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Il mercato italiano della gestione delegata a terze parti è il più vitale d’Europa assieme a quello del Regno Unito in termini di crescita del patrimonio e numero di fondi affidati ad asset manager esterni tramite mandati di sub-advisory.
A stabilirlo è l’ultimo report di Cerulli Associates, “European Distribution Dynamics 2018: Addressing a Shifting Landscape” (“Dinamiche della distribuzione finanziaria europea nel 2018: affrontare un paesaggio in evoluzione”).
La società di ricerca americana afferma che il mercato europeo della sub-advisory – termine che identifica un fondo commercializzato sotto il marchio del distributore ma gestito in tutto o in parte in outsourcing, su mandato, da un asset manager esterno – conta masse in gestione per circa 480 miliardi di euro e sta crescendo a doppia cifra, del 15% nel 2016 e del 16% lo scorso anno.
L’istituto di ricerca ha identificato 1.290 fondi la cui gestione è delegata con un mandato a case terze da parte di oltre 100 “sponsor” a livello europeo, termine con cui la ricerca di Cerulli identifica banche, reti di consulenti finanziari e investitori istituzionali che delegano in tutto o in parte la gestione dei loro fondi ad asset manager in sub-advisory.
Cerulli prevede che nei prossimi anni l’afflusso netto annuale in fondi gestiti in sub-advisory potrebbe raggiungere una cifra compresa tra 30 e 60 miliardi di euro. Numeri confermati anche da big del settore del calibro di Goldman Sachs Asset Management (GSAM), che ha previsto che le attività gestite da fondi in sub-advisory in Europa potrebbero raddoppiare nei prossimi tre-cinque anni passando da 500 miliardi di euro a 1 trilione.
Secondo la casa di investimento americana uno degli effetti del rafforzamento della product governance introdotto dalla MiFID 2 è quello di indurre i distributori di fondi a ridurre il numero di prodotti in offerta, destinando grandi quantità di denaro a un numero inferiore di gestori. “La MiFID 2 sta aumentando il volume delle attività di sub-advisory in Europa. Meno fondi gestiranno più denaro”, ha spiegato Nick Phillips, capo del mercato retail internazionale di GSAM in un’intervista a Bloomberg a inizio mese, precisando che la società ha ottenuto otto mandati di gestione in mandati di sub-advisory negli ultimi sei mesi in Europa. “I distributori che oggi lavorano con 70 fornitori di fondi potranno arrivare a ridurre quel numero di oltre due terzi, a 20 o 25 a seconda del modello di business”, ha affermato Phillips.
Attualmente è il Regno Unito il maggiore mercato di asset in sub-advisory, con una quota del 37% del mercato europeo, ed è sede del wealth manager St James’s Place, uno dei maggiori distributori “sponsor” di mandati nonché una delle più grandi reti di consulenza in Europa per consulenti e masse in gestione.
Escludendo gli Stati Uniti, a livello europeo l’Italia occupa il terzo posto, con il 15% del mercato UE dei fondi in gestione a terze parti, ed è il mercato di sub-advisory a più rapida crescita nella regione. Circa la metà (47,4%) degli intervistati nell’indagine di Cerulli sui gestori transfrontalieri, condotta all’inizio del 2018, ha affermato di ritenere che il mercato in Italia stia crescendo rapidamente.
“Gli sponsor sono le società che assemblano il fondo”, spiega a FocusRisparmio Angelos Gousios, direttore della ricerca europea per il mercato retail presso Cerulli.In particolare, spiega l’esperto, i distributori fanno ricorso ai mandati per avvalersi di gestori “che hanno una comprovata esperienza in mercati specifici come, ad esempio, titoli azionari giapponesi o mercati di frontiera”.
In termini di distributori italiani che fanno uso di mandati per la gestione dei propri fondi in sub-consulenza, le stime di Cerulli indicano “oltre 64 miliardi di asset in gestione in mano a case terze”, afferma Gousios. “Sponsor di prestigio includono banche/reti di consulenza come Mediolanum, Banca Generali e Fideuram che esternalizzano la gestione di interi fondi o parte di essi ad altri gestori con quote di asset in sub-advisory a fine 2017 pari a 20, 11 e 11 miliardi rispettivamente”.
In Germania e Spagna, invece, si registra una minore domanda di fondi in sub-advisory, con gli investitori locali che preferiscono prodotti multi-manager e fondi di fondi.
Secondo Gousios, coordinatore dello studio di Cerulli, gli asset manager e i distributori di fondi dovrebbero cooperare in modo più ampio per trarre vantaggio dalle “significative” opportunità di crescita offerte dal mercato europeo della sub-advisory. L’analista esorta i fornitori di fondi e i distributori “a collaborare più strettamente e a condividere un maggior numero di informazioni per allineare in modo mirato le soluzioni alle esigenze attuali di predeterminati segmenti di clienti”.
Esempi di gestori che occupano una posizione dominante “in qualità di sub-advisor nel mercato italiano includono: Legal and General, BlackRock, Duemme, Goldman Sachs, GLG Partners, PIMCO, Morgan Stanley, Algebris”, illustra Gousios.
Allo stesso tempo, i distributori e gli investitori devono concentrare sempre più l’attenzione sul contenimento dei costi. Spiega Gousios: “Riducendo il numero di gestori a cui si affidano e concentrando gli asset in gestione nelle mani di un numero ridotto di player, i distributori possono essere in grado di ottimizzare al ribasso le proprie commissioni”. Ma non a scapito della qualità del prodotto, che con il nuovo regime di product governance “diventa sempre più importante”.
Secondo Cerulli, i gestori patrimoniali “hanno bisogno di perseveranza e pazienza” per sbloccare il potenziale del mercato europeo della sub-advisory. “Siglare un accordo di questo tipo è un processo lungo e oneroso”, spiega Gousios. “Avvocati, team di compliance e altre funzioni di back-office devono essere coinvolte e possono essere necessari più di sei mesi per raggiungere un accordo. Le case di investimento hanno bisogno di un solido team operativo e devono avere pazienza, essere disposte ad aspettare. Non dovrebbero arrendersi dopo solo un paio di mesi di trattative”.
“I gestori apprezzano il fatto che le relazioni di subadvisory tendono a durare più a lungo – oltre 10 anni in molti casi”, osserva Gousios. “Finché il sub-advisor garantisce buone performance, rimarrà nel gioco e nelle grazie dei distributori. Anche se le fee sono più basse, gli asset sono meno fluidi, e questo può essere un vantaggio per i gestori”, conclude l’analista.