Novelli (Lemanik): “Dollaro al capolinea, puntiamo sugli emergenti”
Il gestore ha posizioni short sull'equity Usa e punta soprattutto sull'Asia, destinata a convergere con la Cina, e ha posizioni lunghe sull'oro. Ripresa a V? Un miraggio
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Una delle vittime di un 2020 difficile sarà assai probabilmente il dollaro, che secondo gli esperti è destinato a indebolirsi, promuovendo uno spostamento delle posizioni degli investitori verso asset alternativi (oro in primis). Gli esperti di T. Rowe Price osservano addirittura che il biglietto verde risultava sopravvalutato già a fine 2019, e che il fatto che la ripresa Usa sembri incerta, assieme alla chiusura del differenziale dei tassi di interesse (che rendeva il dollaro più attraente) e al minor peso nelle riserve globali non lascia ben presagire per le performance del prossimo futuro. E le altre valute?
Nel quadro generale pesa ovviamente molto il modo in cui le varie economie hanno accusato l’impatto della pandemia da coronarivus. “La pandemia ha rappresentato un caso in cui chi prima ne è stato colpito, prima ne è uscito”, commenta Anujeet Sareen, Portfolio Manager di Brandywine Global. Nel momento in cui Asia ed Europa sono state colpite per prime, spiega, “abbiamo potuto assistere ad una crescita relativa del dollaro. Il fatto che i tassi di interesse americani fossero più alti di quelli degli altri mercati sviluppati, e anche di alcuni in via di sviluppo, e la volontà di rifugiarsi su valute sicure sono altri due fattori che hanno favorito la forza del dollaro. Una situazione del genere, ovvero quella caratterizzata dalla possibilità di poter contemporaneamente contare su una delle monete più sicure al mondo potendo guadagnare grazie ai tassi di interessi alti, non poteva che comportare un afflusso di capitali verso il mercato del dollaro. Questi fattori che hanno spinto il dollaro in alto hanno però iniziato un processo di inversione”.
Con il biglietto verde destinato a languire per qualche tempo, l’esperto vede le opportunità più interessanti al di fuori della valuta statunitense, in particolare su “quei Paesi che a nostro avviso hanno affrontato la pandemia con maggior efficacia. Principalmente si tratta di mercati sviluppati, ma non mancano casi di mercati emergenti di qualità che hanno saputo gestire meglio la pandemia. Primi della lista, il dollaro australiano e quello neozelandese, la corona norvegese e quella svedese”, argomenta Sareen. Queste valute non solo hanno risposto bene alla crisi, ma potranno beneficiare di una ripresa della domanda globale grazie alla loro presenza nei mercati delle materie prime e al loro ruolo nel commercio.
Guardando oltre, Sareen ritiene che l’euro risulterà più attraente del dollaro anche per motivi politici. “L’Europa ha avviato azioni importanti per garantire un supporto fiscale ai Paesi membri. La Germania, per la prima volta, ha riconosciuto l’importanza dell’aiutare i Paesi europei in difficoltà, e non solo attraverso dei prestiti ma anche con finanziamenti a fondo perduto. Si tratta di un grande cambiamento per l’Ue, un passo in avanti verso l’unione fiscale, e un fatto positivo per la moneta unica”.
Sareen esprime inoltre un apprezzamento per la sterlina, perché la visione dei mercati sulla valuta è piuttosto pessimista, “e ciò la rende vantaggiosa in ottica di price-risk”. Altre valute che Brandywine guarda con favore “sono tutte legate alle economie di Paesi che puntano molto sulla produzione nel manifatturiero. La pandemia ha causato una recessione nel settore dei servizi. La parte dell’economia che potrà riprendersi più facilmente è proprio quella del manifatturiero, un settore che è meno labor-intensive ed altamente produttivo. La lista dei paesi che si fondando su questo settore includono Polonia, Ungheria e Repubblica Ceca, la Corea del Sud per quanto riguarda l’Asia e il Messico nel continente americano”, aggiunge Sareen.
Sul fronte opposto, tra le valute che dovrebbero essere approcciate con cautela o evitate il gestore cita “il peso filippino e, ancor di più la lira turca e il rand sudafricano”, che considera assai negativamente, anche se in generale ha una view positiva sulle valute emergenti. “Sebbene anche la Turchia dovrebbe beneficiare della ripresa della domanda globale, il Paese continua ad attuare politiche che consideriamo inflazionistiche. La Turchia sta attraversando un’espansione monetaria molto rapida a cui si accosta un’espansione del credito: riteniamo che queste condizioni mettano in dubbio la capacità della lira turca di performare”. Per quanto riguarda invece il Sudafrica, anche se l’esperto prevede dei benefici per il Paese dalla ripresa globale, sottolinea tuttavia che il programma di riforme politiche del Paese si è bloccato. “Con il deteriorarsi della situazione fiscale in Sudafrica, l’urgenza di queste riforme è aumentata ma nonostante questo non pare che si stia assistendo a dei progressi sul piano politico”, spiega Sareen.
Per John Stopford, portfolio manager della strategia Multi-Asset Income di Ninety One, sono le valute G3, cioè dollaro Usa, euro e yen, a non apparire attraenti diverse, perché le rispettive economie sottostanti “stanno tutte affrontando forze avverse”. In particolare, “il dollaro è diviso tra una valutazione costosa, da una parte, e una Federal Reserve, dall’altra, che sta tentando di arrivare a tassi di interesse molto negativi, rispetto a un contesto economico strutturalmente più dinamico di altri mercati sviluppati e ad una carenza globale di dollari Usa al di fuori degli Stati Uniti”, osserva Stopford.
Nel frattempo, l’euro si trova secondo l’esperto di fronte ad un’unione monetaria instabile mentre i flussi di risparmio tendono a uscire dall’area euro verso opportunità di rendimento più elevate, “anche se questo trend è probabilmente già incluso nelle valutazioni”. Infine, il Giappone sta affrontando venti contrari dovuti a una disinflazione strutturale, combinata con una politica straordinariamente accomodante: l’economia però – chiarisce l’esperto – rimane competitiva, lo yen è piuttosto economico e continua a offrire un potenziale di rendimento difensivo che potrebbe rivelarsi funzionale in caso di ulteriori dislocazioni del mercato.
“Al di fuori di queste valute, una moneta interessante è il renminbi cinese, poiché la Cina non solo sta continuando il percorso di riforme della sua economia con l’obiettivo di ottenere una crescita più sostenibile ma ha anche adottato politiche accomodanti in quantità minore di altri importanti blocchi economici in risposta al Covid19 e le dinamiche dei flussi sono positive, nonostante notiamo come questo si rifletta sempre più nella valutazione della moneta stessa”, argomenta Stopford.
Anche l’esperto di Ninety One vede opportunità selettive all’interno dei mercati emergenti, “nei quali la recente svolta nel trend della crescita globale e la politica aggressiva delle banche centrali dei mercati sviluppati favoriranno le valute ad alto rendimento reale, con tassi spot / tassi di cambio effettivi reali piuttosto economici, come la rupia indonesiana e il peso messicano”.
Stopford invece non apprezza la sterlina, benché economica: “riteniamo che la duplice sfida di una risposta poco efficace al Covid19 e la prospettiva di un’uscita disordinata e definitiva dall’Ue alla fine del 2020 la manterranno sotto pressione. Complessivamente – conclude – al momento abbiamo un rischio valutario attivo limitato nei nostri portafogli Multi-Asset Income”.