Fondi pensione, “Inps collabori di più”
Pellegrini (Mefop): “La previdenza complementare è essenziale per avere un tasso di sostituzione complessivo adeguato tra I° e II° pilastro”. Da sola però non basta...
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Mentre la previdenza pubblica in Italia (il così detto primo pilatro) barcolla, quella complementare, o integrativa (il secondo pilastro), non fa ancora breccia nel cuore dei lavoratori italiani.
Gli ultimi aggiornamenti statistici pubblicati dalla Covip evidenziano che, alla fine di marzo 2020, il numero di posizioni in essere è di 9,185 milioni, con un incremento dei fondi negoziali dell’1%. Sotto il profilo delle risorse destinate alle prestazioni, nello stesso periodo il patrimonio gestito dai fondi pensione ha superato i 180 miliardi di euro, di cui oltre 56 miliardi nei fondi negoziali.
Un dato che preoccupa ancor di più alla luce della notizia del sorpasso dei pensionati sulle buste paga. Una dinamica, però, “solo demografica e non tecnica”, precisa Sergio Corbello, presidente di Assoprevidenza.
“Con più pensionati che lavoratori attivi, in futuro non sarà facile garantire la sostenibilità della spesa previdenziale che, secondo gli ultimi dati, attualmente supera i 293 miliardi di euro all’anno, pari al 16,6 per cento del Pil, atteso il progressivo invecchiamento della popolazione e il trend negativo dell’incremento demografico”, avverte Giovanni Maggi, presidente di Assofondipensione.
Da qui la necessità di aumentare la cultura dell’investimento previdenziale per garantirsi una pensione di scorta per il futuro pensionamento giacché quella pubblica non sarà sufficiente a garantire il medesimo tenore di vita agli attuali lavoratori.
Per capire quale sia oggi lo stato di salute del settore previdenziale italiano abbiamo interpellato il presidente di Assoprevidenza, Sergio Corbello, che lo descrive così: “Secondo gli ultimi dati disponibili, il rapporto tra attivi e pensionati in Italia, calcolato sui dati di consultivo 2018, era di 1,435, il migliore degli ultimi 22 anni. Quando i numeri di consuntivo sul 2019 saranno tra breve disponibili, probabilmente, farà segnare un rapporto attivi/pensionati leggermente peggiore, rispetto al 2018. Questo grazie al senso di autodisciplina dei cittadini, che hanno fruito assai meno del prevedibile dell’improvvida possibilità di avvalersi di un pensionamento anticipato come previsto da Quota 100”, osserva l’esperto.
“Per il 2020, ad oggi, possiamo ipotizzare un miglioramento, ma lo diciamo con infinita tristezza – prosegue Corbello. È probabile, infatti, che, per quest’anno, il dato finale risulterà più favorevole, in ragione della circostanza che, nei mesi scorsi, vittime della pandemia sono stati soprattutto gli anziani. Si è registrato, quindi, un’eliminazione anomala di pensionati, rispetto ai trend ordinari”.
A fronte di questi numeri come dovrebbe muoversi il sistema? Le direttrici individuate dagli esperti sono due e riguardano uno la sfera pubblica, l’altro quella privata. “E’ dovere del potere politico salvaguardare la sostenibilità del sistema pensionistico con regole di pensionamento rigorose (sebbene impopolari), che tengano conto dell’invecchiamento ordinariamente crescente della popolazione italiana. Più presto si cancellerà Quota 100, meglio sarà”, analizza Corbello.
La seconda via è quella di potenziare il secondo pilastro, quello della previdenza complementare: Maggi di Assofondipensione fa notare che nonostante gli aderenti alla previdenza complementare siano in costante rialzo negli ultimi anni, il totale degli iscritti che ha superato i 9 milioni: “un numero ancora ben lontano dal coprire l’intera platea dei lavoratori italiani”.
“Il secondo pilastro ha solo bisogno di essere ulteriormente potenziato perché copre solo un terzo della popolazione attiva”, sottolinea il numero uno dell’associazione dei fondi pensione negoziali, ribadendo che oggi esiste una concentrazione maggiore di aderenti nelle classi di età centrali (34-54 anni) e nell’Italia settentrionale ed è ancora poco diffusa ancora tra gli under 34 e al Sud Italia.
Per Maggi sono soprattutto le giovani generazioni che dovrebbero integrare maggiormente con un piano di previdenza complementare la futura pensione pubblica che si annuncia più modesta di quella attuale ma, innanzitutto, dovrebbero conoscere meglio ciò che li aspetta per prepararsi in tempo.
“I fondi pensione hanno dimostrato che possono investire il risparmio previdenziale accumulato attraverso strumenti a lungo termine che riescano a generare, oltre al rendimento finanziario, anche ricadute dirette sul territorio, sia in termini sociali, per fronteggiare l’emergenza demografica con un welfare più efficiente e inclusivo che, al contempo, per finanziare l’economia nazionale”, chiosa l’esperto.
Corbello di Assoprevidenza è d’accordo con uno sviluppo “realizzato attraverso lo strumento tipico e fiscalmente agevolato dei fondi pensione complementari – alimentati da un apporto contributivo reale e non simbolico: per intenderci un 10% del reddito annuo. Per un lavoratore subordinato soltanto il Tfr ogni anno fornisce già circa il 7% della retribuzione -, ma anche, se ci riesce, con dell’ulteriore accumulo di risparmio prudenziale. Per fare questo i fondi comuni, attraverso la modalità del Pac, appaiono uno strumento ideale”.