“Sottopesare il debito pubblico italiano scelta vincente”
Parla il gestore del miglior fondo obbligazionario da inizio anno: “Un vantaggio sottopesare il BTP. La sostenibilità del debito Usa – al contrario – non è una preoccupazione immediata”
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“La politica monetaria della Bce deve sostenere la strategia di bilancio degli Stati membri in ogni modo, anche cancellando il debito contratto durante la pandemia o rinnovandolo in modo perpetuo”. Intervistato da Bloomberg, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Riccardo Fraccaro, ha ribadito la tesi sostenuta da diversi colleghi di partito, il M5S. Il dibattito è aperto, e già da alcune settimane, si è fatto sempre più acceso anche alla luce della presa di posizione (favorevole) del presidente del Parlamento europeo, David Sassoli, condivisa dal suo vice, il pentastellato Fabio Castaldo.
Allo stato attuale la stessa Banca centrale europea ha, a più riprese, bocciato l’ipotesi di cancellazione, perché vietata dai Trattati. Ma come stanno le cose da un punto di vista tecnico? “L’idea è sicuramente interessante nel contesto di un rapporto debito/Pil che per l’Eurozona è previsto al 102% a fine 2020 – spiega Alessandro Tentori, cfo di Axa Im Italia – Farei però una distinzione tra l’esclusione de iure del debito pubblico detenuto dalla Bce dalla definizione di Eurostat e la mutazione dei parametri del debito pubblico detenuto dalla Bce. Nel primo caso si tratterebbe di alterare la definizione contabile di una parte dello stock di debito pubblico, nel secondo caso invece si andrebbe incontro a un esercizio molto più complesso. In aggiunta, all’utilizzo come collateral nelle operazioni di erogazione di liquidità, il debito pubblico è una attività sul bilancio della Bce, precisamente alla voce 7.1 (“Titoli detenuti per finalità di politica monetaria”), a cui fanno da contraltare le riserve del sistema bancario”.
In sostanza, la criticità sta nel fatto che “una alterazione dei parametri del debito sovrano sul bilancio della Bce comporterebbe una alterazione delle riserve bancarie, con ovvie ripercussioni sulla liquidità del sistema e sull’economia”, aggiunge Tentori.
“A nostro parere – spiega Hendrik Tuch, Head of Fixed Income di Aegon Asset Management – la cancellazione del debito da parte della Bce o delle banche centrali dei singoli Stati rappresenterebbe una chiara violazione dell’attuale trattato Ue e non crediamo che una proposta di modifica possa raggiungere il quorum per l’approvazione”. Infatti, se la Commissione europea iniziasse la procedura per tale emendamento, si scatenerebbe l’insurrezione di molti paesi del Nord Europa, con la severa minaccia che questi abbandonino l’Unione o tentino di sbarazzarsi dell’euro. “Entrambe queste cose non sono semplici, ma l’esempio di Grecia e Regno Unito mostra che con una buona dose di determinazione si riesce a fare tutto” commenta Tuch che ricorda come “l’attuale programma implementato dalla Bce è già estremamente vicino a violare il trattato”, dato che gli acquisti dell’Eurotower stanno effettivamente supportando i deficit di bilancio dell’Eurozona. Nel 2020 e nel 2021, gli acquisti di titoli di stato della Bce supereranno le emissioni nette della Zona Euro, elemento che mostra come effettivamente la Bce stia perpetuando misure di finanziamento; anche se la tesi di Francoforte è che gli acquisti, in quanto effettuati unicamente nel mercato secondario, non costituiscano una forma di finanziamento diretta.
“Supponiamo però – spiega Tuch – che si possa cambiare il trattato e che i finanziamenti tramite politica monetaria diventino operabili a beneficio della coesione dell’Eurozona. Dobbiamo ricordare che la maggior parte dei titoli di Stato italiani acquistati dalla Bce sono detenuti dalla banca centrale italiana. La remissione del debito italiano creerebbe un’ampia posizione patrimoniale negativa per la banca centrale nazionale, indebolendo così la fiducia degli investitori verso i mercati finanziari del Paese. L’opzione migliore sarebbe la conversione dei titoli esistenti in obbligazioni perpetue zero coupon o il raggiungimento di un accordo tra il governo e la banca centrale per una ristrutturazione del debito che dilazioni la scadenza dei titoli in un periodo molto lungo (diciamo 99 anni)”. Ciò allevierebbe non poco la pressione sul debito italiano, ma potrebbe anche sfociare in un default dei Cds.
In questo quadro, dunque, la questione della violazione dei trattati sembra secondaria e “va considerato – conclude Tentori – che il debito pubblico non è un problema fintanto che gli interessi sul debito non eccedono la crescita del Pil nominale”.
“A nostro parere – conclude Tuch – l’aumento dell’indebitamento in tutta la Zona euro renderà necessario un lungo periodo di tassi bassi o negativi. Se i paesi del Nord Europa vorranno che la Bce sia in grado di normalizzare i tassi, dovranno permettere un flusso fiscale di trasferimenti fiscali attraverso il bilancio dell’Unione. Molto più semplice da operare rispetto a un cambio dei trattati e, secondo noi, gli elettori dell’Europa del Nord sarebbero a favore di un rafforzamento dell’UE attraverso tali trasferimenti”.
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