo USA rimarrà elevato, date le attuali proiezioni di un deficit fiscale degli Stati Uniti e anche perché alcuni acquirenti naturali, tra cui alcune banche centrali, hanno recentemente diminuito il proprio portafoglio di Treasury. La Cina, ad esempio, non ha più grandi surplus nel conto delle partite correnti, quindi ha meno possibilità di allocare quei dollari extra altrove”.
“Conoscere a fondo” è la rubrica di FocusRisparmio.com in cui passiamo al setaccio una specifica asset class su un orizzonte di investimento di medio-lungo periodo, coinvolgendo i gestori dei fondi top performer in un’analisi a più voci sui driver di performance e sulle prospettive di rendimento dei prossimi mesi.
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