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La Commissione Ue ha presentato un pacchetto di sei proposte legislative che intervengono sul sistema di clearing, uniformano le norme sulle insolvenze e semplificano le quotazioni in Borsa. Panova: “Vogliamo dare opzioni alle imprese e facilitare la vita agli investitori”
Proseguono i lavori sull’architettura della Capital Markets Union, i cui ultimi tasselli sono rappresentati da un pacchetto di proposte orientate a facilitare gli investimenti e rendere i mercati dei capitali europei più attraenti. Il pacchetto di sei proposte legislative, presentate a dicembre 2022, riguardano tre aree in particolare: l’intervento sui sistemi di clearing, per renderli più attraenti e solidi e preservare la stabilità finanziaria; l’armonizzazione delle norme sull‘insolvenza delle aziende, per contribuire a rendere le imprese Ue più efficienti e promuovere gli investimenti transfrontalieri; e il Listing Act, che mira ad alleggerire gli oneri amministrativi delle società che si vogliono quotare in Borsa, e in particolare le Pmi, e permettere così di accedere più facilmente a un canale di finanziamento alternativo a quello bancario.
Il pacchetto modifica il regolamento Emir (European Market Infrastructure Regulation), introduce modifiche mirate alla cornice de requisiti prudenziali per le banche (il regolamento e la direttiva sui Capital Requirements) e per le società di investimento (la direttiva Investment Firms) interviene sulla Direttiva Ucits e il regolamento sui Money Market Funds (Mmf).
Quotazioni più leggere con il Listing Act
“La proposta è in realtà finalizzata a dare più opzioni per le imprese che cercano di finanziarsi attraverso fonti diverse”, spiega Tatyana Panova, capo del dipartimento sulla Capital Markets Union alla Commissione europea, commentando il pacchetto nel podcast della Commissione. “Ci siamo resi conto durante la crisi finanziaria che le nostre imprese dipendevano troppo dalle banche. Con questa proposta vogliamo che le imprese possano considerare i mercati come una forma di finanziamento accessibile in alternativa a banche o altre fonti. Nella situazione attuale invece la quotazione è vista come troppo costosa e onerosa: occorre presentare molta documentazione, sottostare a controlli e spendere molto, in aggiunta ad altri costi connessi alla quotazione”. In effetti, i prospetti di quotazione possono raggiungere diverse centinaia di pagine, e la complessità della procedura rende la Borsa accessibile più che altro a società già molto strutturate, che avrebbero anche probabilmente meno difficoltà a finanziarsi su altri canali.
“Ecco – commenta Panova – vogliamo ridurre questi oneri, renderli più proporzionati, e anche evitare che si produca troppa informazione, che non è nemmeno negli interessi degli investitori. Il punto è quindi rendere la vita pi facile alle imprese che si vogliono quotare, ma anche ai potenziali investitori che oggi si devono orientare tra un enorme numero di documenti”.
Le modifiche proposte mirano a creare una legislazione in grado di semplificare la documentazione necessaria per le quotazioni e razionalizzare i processi di controllo da parte delle autorità di vigilanza nazionali, accelerando in tal modo, quando possibile, il processo di quotazione e riducendone i costi, in particolare quelli ritenuti superflui. Si prevede, ad esempio, che le società quotate dell’Ue risparmieranno circa 100 milioni di euro all’anno grazie alla riduzione dei costi di conformità, con un risparmio di 67 milioni all’anno derivante dalla mera semplificazione delle norme relative ai prospetti.
La proposta sul Listing Act semplificherà e chiarirà inoltre alcuni requisiti in materia di market abuse, incrementerà la visibilità delle imprese, favorirà la copertura dell’investment research per le società di minori dimensioni. Viene introdotto inoltre il diritto di quotare le società utilizzando strutture azionarie a voto plurimo, in modo che gli azionisti di riferimento possano mantenere un controllo sufficiente sulla società anche dopo la quotazione, ma senza danneggiare i diritti degli altri soci.
Sistemi di clearing e controparti centrali
Una delle priorità del pacchetto è garantire sistemi di clearing sicuri, solidi e attraenti per il buon funzionamento della Capital Markets Union, perché laddove i sistemi di compensazione non funzionano in modo efficiente gli attori del mercato si trovano ad affrontare maggiori rischi e costi più elevati, come dimostrato dalla crisi finanziaria del 2008.
