“Pir e fondi alternativi per far ripartire l’Italia nella Fase 3”
Nella prima conferenza online di Assogestioni, il punto su Pir tradizionali e alternativi con i protagonisti della catena del valore del gestito
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“Dopo il forte calo degli indici azionari globali nel primo trimestre, il rimbalzo nel secondo trimestre (global equities +25%, global corporate bond +6%) – grazie al supporto delle banche centrali e l’uscita progressiva dal lockdown – ha consentito un recupero della raccolta netta nei prodotti di risparmio gestito, facendo registrare tra i dati più forti dal 2017, e anche luglio si preannuncia essere un mese molto positivo”. Il commento è di Luigi De Bellis, co-responsabile ufficio studi Equita, le cui previsioni sulla raccolta sono rosee anche per la seconda parte dell’anno, anche considerando “la stagionalità di agosto e settembre, mesi che tipicamente non sono ideali per gli investimenti”. E non solo sulla raccolta del gestito in generale: per De Bellis anche sui Pir, che hanno registrato una raccolta negativa nella prima parte dell’anno, dopo l’estate arriverà una fase di rilancio. D’altronde solo per i Pir alternativi il Mef, nella relazione tecnica che accompagna il decreto Rilancio, stima una raccolta di 4,5 miliardi nel 2020 (e un crescendo costante che porterà, dal 2024 in poi, a una raccolta stabile intorno ai 9 miliardi annui).
L’ipotesi è dunque che, come avvenuto in generale per il risparmio gestito, con deflussi pari a 12,1 miliardi nel primo trimestre seguiti da un recupero pressoché totale tra maggio a giugno, si ripeta anche per i Pir. Che sperimenteranno una V di raccolta che pochi osservatori realmente si sarebbero aspettati sui mercati data la profondità e la rapidità della crisi economica sottostante.
“Ci aspettiamo che i dati di raccolta netta restino positivi anche nella seconda parte dell’anno: l’outlook di medio termine per la raccolta in Italia resta positivo, alla luce del livello molto basso dei tassi d’interesse e una liquidità nel sistema che rimane su livelli senza precedenti intorno a un valore di 1500 miliardi di euro. A favorire maggiori flussi in ingresso verso l’Europa, e l’Italia, è anche il recente accordo sul Recovery Fund. L’intesa è il primo passo concreto verso una maggior integrazione dell`Europa ed elimina un tail-risk sull’Italia. Per questo riteniamo potrebbe sostenere un ulteriore restringimento dello spread e una riduzione del premio per il rischio”, sostiene De Bellis.
In termini di singole categorie e di preferenze dei risparmiatori, i fondi azionari hanno registrato una raccolta netta positiva di +2,1 miliardi a giugno ma i flussi maggiori sono stati indirizzati verso i fondi monetari (+4,2 miliardi a giugno e +12,6 miliardi da inizio anno), “ossia verso impieghi di breve termine della liquidità, a sottolineare ancora una fase di forte incertezza e un approccio molto conservativo degli investitori. Molto impattati i comparti obbligazionari (-5,3 miliardi da inizio anno) in un contesto che ha visto un ulteriore riduzione dei tassi d’interesse”.
Sul fronte dei Pir, invece, il movimento che si osserva appare in ritardo. “La raccolta dei fondi PIR tradizionali è stata negativa nella prima parte dell’anno a causa della crisi Covid19 con calo dei mercati (FTSE Italia All-Share index -29% nel primo trimestre e -17% nel semestre) e aumento della volatilità, che ha portato i risparmiatori a un approccio più conservativo nelle scelte di investimento”, riporta De Bellis. “Inoltre, l’attività commerciale e di marketing dei nuovi PIR era ripartita solo da metà febbraio, poi il contesto sui mercati è diventato più complicato. Ci aspettiamo che nella seconda parte dell’anno le reti torneranno a intensificare nuovamente gli sforzi commerciali sul prodotto, dato che il nuovo impianto dei Pir (3.0), in vigore da gennaio 2020, è valido per il rilancio dei prodotti. Ci aspettiamo quindi un ritorno a una raccolta netta positiva per i PIR tradizionali, seppur limitata dato il contesto di mercato ancora molto incerto. Sui PIR alternativi, i prodotti sono in fase di lancio, quindi non ci aspettiamo flussi significativi nel 2020 ma un impatto più marcato dal 2021 in avanti”.
I PIR alternativi, lo ricordiamo, nascono con l’obiettivo di convogliare il risparmio nel mondo delle piccole/medie imprese investendo anche su quelle non quotate il cui accesso al capitale è ancora più complesso in una fase di forte pressione determinata dal Covid-19. Si tratta di strumenti di lunghissimo termine e rappresentano un asset class alternativa che può contribuire alla diversificazione dei portafogli, ma a condizione di accettare un profilo rischio/rendimento più alto. Su questa asset class le previsioni di Equita sono di una raccolta di 2-3 miliardi all`anno, fino a raggiungere un aum di 10-15 miliardi in cinque anni.
“Qualora fossero introdotti ulteriori incentivi, ad esempio una percentuale di detrazione fiscale sull’ammontare investito come nel caso dei VCT in UK, tali stime potrebbero essere superate. Ulteriore upside è legato al risparmio previdenziale, dove ad oggi la quota di investito in asset alternativi è limitata”. Il Covid non cambia, insomma, il potenziale dei panieri individuali di investimento, tradizionali o alternativi che siano.