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Gli occhi restano puntati sulle banche centrali, ma anche il rallentamento della crescita inizia a far paura
Un’inflazione ai massimi da quarant’anni nei Paesi occidentali, che non accenna a rallentare visto il contesto internazionale, non poteva non pesare sul mercato obbligazionario. E le attese per una decisa stretta monetaria, già avviata negli Usa e vista come imminente in Europa, ha consolidato l’inevitabile aumento dei rendimenti, ormai in atto da un po’. Così mentre il T-bond decennale ha toccato in settimana il 3%, al di qua dell’oceano non va tanto meglio.
Il tasso sui decennali italiani ha superato il 3%, con lo spread Btp-Bund che ha toccato quota 200, ai massimi dal 2018. Ma la risalita riguarda tutti i bond europei, Germania compresa, il cui titolo in settimana è arrivato a rendere l’1%, il top dal 2014. Solo tre mesi fa, a inizio 2022, il bond italiano valeva l’1,2%, il Treasury l’1,63% e quello tedesco -0,1%.
Il mix d’altra parte è di quelli velenosi per i mercati obbligazionari. Mercoledì scorso Powell ha alzato di nuovo i tassi a stelle e strisce, di mezzo punto stavolta, e secondo le previsioni dei mercati la stretta proseguirà con altri 6 ritocchi nei prossimi 18 mesi, fino a portare il costo del denaro Usa in area 3%. In Europa, invece, Christine Lagarde e colleghi sono ancora in modalità wait and see, forti di un’inflazione core, cioè al netto dei beni energetici, al 3% (negli Usa è oltre il 5%). Ma anche per la Bce si avvicina il momento della stretta e gli analisti stimano che i tassi dell’Eurozona possano arrivare allo 0,5% entro fine anno.
Tutto questo mentre tutti, a partire dal Fondo monetario internazionale, stanno limando al ribasso le stime di crescita globali per il 2022 a causa della guerra Russia-Ucraina, delle strozzature delle catene di approvvigionamento, delle politiche monetarie più restrittive e della frenata cinese causa Covid.
“Il difficile atto di bilanciamento che l’Eurotower deve affrontare è aggravato dall’aumento dello stress rispetto agli spread sovrani dell’Eurozona, con i Btp a 10 anni che scambiano ora a 200 punti base rispetto ai Bund, il doppio del livello visto solo sei mesi fa – sottolinea Mark Dowding, cio di BlueBay -. La trasmissione non omogenea della politica monetaria in tutta la Zona euro sta quindi inasprendo le condizioni finanziarie per alcuni di quei Paesi in cui l’output gap è maggiore, minacciando una nuova divergenza nella performance economica”.
Per Dowding, se questo scenario dovesse manifestarsi, potrebbe giocare a favore dei partiti politici populisti, con gli investitori che iniziano già a concentrarsi sulle elezioni in Italia nel 2023. “In questo modo, un’imminente fine degli acquisti di asset da parte della Bce sta dimostrando che i rischi di disgregazione dell’Unione Europea non sono spariti: sono semplicemente rimasti inattivi”, avverte.
“I tassi in crescita continuano a far soffrire i rendimenti – osserva Michele Morra, portfolio manager di Moneyfarm -, ma con il Treasury americano intorno al 3% si aprono spiragli per rendimenti attesi di lungo termine superiori a quelli visti fino ad oggi e per una maggiore capacità di diversificazione di questa asset class nei momenti di maggiore stress. Anche l’appiattimento della curva dei tassi Usa fornisce degli spunti, con un rapporto rischio/rendimento del quinquennale americano più appetibile rispetto al decennale, grazie a una cedola simile e a un minor rischio duration”.
Yoram Lustig, head of multi asset solutions Emea di T. Rowe Price, invita invece a prendere sul serio la possibilità di una recessione negli Usa e, dunque, a prepararsi. “Sulla base dei nostri indicatori chiave una recessione negli Stati Uniti sembra sempre più probabile – afferma -. Nel frattempo, gli investitori dovrebbero considerare di mantenere il proprio portafoglio diversificato in ottica di elevata volatilità. I mercati tendono a valutare il rischio di una recessione prima che si verifichi e potrebbero diventare più turbolenti. La diversificazione, sia a livello globale sia tra le varie asset class, può aiutare a mitigare questa volatilità”.
“Se l’inflazione persiste e i rendimenti dei titoli di Stato continuano a muoversi al rialzo, questi ultimi potrebbero non svolgere il loro ruolo tradizionale di diversificazione del rischio azionario – mette in guardia Lustig -. Altri approcci, come le strategie conservative attive o una gamma più ampia di asset rifugio, potrebbero svolgere un ruolo difensivo nei portafogli”.
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