Verde e digitale, così è il portafoglio tascabile di Intermonte sim
“Guardiamo alle società che traggono vantaggi dal riposizionamento globale delle catene di approvvigionamento”. Tante Pmi italiane nella lista della spesa di Andrea Randone
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L’impatto del coronavirus sull’economia reale è stato devastante. Soprattutto a cavallo tra marzo e aprile, quando è scattato il lockdown. In piena emergenza, molte attività hanno dovuto abbassare la “saracinesca” e hanno visto i loro margini crollare. Ciò nonostante, grazie agli investimenti introdotti da tempo in nuove tecnologie, 6 aziende su 10 hanno saputo reagire alla crisi. E oggi, il 65% delle imprese prevede di tornare alla normalità entro un anno (il 23% entro 6 mesi). Intanto, il 14% ha già recuperato i livelli pre Covid, mentre il 12% ha riconvertito la produzione su altri settori o sta pensando di farlo.
È la fotografia sullo stato della manifattura italiana scattata dall’Osservatorio Mecspe (la fiera per il manifatturiero e l’industria 4.0). Lo studio è stato condotto, analizzando i dati del secondo trimestre 2020, da Grs Ricerca e Strategia su un campione di circa 500 aziende italiane del settore della meccanica, meccatronica e plastica. L’analisi rivela una fase transitoria, dove la fiducia sulla propria situazione aziendale sfiora la sufficienza, ma permangono scetticismo e incertezza verso lo scenario generale. Quasi due terzi del campione si dà massimo un anno di tempo per riprendere a pieno regime. L’innovazione resta la chiave di volta per ripartire, insieme alla formazione e all’inserimento di giovani specializzati e a un’attenzione crescente verso la sostenibilità.
Lo scenario
Il virus ha inciso inevitabilmente sulla performance delle Pmi italiane, impattando negativamente su quasi 9 aziende su 10. Se però il 14% degli imprenditori dichiara di essere già tornato pienamente alla normalità, e il 65% conta di farlo entro massimo un anno, l’indice di fiducia generale registrato dall’indagine posiziona lo stato d’animo delle imprese italiane (in una scala da 1 a 9) su un livello “medio” rispetto alla situazione attuale. Emergono segnali di forza e resistenza per quanto riguarda soprattutto la propria situazione personale, con metà del campione che si mostra prudente sull’andamento della propria azienda e un 35% che è positivo. L’indice, però, diminuisce gradualmente appena ci si sposta su tutto ciò che è fuori dal proprio controllo: al livello 5 troviamo, infatti, lo scenario economico internazionale e la situazione di mercato per il settore, mentre il giudizio scende ancora per il nostro Paese alle voci scenario economico e situazione occupazionale (livello 4) e per lo scenario politico (livello 3).
Digitali e innovativi…
Negli ultimi mesi c’è stata un’accelerazione verso il digitale da parte di chi è stato costretto a bloccare le attività di produzione (il 62% degli intervistati). Una spinta a cui 6 aziende su 10 si sono adeguate prontamente, sapendo reagire alla crisi grazie agli investimenti introdotti da tempo in nuove tecnologie, e alla messa in campo di strumenti utili al distanziamento sociale: piattaforme per la gestione da remoto di riunioni e meeting, adottate dal 36%, tecnologie di design per ridisegnare in ottica di sicurezza i nuovi spazi della fabbrica 4.0 (10%), sistemi virtuali che consentono il controllo da remoto di attività operative (7%), fino alle piattaforme di design collaborativo e di simulazione del processo produttivo per lo sviluppo dell’intero prodotto (5%) e alle App e software per localizzare e tracciare i percorsi delle persone presenti in fabbrica (4%). La resilienza delle aziende della manifattura, inoltre, traspare anche nella scelta di riconvertire la produzione su altri settori (12%), nonché nei provvedimenti tempestivi attuati nel corso della fase emergenziale. Entrando nel dettaglio delle tecnologie già introdotte o da introdurre entro il 2020 in azienda, gli investimenti si orientano su sicurezza informatica (76%), connettività (73%), cloud computing (53%), internet of things (46%), simulazione (44%), produzione additiva e big data (43%), robotica collaborativa e realtà aumentata/virtuale (36%), intelligenza artificiale (34%), materiali intelligenti (32%) e nanotecnologie (29%).
… e più sostenibili
La pandemia da coronavirus ha messo in crisi anche i tradizionali schemi di mercato adottati fino a qualche mese fa. Per superare questo momento e tornare a crescere economicamente, quasi 8 imprenditori su 10 ritengono sia importante puntare sulla sostenibilità. Tra gli aspetti su cui ci si sta già muovendo maggiormente, al primo posto risulta la riduzione dei consumi, indicata dal 61% dei rispondenti, seguita da progetti di responsabilità sociale (53%), da un’attenzione all’inquinamento e all’impatto ambientale, così come all’etica nel rapporto con fornitori e clienti (52%). Importanza attribuita anche al sostegno all’economia del territorio (35%), e all’ecosostenibilità dei prodotti (30%). La nuova fase, all’insegna della rapida corsa dei processi digitali, ha aperto di conseguenza nuove opportunità per inserire e formare più giovani in fabbrica. Se da un lato il 26% preferisce non prevedere al momento assunzioni di questo tipo, il 20% sta valutando di introdurre giovani specializzati nel campo delle tecnologie 4.0 provenienti da Its o Università, o già con un minimo di esperienza lavorativa. Il 13%, inoltre, sta predisponendo percorsi formativi interni ai giovani già dipendenti, mentre il 9% sta valutando di assumere anche senza una precedente formazione scolastica o lavorativa, predisponendo però percorsi formativi specifici interni.