Serve un’azione forte e coesa contro il Covid-19 nella Ue
Che si tratti di Coronabond o emissioni dalla Bei o dal Mes senza condizioni, per Marco Fortis (Cattolica), l'Europa deve agire, per non condannare se stessa
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Coronavirus o no, i tempi per gli Eurobond non sono ancora maturi. Ne è convinto Filippo Alloatti, senior credit analyst iInternational di Federated Hermes, secondo cui l’EcoFin di oggi sarà dunque ancora una volta puramente interlocutorio. D’altra parte finora l’Ue ha agito in ordine sparso: gli aiuti fiscali sin qui annunciati si aggirano intorno al 3% del Pil della zona Euro, ai quali vanno aggiunte garanzie nell’ordine di quasi un quinto del prodotto, e gli interventi sono stati locali con iniziative dei diversi governi attese ad alleviare il conto economico delle rispettive pmi.
“I tempi per una (nuova) reincarnazione degli Eurobond, oggi chiamati Corona Bond non sono maturi, non sussistendo chiare regole di ripartizione di costi e responsabilità – afferma quindi l’analista -. A dire il vero non se ne sente neanche il bisogno se si guarda dove girano i Btp (rendimento 1.5% sul decennale), i Bonos spagnoli (0.7%) o i titoli governativi portoghesi (0.85%). Questi grazie anche al rinnovato impegno della Bce molto vicini ai minimi storici”.
Quanto al fondo salva-Stati, la discussione intorno al suo utilizzo o meno, con annesse condizioni, si annuncia politicamente rovente: “I 410 miliardi dell’Esm fanno gola, ma si capiscono le riserve di chi suggerisce il rispetto di alcune regole di buona gestione, ‘da buon padre famiglia’ almeno nel medio termine”, osserva Alloatti
Secondo l’analista, considerando il ruolo cardine delle pmi nel tessuto economico europeo e le loro previsibili difficolta nell’attuale congiuntura, l’utilizzo dei 25 miliardi della European Investment Bank che, con la leva, possono giungere a oltre 200 miliardi sembra preferibile. “Inoltre – conclude – le competenze atte a vagliare i piani di investimento delle imprese e il loro merito di credito risiedono in capo alla Eib”.
Gli Eurobond sono invece necessari, almeno per l’Italia, secondo Mazziero Research, secondo cui dopo il sensibile calo del Pil nei primi tre mesi, che prosegue anche nel secondo, si dovrebbe assistere a una forte ripresa nel terzo e nel quarto trimestre che verosimilmente potrebbe protrarsi almeno ai primi tre mesi del 2021. “I forti cali dell’attività avrebbero comunque inciso fortemente sul Pil in termini assoluti – si legge nel report -, tanto da non riuscire nemmeno su base annua a raggiungere i livelli del 2019 mantenendo un progresso del Pil annuale negativo”.
Naturalmente, secondo i tecnici di Mazziero Research, il recupero dell’attività produttiva avverrà con una certa gradualità e con alcune difficoltà derivanti dallo stop prolungato: le aziende si troveranno di fronte a diverse sfide tra cui il reperimento di componenti e materie prime, la ricostituzione delle scorte e il collo di bottiglia rappresentato dalla saturazione del settore trasporti. “Al tempo stesso è abbastanza plausibile che si assisterà a incrementi dei prezzi delle merci e dei servizi di trasporto – spiegano gli esperti -. È prematuro ipotizzare se tali incrementi tenderanno poi ad assorbirsi o diventeranno permanenti, recuperando il basso livello di inflazione degli anni recenti”.
Inutile dire che si tratta di dati altamente provvisori, sia per il continuo modificarsi delle misure di contenimento sia per l’effettivo dispiegarsi degli interventi messi in campo dall’esecutivo. “I provvedimenti governativi di sostegno sono realmente di ampia portata e accompagnati da ingenti finanziamenti. Il governo ha fatto tutto ciò che realmente poteva fare, resta comunque da valutare come tali misure potranno far ripartire ampi settori già sofferenti per gli effetti della guerra commerciale”.
Da non sottovalutare anche l’impatto sui conti pubblici, che vedranno un forte incremento del rapporto debito/Pil e che potrebbero in futuro mettere sotto pressione le condizioni di emissione dei titoli di Stato. “Diventa pertanto cruciale il poter accedere a una qualche forma di finanziamento comunitario – avvertono gli esperti -, anche accettando una condizionalità ridotta come ad esempio una garanzia del rimborso qualora uno Stato dovesse decidere di uscire dall’Unione Monetaria. Non possiamo infatti ignorare che un’emissione di titoli europei costituisca una garanzia in solido da parte di tutti i partecipanti e non si può nascondere che negli ultimi anni di condizioni di tassi favorevoli vi siano state nazioni capaci di abbassare il debito e altre che non abbiano nemmeno tentato di farlo”.