Riégis (Oddo Bhf Am): “Azionario, come puntare sulle Small e Mid Cap per generare rendimento”
“In Europa è questa la strada maestra”, spiega il gestore. Largo a tecnologia, lusso e titolo del settore aereo
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Dopo anni vissuti da protagonista, la politica monetaria potrebbe lasciar maggiore spazio a quella fiscale anche in Europa.
Otto anni di ripetuti appelli da parte di Mario Draghi hanno sollecitato alcuni Stati membri dell’Eurozona a rafforzare i loro impegni in materia di bilancio, nella direzione auspicata dal presidente della Bce.
È ancora presto per una stagione di stimoli fiscali in stile Trump, ma qualcosa sembra muoversi in tal senso. Il governo olandese ha recentemente annunciato un significativo allentamento della posizione fiscale pari all’1% del pil nel 2020, la Germania ha varato un pacchetto sul clima della portata di 54 miliardi di euro e la Francia ha programmato un bilancio leggermente espansivo per il 2020. Non tutti però sono allineati con questo sentiment.
“Secondo il nostro scenario di base i mercati nutrono attese eccessive nel policy mix. Crediamo che esistano dei vincoli economici e politici tali da impedire una radicale inversione delle politiche fiscali in Europa e in Germania”, commenta Pascal Blanqué, group chief investment officer di Amundi.
Dall’altro lato dell’oceano Goldman Sachs stima un approccio più pragmatico da parte delle autorità europee: “Riteniamo che dei veri e propri piani di stimolo fiscale da parte degli Stati potrebbero concretizzarsi solo in caso di uno shock concreto, sia esso interno – come ad esempio una recessione tecnica – o esterno, Brexit o ulteriori tariffe da parte degli Usa sul settore auto”, scrive il team guidato da Sharon Bell, CFA.
Per la banca d’affari statunitense la Germania – il Paese che ha il maggior spazio di manovra dal punto di vista fiscale – dovrebbe mettere in campo misure “mirate, tempestive e temporanee”.
È ancora presto per poter quantificare gli impatti di un eventuale stimolo fiscale in salsa europea sui mercati finanziari, ma gli analisti provano a fare un esercizio di stile.
Otto anni di politiche monetarie espansive in Eurozona hanno spostato gli equilibri dei portafogli europei verso duration più lunghe e azioni di qualità.
Secondo Goldman i principali beneficiari di un piano di stimoli fiscali dovrebbero essere i titoli dei settori più sensibili alla crescita e quindi società domestiche, small cap, banche dell’area dell’euro e le società con esposizione alla spesa pubblica europea come ad esempio – per citare i nomi più blasonati – Vinci, Thales, Leonardo, Enel, Iberdrola, Sap e Capgemini.
Anche qui, però, c’è diversità di vedute. “Il nostro principale messaggio per gli investitori è quello di cercare di preservare il capitale in questo scenario fortemente incerto e di muoversi con agilità per poter cogliere le opportunità in un contesto così volatile. In futuro dovranno valutare come cambiano le probabilità dei diversi scenari”, osserva Blanqué di Amundi.
Maurizio Novelli, gestore del Lemanik Global Strategy Fund, esclude invece l’entrata in gioco di politiche fiscali: “Al momento non sembrano emergere segnali di inversione in tal senso poiché l’area euro non è propensa a fare stimoli fiscali così importanti per sostenere il ciclo, mentre negli Stati Uniti il procedimento di impeachment di Trump ha di fatto aperto un contrasto istituzionale così profondo che impedirà l’introduzione di stimoli fiscali fino alle prossime elezioni”. E dunque la posizione di Lemanik in questo contesto globale rimane quella di privilegiare le lunghe scadenze “sia per l’area euro sia per gli Stati Uniti”.