Morningstar mette la transizione energetica al primo posto nella classifica globale dei megatrend che hanno raccolto più risorse dai sottoscrittori. In Europa le masse in gestione dei fondi tematici energy transition sfiorano i 52 miliardi. La parola ai gestori
Sono 130, secondo il report Energy Transition Investment Trends di BloombergNEF, i Paesi che hanno fissato obiettivi di zero emissioni nette entro il 2050. Lo sforzo, secondo una ricerca commissionata dalla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (Unfccc), richiederebbe 125 trilioni di dollari di investimento. Intanto nel 2021, la spesa mondiale ha raggiunto i 755 miliardi e quella dei primi 10 paesi che hanno investito di più in direzione della transizione energetica ammonta a 561 miliardi dollari.
Una serie di investimenti che hanno già attirato l’attenzione degli investitori privati che riescono a prendere posizione su questo megatrend attraverso una serie di fondi tematici focalizzati sulle imprese coinvolte a vario titolo lungo tutta la filiera della transizione ecologica.
Morningstar, nell’ultimo report dedicato all’universo dei fondi tematici, mette la transizione energetica al primo posto nella classifica dei megatrend che hanno raccolto più risorse finanziarie dai sottoscrittori nel corso degli anni. Al 31 dicembre 2021 le masse gestite in Europa dei fondi tematici energy transition sfiorano i 52 miliardi di euro.
In termini di flussi il periodo d’oro dei fondi tematici su energy transition è stato a cavallo fra il quarto trimestre 2020 e il primo del 2021, ma gli investitori hanno continuato a sottoscrivere questi prodotti anche nel resto dell’anno.
“Fortunatamente”, afferma Ulrik Fugmann, gestore del fondo BNP Paribas Energy Transition, “gli afflussi non mostrano segni di rallentamento, nonostante il Covid-19 o il recente consolidamento dei prezzi nei mercati ambientali; le dimensioni del mercato sono infatti cresciute del 21% nel 2021 rispetto al 2020, in linea con i precedenti tassi di crescita annuali.”
Dall’oriente all’occidente
Nella top 10 stilata dal report redatto da BloombergNEF è interessante notare come la nazione che ha investito maggiormente in questa direzione nel 2021 sia la Cina, con 266 miliardi di dollari, coprendo il 35% della spesa mondiale. Lo stesso Paese che, secondo un’indagine di Global Carbon Project, è il secondo inquinatore globale — dopo gli States — dal 1850 a oggi, con la responsabilità dell’11% delle emissioni globali dei gas serra.
L’investimento cinese è aumentato rispetto al 2020 del 60% ed è seguito dagli Stati Uniti che hanno investito 114 miliardi di dollari in energia pulita, con un aumento del 17% rispetto all’anno precedente. Subito dopo Germania, Regno Unito, Francia.
Non stupisce quindi che la Cina sia molto presente nei portafogli degli investitori globali. “La Cina è sia leader che ritardataria nel campo della transizione energetica” spiega Fugmann, ”si tratta del paese che inquina di più e ha la maggiore esposizione al rischio di deprezzamento degli attivi a causa di un’infrastruttura di generatori a carbone di recente costruzione. Tuttavia, è anche quello che nel campo della transizione energetica investe più di qualsiasi altro Paese”.
L’Europa nel 2021 ha investito 219 miliardi di dollari in transizione energetica. Nonostante il Vecchio Continente sia storicamente e legislativamente più sensibili ai temi della transizione energetica, molti investimenti convergono ancora verso gli Stati Uniti. “Se guardiamo la ripartizione geografica per vendite” racconta Jennifer Boscardin-Ching, product specialist del team Thematic Equities di Pictet Asset Management, in relazione al fondo Pictet Clean Energy, “il quadro è molto più diversificato: circa il 38% è in Nord America, il 23% in Europa e il 27% nei mercati emergenti. Quindi, mentre molte delle aziende possono essere localizzate in Nord America, sono solitamente attive a livello globale in diversi mercati dove c’è una crescente domanda di prodotti sostenibili”.
