La Corte tedesca salva il Qe. Per ora
Francoforte ha tre mesi per chiarire che il programma non va oltre i propri poteri. In caso contrario la Bundesbank smetterà di partecipare. Le Borse rallentano, su lo spread
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La sentenza della Corte costituzionale tedesca è destinata a complicare notevolmente il compito della Banca centrale europea e rischia di aggiungere una spaccatura insanabile alla già fragile coesione politica dei Paesi dell’Eurozona.
L’ultimatum arrivato ieri dai giudici di Karlsruhe si riferisce al Pspp, il Public securities purchase programme istituito a metà del 2014 sotto la guida di Mario Draghi, ma nel caso in cui Christine Lagarde e colleghi non dovessero essere convincenti potrebbe avere pesanti ripercussioni anche sull’appena nato Pepp, il Pandemic emergency purchase programme, pensato per contrastare gli effetti devastanti del coronavirus.
La Bundesbank, azionista di riferimento di fatto dell’Eurotower, potrebbe infatti vedersi costretta a ritirarsi gradualmente dal piano di acquisti, ovvero a vendere i titoli di Stato acquistati nell’ambito del programma. Ma anche se la Bce dovesse riuscire a dimostrare che il proprio operato non va al di là delle competenze previste nei Trattati, questo episodio rischia in ogni caso di limitare i suoi margini di azione.
“Il Pepp avrebbe dovuto crescere di dimensioni e soprattutto la sua composizione era stata pensata per essere ‘flessibile’, cioè poteva prevedere l’acquisto di più titoli pubblici italiani se necessario. Ora potrebbe avere difficoltà a giustificare questa flessibilità… E forse anche a incrementare le sue dimensioni”, fa notare Florence Pisani, global head of economic research di Candriam, secondo cui tutto ciò indebolisce fortemente il ‘whatever it takes’ e mette anche i governi dell’Eurozona, che hanno ‘scaricato’ molto su Francoforte, di fronte alle loro responsabilità. “Sta a loro dire fino a che punto vogliono spingersi in termini di solidarietà”, sottolinea.
Per la Pisani si potrebbe anche sollevare un conflitto tra le norme nazionali e quelle europee, che va ben oltre la politica monetaria e avrebbe conseguenze per l’Unione. “Alcuni paesi come Polonia, Ungheria potrebbero fare altrettanto. Se la Corte Costituzionale tedesca può dire che la Corte di giustizia dell’Unione Europea ha oltrepassato il suo mandato, perché i tribunali di questi Paesi non dovrebbero poter fare lo stesso? Insomma, questa è una brutta notizia per l’Europa”, avverte.
Parla del peso politico della sentenza teutonica anche Colin Moore, direttore investimenti globale di Columbia Threadneedle Investments, che evidenzia come l’Alta Corte tedesca non abbia diretta giurisdizione sull’Eurotower e come quindi tecnicamente la sua sentenza non dovrebbe avere effetti particolari almeno nel breve termine. “Ciò detto – precisa –, ovviamente per il suo finanziamento la Bce si affida alla cooperazione con tutte le banche centrali, tra cui la Bundesbank. Dunque la sentenza ha un peso politico senz’altro significativo ma un’importanza pratica di breve termine meno spiccata. Le prossime pronunce avranno una maggiore influenza, ma è quella di ieri non potrà influenzare più di tanto la battaglia della Bce per contrastare gli effetti di Covid sull’economia dell’Eurozona”.
Insomma, un ultimatum che aggiunge nervosismo a una situazione già parecchio tesa. “Sicuramente la decisione della Corte esaspera le tensioni politiche in seno all’eurozona in una situazione già molto delicata” osserva William Davies, direttore investimenti Emea di Columbia Threadneedle Investments. “La contrapposizione è tra gli europei che vogliono che i Paesi della zona euro e l’Ue nel suo insieme uniscano le forze con decisione, e tra quelli che dicono: ‘facciamo attenzione a usare Covid come scusa per andare troppo oltre rispetto a quanto serve’. Abbiamo già visto queste tensioni nel corso dell’ultimo decennio, e sembrano destinate ad aumentare mentre attraversiamo questa situazione”.
Mentre quindi i mercati si interrogano sulle ripercussioni del braccio di ferro, il Consiglio direttivo della Banca centrale europea ha ricevuto un’informativa preliminare dal governatore della Bundesbank e dal dipartimento legale della Bce e ha quindi preso atto della sentenza della Corte costituzionale tedesca sul programma di acquisto di asset.
Il Consiglio, si legge in una nota, “rimane pienamente impegnato a fare tutto il necessario nell’ambito del suo mandato per garantire che l’inflazione salga a livelli coerenti con il suo obiettivo di medio termine e che le azioni di politica monetaria intraprese nel perseguimento dell’obiettivo di mantenere la stabilità dei prezzi siano trasmesse a tutte le parti del economia e in tutte le giurisdizioni dell’area dell’euro”.
Ma dalla sua l’Istituto di Francoforte ha la Corte di giustizia, che ha già avallato il Qe, e non manca di sottolinearlo. “Nel dicembre del 2018 – si legge nella nota di Francoforte – la Corte di giustizia dell’Unione europea ha stabilito che la Bce agisce nel rispetto del suo mandato di stabilità dei prezzi”.
Sentenza che evidentemente rassicura i mercati visto che lo spread Btp/Bund a metà seduta tratta in lieve contrazione a 242,714 punti base rispetto ai 244,972 della chiusura di ieri, nonostante il Pmi servizi dell’Italia si sia attestato a 10,8 punti dai 17,4 di marzo e le nere stime sul Pil 2020 dell’Italia arrivate da Bruxelles.
“La situazione resta indeterminata. La Bce può comunque cercare di dimostrare la proporzionalità e legalità delle sue mosse, e l’aspetto qualitativo delle obiezioni lascia margine di manovra nel dimostrare i risultati ottenuti. Ma certamente questo non è un esito ideale, per la situazione che crea, con un conflitto tra due Corti, e la Bundesbank in mezzo, obbligata a obbedire a entrambe”, afferma Giuseppe Sersale, strategist di Anthilia Capital Partners, puntualizzando che a tal proposito la Commissione ha già dichiarato che la legge Ue ha primato su quelle nazionali e le decisioni della Corte di Giustizia.
Lo strategist avverte però che la sentenza “va a ridurre il margine di manovra della Bce nel momento sbagliato, quando la flessibilità è fondamentale e probabilmente causerà analoghi processi nei confronti del Pepp. Infine è l’ennesima dimostrazione dei conflitti interni all’Ue e della conseguente farraginosità del suo processo decisionale”.
Inoltre, per gli analisti di Deutsche Bank, la decisione teutonica rende meno probabile un trend positivo dei titoli di Stato italiani. Nel breve termine, puntualizzano gli esperti, è probabile che la Bce continuerà a sostenere il mercato e deviare dal capital key, se necessario, ma i punti interrogativi di medio termine sollevati dalla sentenza ridurranno l’efficacia delle politiche della dell’Istituto di Francoforte.
La sentenza pone un dilemma per il futuro della politica monetaria dell’istituto centrale, affermano infine gli analisti di CreditSights. Per gli esperti quanto dichiarato dalla Corte rispecchia le preoccupazioni per la mancanza di un quadro di governance per gli Stati membri in merito ai programmi di acquisto di asset della Bce e il conseguente timore di una mutualizzazione del debito. “Sebbene la decisione non impedisca alla Bce di aumentare o estendere il programma di acquisto di emergenza pandemica, rende più difficile per la Banca adottare politiche più radicali”, concludono da CreditSights.