Le famiglie italiane risparmiano e investono meno
Solo il 31% riesce ad accantonare. Calano del 3,1% le attività in strumenti finanziari e aumenta la sfiducia. Ma chi si affida a un consulente è soddisfatto
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Che il Bitcoin sia uno strumento di comune utilizzo fra i trader è assodato. A partire dalla fine del 2017, quando il Cme di Chicago ha emesso il primo futures con sottostante Bitcoin, gli strumenti che replicano l’andamento della valuta digitale hanno proliferato e oggi gli investitori privati hanno a disposizione una vasta gamma di strumenti – dagli Etf ai Cfd – con cui fare trading su moltissime criptovalute.
Poche persone, però, sono pronte a scommettere che Bitcoin e co. possano in futuro divenire materia per investitori istituzionali e – ancor meno – che anche un investitore retail, attraverso il suo consulente, possano farlo con un fondo.
“Qualcuno comincerà a considerare le criptovalute come asset class a tutti gli effetti quando potranno essere investibili facilmente e in maniera cost efficient dagli investitori istituzionali. Gli Etp sulle criptovalute sono la soluzione a questo problema”, spiega a FocusRisparmio Massimo Siano, managing director e head of southern Europe di 21Shares.
Su questo argomento il mondo della consulenza agli investimenti è diviso. Per alcuni osservatori è solo questione di tempo, mentre altri ritengono che prima sia necessario un intervento normativo a livello comunitario.
“E’ una evidenza quantitativa incontrovertibile: Bitcoin e criptovalute non sono correlate significativamente con altre asset class. Quindi inserire Bitcoin in un portafoglio diversificato apporta benefici secondo i tradizionali criteri qualitativi media-varianza di Markowitz: abbassa il rischio sopportato a parità di rendimento atteso o aumenta il rendimento a parità di rischio”, sostiene Ferdinando Ametrano, docente di Bitcoin e tecnologia Blockchain all’Università Bicocca e fondatore della società CheckSig.
Le criticità da affrontare però non mancano, in primis le sfide che pone il regolatore nonostante la recente apertura della Bce all’adozione di un Euro digitale. “È molto difficile che l’industria dei fondi possa proporre prodotti con sottostante un asset non regolamentato. Fintanto che non vedremo una qualche forma di regolamentazione almeno fiscale e condivisa fra Paesi in Europa questo scenario non si presenterà”, dice Alex Ricchebuono, managing director di New End Associates e professore a contratto in Storia ed evoluzione della moneta all’UPO (Università del Piemonte Orientale).
Per l’esperto le principali criticità riguardano la non rispondenza delle criptovalute alle tre principali funzioni tipiche delle monete fiat: i) riserva di valore; ii) unità di conto e iii) strumento di pagamento.
“Oggi le criptovalute non rispondono a queste tre funzioni contemporaneamente per cui vengono acquistate prevalentemente per ragioni speculative”, spiega Ricchebuono, che osserva l’andamento del Bitcoin negli ultimi due anni e ne analizza la performance relativa rispetto all’azionario: “Dai massimi raggiunti nel dicembre del 2017 a oggi, le quotazioni della principale criptovaluta sono state molto volatili. Fra il 2018 e il 2019 sono passate da 20mila a un minimo di 3mila dollari per poi riassestarsi intorno a 10mila. Nello stesso arco temporale il mercato azionario ha fatto molto meglio”.
Ametrano è più possibilista sull’utilizzo di Bitcoin in ottica di allocazione di portafoglio e sulle potenzialità di risalita delle quotazioni: “Se diversifichiamo i rischi alla Markowitz, anche in un portafoglio particolarmente conservativo è ragionevole destinare un 2% all’investimento in Bitcoin”.
Cosa significa per le quotazioni? “Il risparmio gestito a livello globale ammonta a circa 100 trilioni, se il 2% di questa somma venisse investita in Bitcoin con il solo scopo di diversificare i portafoglio e considerando che di Bitcoin ce ne sono circa 20 milioni in circolazione, avremmo che un singolo Bitcoin dovrebbe valere 100mila dollari”, indica Ametrano.
L’esperto sostiene che è solo questione di tempo e in futuro “gli attori istituzionali useranno il Bitcoin per diversificare attraverso l’investimento in qualcosa che verrà sempre più percepito come bene rifugio anticiclico”. “Negli Stati Uniti è già una realtà per alcune tesorerie aziendali– prosegue Ametrano – come Square e Microsystem”.
I consulenti italiani sono restii a parlare di Bitcoin con i propri clienti? “I private banker sono senz’altro più avanti perché non hanno la barriera del benchmark e perché possono comprare in Svizzera e Germania”, spiega Siano di 21Shares. “Se questi prodotti fossero quotati in Italia anche il mercato retail potrebbe essere un segmento interessante. Stiamo lavorando su questo aspetto”.
Il tema che si apre è offrire servizi finanziari qualificati agli investitori che vogliono il Bitcoin. Per Ametrano esistono due nuove sfide che si pongono innanzi all’industria: “La prima di carattere normativo, ne abbiamo parlato, la seconda è di tipo tecnologico, riguarda i servizi di custodia. Come può un fondo comune custodire tecnicamente un Bitcoin? – si domanda lo specialista – che è fondamentalmente un asset al portatore come l’oro, ma a differenza di quest’ultimo leggerissimo”.
Secondo Ricchebuono, invece, ad oggi non si sarebbero le condizioni per una svolta in tal senso poiché “i rischi delle attuali criptovalute sono molto alti”. “Io credo che chi ha inventato le criptovalute avesse l’ambizione di farle evolvere in valute alternative alle monete fiat ma, ad oggi, quasi nessuna delle cripto ha le caratteristiche per assurgere a questo scopo”, prosegue l’esperto, che chiosa con una previsione. “È molto probabile che le attuali monete digitali vengano sostituite da un sistema di cripto asset che possa assurgere ai fini di cui parliamo. Solo in questo scenario futuro le criptovalute potranno evolvere da strumento speculativo ad asset class alternativa all’interno del mondo finanziario”.
Anche fra i fan del Bitcoin c’è questa consapevolezza. “Bitcoin è un esperimento ardito: la creazione della scarsità in ambito digitale. È ovviamente possibile che questo esperimento fallisca – conclude Ametrano –ma se ciò non dovesse avvenire, si tratta oggi di un asset grandemente sottovalutato”.
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