Nei primi dieci Paesi per investimento green, compaiono anche teste di serie del mercato degli emergenti, come India (14 miliardi), Sud Corea (13 miliardi) e Brasile (12 miliardi), ma la transizione, lato emerging markets, è ancora debole come trend. “I mercati emergenti” specifica Fugmann “sono indietro nella transizione verso un sistema energetico a basse emissioni di carbonio, ma costituiscono un importante pilastro della decarbonizzazione globale”. “I paesi con un Pil pro capite basso che dispongono di maggiori risorse di combustibili fossili hanno un’esposizione maggiore alla transizione e un rischio più elevato di deprezzamento dei propri asset” conclude.
Gas e nucleare
Nel report di BloombergNEF figurano anche i settori maggiormente interessanti per gli investitori. Ovvero: energia rinnovabile per 365,9 miliardi di dollari, trasporto elettrificato 273,2 miliardi, calore elettrificato 52,7 miliardi.
“L’energia rinnovabile” racconta Fugmann “è stata il principale destinatario di investimenti ogni anno, ma nel settore della mobilità le alternative elettriche o a basso tenore di carbonio stanno rapidamente recuperando terreno. L’idrogeno e lo stoccaggio rappresentano oggi una fetta sottile della torta, ma presentano anch’essi grandi traiettorie di crescita, poiché rappresentano due delle soluzioni più promettenti per la conservazione dell’energia – un’esigenza molto sentita in settori in cui è difficile abbattere le emissioni come il trasporto pesante e i processi industriali, nonché per il bilanciamento domanda/ offerta nelle reti di distribuzione”.
In quarta posizione, nella classificazione del report, compare anche l’energia nucleare con 31,5 miliardi di dollari di investimenti. Questo tipo di produzione energetica è entrata da poco in tassonomia europea come sostenibile e i gestori si ritrovano quindi a un bivio: annoverarli tra le scelte di investimento sostenibili o continuare a escluderli.
“Non consideriamo l’energia nucleare o il gas naturale come parte dell’universo degli investimenti nel clean energy” afferma Boscardin-Ching. “Alcune aziende” continua, “possono aver ereditato attività tradizionali come il nucleare o il carbone e altri combustibili fossili. Per considerare idonee queste aziende, applichiamo i seguenti criteri”. Ovvero, “verificare che non ci siano più investimenti in conto capitale in crescita nel nucleare”, oppure che l’esposizione “a carbone, petrolio e nucleare combinati sia meno del 20% della valutazione dell’azienda”; e infine che la purezza dell’energia pulita dell’azienda sia “superiore al 33% e che sia in aumento”.
Boscardin-Ching conclude ricordando come la questione ancora divida gestori e protagonisti del mondo dell’investimento: “un esempio viene dal presidente della Banca Europea degli Investimento (“BEI”), che ha dichiarato di non voler più finanziare progetti nel gas e nel nucleare, indipendentemente dal risultato della green taxonomy”.
**
“Conoscere a fondo” è la rubrica di FocusRisparmio.com in cui passiamo al setaccio una specifica asset class su un orizzonte di investimento di medio-lungo periodo, coinvolgendo i gestori dei fondi top performer in un’analisi a più voci sui driver di performance e sulle prospettive di rendimento dei prossimi mesi.
La pandemia ha accelerato la crescita dei fondi tematici: il patrimonio globale è più che triplicato negli ultimi tre anni e oggi vale il 2,1% degli asset totali dei fondi azionari. L’Europa ha la fetta più grande di questo mercato
Il Consumer trends, come categorizzato da Morningstar nell’ultimo report dedicato all’universo dei fondi tematici, sfiora i 34 miliardi di masse in Europa per i prodotti che investono in questo megatrend
In Europa le masse dei fondi tematici Life sciences arrivano a 17 miliardi di euro. Morningstar mette questa categoria tematica fra i sette megatrend più popolari nei portafogli degli investitori europei
In Europa le masse dei fondi tematici su intelligenza artificiale e big data arrivano a 15 miliardi di euro. Morningstar mette questa categoria tematica all’ottavo posto fra i megatrend più popolari nei portafogli degli investitori europei
In Europa, a fine 2021, le masse gestite dai fondi tematici che investono nel megatrend Smart e Future Mobility arrivano a quasi 6 miliardi di euro. Il grande tema per lo sviluppo futuro del settore è l’abbattimento dei costi dei componenti, un passaggio su cui incidono anche trame geopolitiche
Iscriviti per ricevere gratis il magazine FocusRisparmio