Mazziero allontana l’ipotesi di una tassa sul patrimonio degli italiani ma ammonisce dall’investimento in titoli del Tesoro: “Basta Bot-people, bisogna investire con la mentalità da imprenditore”
Maurizio Mazziero, osservatore e attento studioso delle finanze italiane
Patrimoniale si, patrimoniale no? Il dilemma che in questo momento passa per la mente di tanti italiani preoccupati per le vicissitudini che interessano il Paese dal punto di vista sia sanitario sia economico.
Per Maurizio Mazziero, osservatore e attento studioso delle finanze italiane – da diversi anni direttore di un Osservatorio sui conti pubblici italiani– per il momento non c’è motivo di preoccuparsi sull’eventualità di una tassa sul patrimonio degli italiani, per due precise ragioni.
La prima è che l’Italia, come altri Paesi della zona euro, al momento gode di una solida rete di protezione imbastita dalla Bce per far fronte all’emergenza coronavirus; la seconda ragione per cui gli italiani non devono temere la famigerata tassa patrimoniale, secondo Mazziero, riguarda i consensi.
“Prima di interrogarsi sull’eventualità di un’imposta patrimoniale bisognerebbe chiedersi a cosa potrebbe servire”, sostiene Mazziero, che individua due possibili sbocchi: “A mio avviso un’imposta di questo genere dovrebbe servire o per ripagare il debito pubblico aggiuntivo assorbito dall’emergenza, o per maggiori servizi ai cittadini, diciamo un ritorno del welfare state”.
Nel primo caso, spiega Mazziero a FocusRisparmio, l’entità della manovra dovrebbe aggirarsi intorno ai 500 miliardi, una cifra “insostenibile per qualsiasi governo, a meno che non si tratti di un governo tecnico”. Il secondo scenario, quello di un rinnovato welfare state, sarebbe accolto con maggior favore dalla popolazione, ma “richiederebbe comunque un costo che ad oggi i cittadini non sono in grado di sostenere viste le condizioni con cui usciamo dal lockdown”.
Dunque, lo Stato italiano per far fronte alle spese extra richieste dall’emergenza ha come unica via quella del debito pubblico, il cui stock aumenterà di circa 160-180 miliardi nel 2020, secondo le proiezioni dell’Osservatorio diretto da Mazziero, per arrivare fra i 2.550 (stima più conservative) e i 2.580 miliardi (stima meno conservativa) a fine anno.
Un ammontare di risorse aggiuntive che lo Stato recupererà facendo ricorso al mercato, con la Bce in prima linea. “Dei 2.018 miliardi di titoli emessi dal Tesoro, l’Eurosistema ne detiene largo circa 393 miliardi – comprati attraverso il Qe -, cifra che esprime circa il 20% del circolante totale emesso dallo Stato”, chiarisce Mazziero (mancano dal conteggio i titoli che sono e saranno ricompresi nel programma PEPP).
Ma la massa di debito pubblico aggiuntivo da qui a fine anno in cerca di sottoscrittori potrebbe ingolosire anche gli investitori privati alla ricerca di rendimenti sicuri. Bot e Btp sono un’alternativa di investimento valida? Anche in questo caso per Mazziero la risposta è negativa.
Investire con mentalità da imprenditore
L’agenda di emissioni del Tesoro da qui a fine anno è fitta: l’Ufficio Parlamentare di Bilancio ha stimato nuove emissioni lorde per 550 miliardi di euro mentre in periodi “normali” generalmente si superavano a fatica i 400 miliardi. “Una buona parte di queste emissioni andranno a rinnovare la parte di debito in scadenza – precisa Mazziero – mentre la restante parte andrà a finanziare il fabbisogno aggiuntivo dello Stato”.
Ci saranno quindi 150 miliardi di titoli in più fra Bot, Btp, Cct e titoli indicizzati all’inflazione. Un’opportunità per il risparmiatore?
“Oggi il rischio che grava su un Btp è inferiore grazie al paracadute della Bce; dall’altro lato però c’è da dire che il rendimento offerto è poco remunerativo”, dice Mazziero. “Ci troviamo in una situazione eccezionale, tuttavia se si investe su un orizzonte di medio-lungo periodo, ad esempio su un Btp decennale, bisogna tenere a mente che le condizioni di straordinarietà che valgono oggi, fra qualche anno potrebbero non valere più”.
Dove guardare allora? “Io sono un investitore con lo sguardo rivolto all’imprenditorialità. Ci sono delle aziende del segmento STAR e Mid che sono sane, pur avendo subito l’impatto negativo della crisi da coronavirus rimangono delle eccellenze in grado di poter fornire nel lungo periodo cedole e dividendi con un rendimento di tutto rispetto, molto più alto di quello dei titoli del Tesoro”.
“Gli italiani dovrebbero uscire dalla mentalità del reddito fisso – chiosa Mazziero – e dirigere il risparmio verso il vero motore di sviluppo dell’economia reale italiana”.
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