La proposta sul clearing – la più corposa del pacchetto – mira quindi a migliorare il sistema, ridurne i rischi, svecchiarlo per renderlo maggiormente adatto a reagire rapidamente ai cambiamenti di mercato e allo stesso tempo rafforzare la capacità di clearing a livello dell’Unione. La proposta intanto consente alle controparti centrali (Ccp) che forniscono servizi di compensazione di ampliare la gamma dei loro prodotti in modo più rapido e semplice e incentivando ulteriormente i partecipanti al mercato Ue a compensare e creare liquidità presso controparti centrali dell’Unione. Il punto è cercare di intervenire sulle vulnerabilità dell’attuale sistema, troppo dipendente da controparti centrali di Paesi terzi, in particolare per i derivati considerati di rilevanza sistemica dall’Esma. La proposta infatti impone a tutti gli attori del mercato interessati a detenere conti attivi presso controparti centrali dell’Ue per la compensazione di almeno una parte di determinati contratti derivati sistemici. I derivati in questione ritenuti sistemici dall’Esma sono i derivati sui tassi di interesse denominati in euro e in zloty polacco; i credit default swap; i derivati sui tassi di interesse a breve termine denominati in euro.
Le nuove regole dovrebbero contribuire a instaurare un sistema di compensazione sicuro e resiliente rafforzando il quadro di vigilanza dell’Ue per le controparti centrali, traendo insegnamenti dai recenti sviluppi nei mercati dell’energia causati dall’aggressione russa contro l’Ucraina. Ad esempio, grazie alla maggiore trasparenza delle margin call, i partecipanti al mercato (comprese le imprese del settore energetico) si troveranno in una posizione migliore per prevederle.
Porre fine alla Babele delle norme sull’insolvenza delle imprese
Ogni Stato membro ha un regime diverso sulle insolvenze, con una base legale e un’impostazione culturale differente. Una discrepanza che a lungo è stata considerata uno dei principali ostacoli alla libera circolazione dei capitali. “Quanto valuta un investimento, un investitore deve anche chiedersi cosa accade se la società in questione a un certo punto è in difficoltà. Quanto denaro potrà salvare se la società diventa insolvente”, sottolinea Panova.
In effetti, un investitore transfrontaliero “oggi nel valutare un’opportunità di investimento dovrebbe prendere in considerazione 27 diversi insiemi di norme in materia di insolvenza, ed è quasi impossibile. Quindi vogliamo garantire che questi 27 sistemi siano maggiormente allineati, e che alcune norme oggi poco efficienti in alcuni Paesi possano migliorare in modo che gli investitori possano recuperare più velocemente parte dei propri investimenti in caso di insolvenza”. D’altra parte, siccome i sistemi di insolvenza rispecchiano molto le impostazioni legali peculiari di ciascuno stato membro, è anche improbabile che i 27 possano trovare un accordo per dotarsi di una sola normativa identica. La proposta avanzata dalla Commissione punta dunque ad armonizzare solo alcuni aspetti specifici delle procedure di insolvenza per rendere gli investimenti europei più appetibili.
In particolare, le regole che verrebbero armonizzate sono quelle che riguardano le azioni volte a preservare la massa fallimentare (nella fattispecie, evitando azioni da parte dei debitori che ridurrebbero il valore che i creditori possono ottenere); quelle relative ai comitati dei creditori destinati a garantire un’equa distribuzione tra i creditori del valore recuperato; le cosiddette procedure di “pre-pack” (laddove cioè la vendita dell’attività d’impresa è concordata prima dell’inizio dell’insolvenza); l’obbligo per gli amministratori di presentare tempestivamente istanza per l’apertura di una procedura di insolvenza per evitare che il valore dell’impresa si deteriori.
Inoltre, la proposta intende introdurre un regime semplificato per le microimprese al fine di ridurre i costi della loro liquidazione e consentire ai titolari delle società di essere esdebitati, concedendo loro la possibilità di ricominciare da zero come imprenditori. E imporre agli Stati membri l’obbligo di presentare una scheda informativa che riassuma gli elementi essenziali delle rispettive legislazioni nazionali in materia di insolvenza per facilitare le decisioni degli investitori transfrontalieri.
Queste misure sono state ideate per promuovere gli investimenti transfrontalieri in tutto il mercato unico, riducendo il costo del capitale per le imprese e, in ultima analisi, per contribuire alla Capital Markets Union, con benefici stimati in 10 miliardi di euro all’anno.
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