“I politici devono lavorare per noi”
È stato il monito di Sachs (Columbia University) nella conferenza che ha chiuso la tre giorni del Salone del Risparmio: "Devono smetterla di pensare alla poltrona e di rovinare il mondo"
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La crisi politica Ferragosto, seguita dalla costituzione di un nuovo governo, il cosiddetto Conte Bis, e soprattutto dall’avvicinarsi della temuta finanziaria, sono numerosi i punti interrogativi che si affollano nello scenario politico ed economico del Paese. Le prospettive sono incerte ma quanto meno, a giudizio di Francesco Daveri, docente di Practice of Macroeconomics e direttore del Full-Time Mba presso Sda Bocconi School of Management, si riparte “da una maggiore stabilità finanziaria” grazie alla “scomparsa dall’agenda politica italiana della ricerca dello scontro con l’Europa e con i mercati finanziari”.
Con quali effetti?
Prima di tutto a una riduzione dello spread. È bene considerare che uno spread più basso porta a un maggiore valore di mercato del debito italiano il che, in ultimo, migliora la qualità dei bilanci delle banche italiane.
Quali le sfide all’orizzonte?
Il ritorno a una crescita che non sia decimale. Un simile scenario oggi è ostacolato dal rallentamento dell’Europa che riduce il potenziale delle nostre esportazioni e dal mancato sostegno delle politiche di bilancio domestiche. Queste ultime infatti sono ancora inchiodate alla dottrina del sentiero stretto che consiste nel fissare un obiettivo di deficit che consenta una maggiore crescita economica senza compromettere l’obiettivo di riduzione del debito in rapporto al Pil. E in effetti la Nota di Aggiornamento approvata a fine settembre fa esattamente questo: indica un obiettivo di deficit “programmatico”, cioè obiettivo del governo, al 2,2% per il 2020. Tale obiettivo sfora rispetto all’1,4 che si sarebbe ottenuto nello scenario “tendenziale” cioè a legislazione vigente, facendo salire l’Iva e accettando la minore crescita dei consumi associata. Il maggiore deficit farà salire la crescita attesa per il 2020 dallo 0,4 allo 0,6% con una marginale riduzione del debito pubblico dal 135,7 al 135,2.
A suo giudizio quali sono le prospettive a medio termine?
Tutto dipenderà da due fattori: la capacità del governo italiano di intraprendere di nuovo una strada di spending review e l’auspicata semplificazione dei trattati europei e dei vincoli fiscali del patto di stabilità. In particolare, occorre eliminare il concetto di disavanzo strutturale e avere regole che usino il deficit effettivo depurato delle spese di investimento così da rilanciare la crescita potenziale e la competitività europea.