Valle (Generali Investments): “Opportunità sui bond periferici”
Per il gestore i rendimenti più interessanti si trovano sui titoli italiani, sui quali le prospettive sono buone, al netto dell'incognita delle elezioni di settembre
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Recovery Fund al di qua dell’Oceano e aumento dei contagi con relativa frenata della ripresa sull’altra sponda dell’Atlantico. Sono questi i due fattori principali che secondo analisti e gestori favoriranno una ripresa dell’euro nei confronti del dollaro nel corso del 2020 e del prossimo anno.
“Il pacchetto da 750 miliardi di euro sostenuto dai bond della Commissione Europea per aiutare le economie colpite dai lockdown potrebbe facilitare una maggiore integrazione fiscale. La ritrovata forza dell’euro potrebbe esprimere tutto il suo potenziale in particolare sul dollaro, a causa delle prospettive economiche più deboli al di là dell’Atlantico”, afferma Peter van der Welle, strategist del team global macro multi-asset di Robeco. Per l’esperto l’Europa sta unendo le forze per riprendersi dal forte impatto negativo del Covid-19. “In tal modo, probabilmente, si è anche innescato un catalizzatore in grado di sbloccare il valore della valuta comune, ovvero la prospettiva di un’effettiva integrazione fiscale”, assicura.
“Confermiamo la nostra opinione positiva sull’euro assumendo una posizione rialzista nei confronti del dollaro. Se da un lato riteniamo che una riduzione del premio al rischio sosterrà l’euro rispetto alla maggior parte delle valute, dall’altro vediamo un potenziale di rialzo soprattutto nei confronti del dollaro. Il tradizionale fattore trainante della forza del dollaro, ossia il differenziale dei tassi di interesse a breve tra il rendimento dei titoli di Stato a 2 anni in Usa e in Germania, è notevolmente diminuito”, aggiunge van der Welle, secondo cui un’altra ragione che spiega la potenziale debolezza del biglietto verde è il bilancio del governo americano, che avrà un deficit significativamente maggiore di quello dell’Eurozona nei prossimi anni.
“Infine, il dollaro si indebolirebbe anche nel caso in cui un’ulteriore integrazione fiscale della zona euro comportasse la creazione dei cosiddetti Eurobond. Dato che queste obbligazioni rappresenterebbero l’intero blocco, esse avrebbero probabilmente un rendimento più alto dei titoli di Stato tedeschi, riducendo ulteriormente il divario di rendimento con gli Stati Uniti. Se saranno effettivamente emessi gli Eurobond, sarà possibile una diversificazione dei flussi di capitale verso attività a basso rischio, il che sosterrà il tasso di cambio eur/usd”, conclude.
Anche per gli esperti di Societe Generale l’euro potrebbe rafforzarsi rispetto al dollaro nel corso del prossimo anno, a causa dei crescenti casi di coronavirus negli Usa che potrebbero indebolire l’economia più di quanto il mercato si aspetti, riducendo il divario di crescita con l’Ue. “Le previsioni di crescita per il 2020-2021 si sono ormai stabilizzate e il mercato pensa che il Pil degli Stati Uniti si ridurrà in media di circa la metà rispetto all’area dell’euro”, afferma Kit Juckes, strategist FX di SocGen, secondo cui “è un gap di crescita leggermente più stretto di quanto ci si aspettasse alla fine dello scorso anno, ma è ancora troppo ottimista sulla performance degli Stati Uniti”.
I leader Ue, nel frattempo, potrebbero non trovare un accordo sulla risposta fiscale al coronavirus nella riunione della prossima settimana, ma è improbabile che tale eventuale insuccesso indebolisca significativamente l’euro secondo gli strategist di Unicredit. “Non prevediamo una forte delusione da parte degli investitori e quindi una reazione negativa dell’euro, perché se non ci sarà alcun accordo in questa riunione, molto probabilmente ce ne sarà uno più tardi a luglio o a settembre”, puntualizza Roberto Mialich.
Analizza le prospettive per i mercati valutari sulla scia di un dollaro debole Peter Kinsella, global head of forex strategy di Union Bancaire Privée. “I tagli dei tassi della Fed da allora hanno eroso il vantaggio del carry del dollaro e il calo dei rendimenti dei titoli decennali Usa in particolare suggerisce che l’erosione dei tassi di interesse a lungo termine potrebbe essere permanente. A nostro avviso, con la stabilizzazione della ripresa economica globale, il biglietto verde si indebolirà leggermente in linea con l’inclinazione della curva dei rendimenti Usa”, sostiene puntualizzando che tale debolezza dovrebbe diventare più evidente nella seconda metà dell’anno e sarà di supporto sia per le valute dei Paesi del G10 ad alto beta sia per le commodity.
“L’euro beneficerà della ripresa economica globale, che riflette l’ingente contributo dell’Eurozona all’export mondiale – prosegue Kinsella -. Il recovery fund della Commissione europea non rappresenta una svolta per l’euro, ma frenerà i rendimenti dei Paesi periferici. Prevediamo che il tasso di cambio eur/usd potrebbe raggiungere quota 1,14 entro fine anno, principalmente a causa della debolezza del dollaro. La Bce non sosterrà un apprezzamento più rapido dell’euro, in ragione della fragilità dell’economia interna dell’Eurozona”.
Quanto alla sterlina, la persistente prospettiva di un fallimento dei negoziati con l’Ue potrebbe impedirne un forte apprezzamento materiale nelle settimane o nei mesi a venire. “Potrebbero aumentare anche le possibilità che la Bank of England applichi tassi di deposito negativi, il che sarebbe una novità assoluta per un’economia con un deficit delle partite correnti e, riteniamo, uno sviluppo estremamente penalizzante per la sterlina – spiega l’esperto -. La conclusione è che iniziano ad aumentare i rischi politici ed economici per la sterlina inglese e di conseguenza prevediamo che il cambio gbp/usd potrebbe scendere al di sotto di 1,20 nei prossimi mesi”.
Infine, l’inizio di una ripresa dell’economia globale e il miglioramento del sentiment di rischio implicano un modesto calo della domanda di valute che godono dello status di beni rifugio. Tuttavia, per l’esperto UBP lo yen e il franco svizzero saranno ancora soggetti a pressioni sottostanti al rialzo. Per quanto riguarda invece la valuta cinese, il grave deterioramento delle relazioni tra Stati Uniti e Cina suggerisce che se il governo Usa applicherà ulteriori sanzioni politiche l’apprezzamento del renminbi diverrà alquanto improbabile. “In caso di forti tensioni il tasso usd/cnh potrebbe salire a 7,40”, conclude.