Articolo pubblicato su FocusRisparmio (Gennaio – Febbraio 2022). Accedi e scaricalo gratuitamente a questo link.
Banche e intermediari attraversano questa fase consapevoli che si tratta di un’occasione unica per l’evoluzione del proprio business model e che si trovano nella posizione migliore per coglierla
Paolo Gianturco
Dalle survey che Deloitte ha condotto nel 2021, sia a livello mondiale che europeo, emerge chiaramente una cosa: tutti gli attori del mercato dei servizi finanziari concordano che la blockchain e gli asset digitali saranno fondamentali per la trasformazione del settore. Il 76% degli intervistati della Deloitte Global Blockchain Survey afferma che le criptovalute diventeranno una valida alternativa alle valute Fiat nei prossimi 5-10 anni. Ben il 96% degli intervistati (rispetto all’85% del 2020), invece, afferma con sicurezza che i propri fornitori, clienti e/o concorrenti stiano lavorando a soluzioni blockchain per affrontare le sfide attuali della catena del valore.
Questo perché tutti gli attori della catena del valore saranno impattati dalle soluzioni basate su blockchain e dalla diffusione delle criptovalute, a partire dalle banche fino agli intermediari e ai risparmiatori. Questi ultimi, ad esempio, potranno avere la possibilità di investire direttamente e a costi ridotti. Intermediari e wealth manager, invece, assumeranno un ruolo diverso: non più quello di fare da “porta di accesso” tra il cliente e il mercato degli investimenti, ma piuttosto quello di figure di riferimento per guidare il cliente nell’investire al giusto prezzo, o nell’effettuare in modo corretto una transazione.
Tuttavia, saranno gli attori dei servizi finanziari più “tradizionali” ad essere maggiormente impattati ottenendo, al contempo, nuove possibilità. Questi soggetti stanno già muovendo i primi passi verso due modalità di servizio, che diventeranno fondamentali nei prossimi 5-10 anni. La prima consiste nel fornire ai clienti servizi accessori all’utilizzo dei crypto-asset, come ad esempio il trading e la custody, in autonomia oppure facendo squadra con importanti player del settore.
La possibilità di fare trading è resa possibile dalle partnership con attori come Coinbase o PayPal, che già offrono questo servizio. Sul lato della custody, invece, abbiamo tutte quelle attività legate all’amministrazione dei depositi di criptovalute. Il vantaggio competitivo degli operatori “tradizionali” è quello di garantire misure di sicurezza superiori a quelle fornite dai broker di mercato con, in più, la possibilità di offrire garanzie personalizzate. Alcune banche tradizionali, come la statunitense BNY Mellon e la spagnola BBVA hanno già iniziato a lavorare in questo senso.
La seconda modalità, invece, consiste nella creazione di strumenti finanziari il cui rendimento risulta legato a crypto asset attraverso acquisto diretto o indicizzazione. Ne è un esempio Morgan Stanley che, lo scorso marzo, è divenuta la prima banca americana ad offrire ai propri consulenti finanziari la possibilità di investire in tre fondi legati alle criptovalute. La mossa di Morgan Stanley rende Bitcoin una nuova opzione di investimento, con il solo limite di riservare la scelta ai propri clienti più facoltosi, per via della loro elevata “risk tolerance”. Proprio Morgan Stanley, citando i dati di una recente survey, sottolinea che il 27% dei millennials possiede cryptocurrency contro solo il 3% dei cosiddetti “boomers”.
Affrontare il cambiamento
Se volessimo individuare una “linea del tempo” del cambiamento generato dalla blockchain sul settore del risparmio gestito, potremmo individuare 3 step principali. Il primo, e più immediato, riguarda le transazioni finanziarie. L’applicazione più semplice della blockchain sarebbe quella di realizzare un settlement in tempo reale per l’esecuzione delle transazioni con impatti positivi sui costi, sul livello di rischio e sulla disponibilità di capitale. Questo, tuttavia, potrebbe anche ridurre le commissioni andando a minare una delle principali fonti di reddito nel wealth management tradizionale.
Lo step successivo riguarda la protezione dei dati personali del cliente, così come del suo livello di rischio e della sua storia finanziaria. Gli strumenti basati sulla blockchain, infatti, possono garantire strumenti di protezione meno costosi e più semplici, grazie all’utilizzo di smart contract. Questo permetterebbe di aumentare l’efficienza in termini di scambio di informazioni e quindi di interazioni con i clienti più affidabili. Allo stesso tempo, blockchain faciliterebbe anche un più rapido on-boarding del cliente e il cambio di provider, riducendo così la fedeltà del cliente e le barriere per cambiare fornitore di servizi di WM.
L’ultimo step, quello più lontano nel tempo, consiste nell’offerta di criptovalute come asset di investimento alternativo. Inoltre, nuovi strumenti finanziari autonomi e veicoli d’investimento automatizzati, ancora una volta basati su smart contract, potrebbero sostituire le tradizionali funzioni di WM, come il portfolio management e la consulenza ai clienti, con il vantaggio di processi più snelli ed efficienti. Pochi soggetti coinvolti nella catena del risparmio gestito sembrano essere pronti, al momento, ad affrontare questo cambiamento. Ma ci sono dei segnali incoraggianti. In un sondaggio condotto da Deloitte tra maggio e giugno in Europa e Medio Oriente, più della metà delle aziende del settore financial services intervistate hanno affermato di avere un team dedicato agli asset digitali, DLT e blockchain e hanno nominato un senior executive per delineare la propria strategia, sviluppando prototipi, partecipando a consorzi di settore dedicati oppure investendo in società che lavorano con gli asset digitali. Gli intermediari devono affrontare questo cambiamento consapevoli […]
L’articolo completo è contenuto nel numero di Gennaio-Febbraio 2022 di FocusRisparmio Magazine. Per leggerlo scaricalo gratuitamente.
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