La volatilità continuerà anche nel 2019
Le agitazioni del mercato si riflettono anche sul timore degli investitori che l’economia statunitense abbia raggiunto il picco della crescita e che una possibile recessione sia in arrivo
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“Che cosa osa potrebbe accadere se gli investitori, infastiditi dai rendimenti negativi dell’ultimo anno, volessero rientrare in possesso dei propri soldi? Da chi verrebbero comprati e a che prezzo i titoli presenti in questi enormi fondi?”. Se lo chiede Michele De Michelis, responsabile investimenti di Frame Asset Management, società indipendente specializzata in gestioni patrimoniali a ritorno assoluto.
“Il paradosso – spiega l’analista – è che verrebbe venduta nell’immediato la parte più liquida del portafoglio, quindi i mercati equity sarebbero i primi a scendere. Un po’ come quei personaggi comici che prendono lo schiaffo per colpa dei comportamenti di altri. Se però pensiamo a cosa è accaduto quest’anno ai fondi absolute return della GAM, sappiamo bene che sono i titoli illiquidi quelli che potrebbero causare veramente tanti danni, se dovesse venire meno il supporto degli Investitori. Pensate che soltanto nel solo mercato investment grade americano scadranno 600 miliardi nel 2019 e oltre 700 miliardi sia nel 2020 che nel 2021(oltre 2 trilioni di dollari in totale)”.
“Considerando che i tassi a breve in Usd sono intorno area 2,5 % – continua l’esperto – mi sembra evidente che le condizioni per rinnovare dovranno essere più vantaggiose rispetto al passato per chi compra e quindi, di nuovo, le aziende con cash flow negativi o grossi indebitamenti potranno soffrire particolarmente. Ecco perché bisognerà tornare a privilegiare sia azioni che obbligazioni di società con bilanci sani, magari con business noiosi, ma in buona salute finanziaria, che siano in grado di reggere un’ eventuale armageddon del credito”.
“Nell’immediato comunque dobbiamo sperare che Cina e Stati Uniti trovino un accordo, che ci sia una Brexit ordinata e che avvenga qualcosa che non sia prezzato negli asset. Non sarebbe male vedere una politica fiscale espansiva in Europa”, conclude De Michelis.