3 min
Con la crisi, i fondi negoziali hanno perso l’1,1%, i fondi aperti il 2,3% e i Pip il 6,5%. Fanno eccezione i Pip di Ramo I (+0,7%). Ma il bilancio sull’ultimo decennio resta positivo, così come la rivalutazione del Tfr
Il recupero dei mercati finanziari nel secondo trimestre 2020 ha consentito una ripresa dei risultati delle forme di previdenza complementare, che sono tuttavia rimasti negativi rispetto al 2019. A certificarlo è la Relazione Covip sui dati statistici della previdenza complementare a giugno 2020. “Dopo essere scesi nel primo trimestre, i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine si sono stabilizzati sia negli Stati Uniti sia nell’area dell’euro; i differenziali di rendimento dei titoli governativi italiani rispetto ai titoli tedeschi sono diminuiti. I listini azionari sono progressivamente risaliti, riavvicinandosi nel complesso ai valori di fine 2019; la volatilità si è notevolmente ridotta”, si legge nella relazione.
Per quanto riguarda i risultati di fondi pensione e affini, nel dettaglio, al netto dei costi di gestione e della fiscalità, i fondi negoziali hanno perso l’1,1% mentre i fondi aperti e i PIP (piani pensionistici individuali), che hanno in media una maggiore esposizione azionaria, hanno perso rispettivamente il 2,3 e il 6,5% (+0,7% i PIP di ramo I, che contabilizzano le attività a costo storico e non a valori di mercato e i cui rendimenti dipendono in larga parte dalle cedole incassate sui titoli detenuti).
Tuttavia, guardando i dati in un orizzonte di dieci anni (da inizio 2010 a fine 2019,) il rendimento medio annuo composto è stato pari al 3,6% per i fondi negoziali, al 3,8% per i fondi aperti e per i PIP di ramo III, e al 2,6% per le gestioni di ramo I. Ma “valutando i rendimenti su orizzonti più propri del risparmio previdenziale, essi restano nel complesso soddisfacenti nonostante la recente crisi”, recita la relazione. Aggiungendo ai dieci anni gli ultimi sei mesi, infatti, i rendimenti medi annui composti scendono al 3,3% per i fondi negoziali, al 3,4% per i fondi aperti e al 3% per i PIP di ramo III; restano pari al 2,5% per cento i prodotti di ramo I. Per entrambi i periodi, la rivalutazione del Tfr è risultata pari al 2% annuo.
Alla fine di giugno 2020 le posizioni sulle forme pensionistiche complementari erano 9,223 milioni, 105.000 unità in più rispetto a fine 2019 (+1,2%): una crescita inferiore rispetto alle fasi pre-Covid, che per di più è risultata pressoché nulla nel secondo trimestre. A tale numero di posizioni, che include anche quelle di coloro che aderiscono contemporaneamente a più forme di previdenza complementare, corrisponde un totale degli iscritti stimato in 8,340 milioni di individui.
I fondi negoziali registrano circa 59.000 posizioni in più (+1,9%), portando il totale a fine giugno a 3,219 milioni. Quello che registra il maggiore incremento è ancora una volta il fondo destinato ai lavoratori del settore edile, per il quale opera l’adesione contrattuale (26.400 unità); segue il fondo rivolto ai dipendenti pubblici (11.500 unità in più), ancora caratterizzato da un numero di adesioni contenuto rispetto alla platea potenziale. I fondi aperti contano 1,571 milioni di posizioni, in crescita di circa 20.000 unità (+1,3%) rispetto alla fine del 2019. Per i PIP “nuovi” il totale delle posizioni ès di 3,444 milioni, in aumento nel semestre di circa 25.000 unità (+0,7%).
Le risorse destinate alle prestazioni a fine giugno 2020 erano di circa 185 miliardi di euro, di nuovo in linea con il valore raggiunto a fine 2019. Il patrimonio dei fondi negoziali risulta pari a 56,7 miliardi di euro, quello dei fondi aperti a 23,1 miliardi e quello dei PIP “nuovi” a 36,2 miliardi. Per tutte queste forme, il patrimonio ha recuperato nel
complesso le perdite in conto capitale registrate nel trimestre
precedente.
Per quanto riguarda invece i flussi contributivi, nel primo semestre del 2020 sui è registrato un dato pari a 5,449 miliardi, inferiori a quelli del primo semestre del 2019. Per quanto riguarda i fondi negoziali e i
fondi aperti, i contributi sono cresciuti a un tasso significativamente inferiore a quello registrato tra il primo semestre 2019 e il primo semestre del 2018. Nei PIP “nuovi” i contributi sono calati anche in termini assoluti rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso (1.694 milioni a giugno 2020 rispetto a 1.770 a giugno 2019).