Record dei fondi alternativi Ue: superata quota 2.000 miliardi
Erano 1.790 miliardi nel 2018. Dominano private equity e hedge fund. Regno Unito in testa. La frenata Covid? Ci sono già segnali di ripresa. Il rapporto Preqin-Amundi
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Nove anni fa, all’indomani della grande crisi finanziaria del 2008, in Europa vedeva la luce la disciplina dei gestori dei fondi di investimento alternativi (Aifmd), un framework legale creato dalle autorità europee per stabilizzare il sistema finanziario e aumentare il grado di protezione degli investitori al dettaglio.
“Diversi studi hanno dimostrato che fin dalla sua introduzione, la direttiva Aifmd ha aumentato la trasparenza degli asset manager nei confronti di investitori e regolatori”, ha detto Mairead McGuinness, commissario per i servizi finanziari, la stabilità finanziaria e l’Unione dei mercati dei capitali (Cmu) introducendo la conferenza virtuale ‘Review of the Alternative Investment Fund Managers Directive – the Way Forward’ pensata per mettere insieme le diverse anime del mercato (gestori, investitori e regolatori ndr) nell’ottica di supportare la Commissione nel compito di rivedere alcuni aspetti della disciplina.
Lo scorso ottobre, infatti, la Commissione europea ha lanciato due consultazioni che coinvolgono direttamente l’industria dei fondi alternativi: la prima ha ad oggetto la revisione del Regolamento sui fondi di investimento europei a lungo termine (Regolamento Eltif) e scade il prossimo 19 gennaio; la seconda riguarda la revisione di alcuni aspetti della disciplina dei gestori dei fondi di investimento alternativi e scade il prossimo 29 gennaio.
“Abbiamo l’opportunità di rivedere alcune parti della direttiva con l’obiettivo di migliorarla ulteriormente in vista dell’introduzione di una disciplina unica per i mercati finanziari europei (la Cmu, ndr) e stimolare la ripresa economica dopo la crisi legata al Covid19”, sostiene McGuiness.
Nel suo intervento introduttivo ai lavori, il Commissario loda la crescita dell’industria dei prodotti alternativi e la considera “fondamentale per la ripresa dell’economia nel post pandemia”, sottolinea però la necessità di potenziarne alcune parti. In particolare tre.
“Vogliamo continuare a supportare la crescita e la concorrenza dell’industria dei fondi alternativi, ma al contempo dobbiamo tutelare la stabilità finanziaria dei mercati europei, monitorare e rinforzare la protezione degli investitori verso qualsiasi potenziale rischio di shock futuri”, commenta.
La stabilità finanziaria. Così McGuiness: “Nonostante la volatilità di questo 2020 i mercati si sono ripresi grazie agli interventi della Bce. In generale l’industria del risparmio gestito ha mostrato buone capacità di recupero, ciononostante alcuni tipi di fondi hanno evidenziato difficoltà dovute all’illiquidità di alcuni sottostanti combinata con la struttura aperta del prodotto. L’insieme di questi esempi ha evidenziato l’importanza di saper gestire i profili di liquidabilità in uno scenario di volatilità degli asset sottostanti. Altre vulnerabilità individuate richiedono cautela e regole per rispondere con efficacia ai potenziai futuri shock del mercato”.
Protezione investitori. “Sappiamo che i cittadini europei sono grandi risparmiatori e si servono dell’industria della gestione per indirizzare il risparmio verso vie più remunerative. Una di queste è il mercato dei fondi alternativi che alloca il risparmio privato dei cittadini verso le compagnie che ne hanno più bisogno. Le Autorità regolano questo sistema per cercare da un lato di allargare il più possibile la platea di partecipanti a questo mercato, ma dall’altro deve trovare il framework legale più idoneo per proteggerli, sottolinea il Commissario europeo.
Integrazione e concorrenza. Ancora McGuiness: “Per creare un mercato più integrato e competitivo cerchiamo di migliorare l’Aifmd passport e di garantire un ‘terreno di gioco’ comune fra provider che offrono lo stesso tipo di prodotti e servizi. In tal senso, i nostri sforzi sono rivolti prevalentemente verso la delegation, in particolare nelle aree di gestione di portafoglio, e nel risk management. Anche qui, dobbiamo trovare il giusto equilibrio fra la mitigazione dei potenziali rischi e gli interessi di investitori da un lato e gestori dall’altro.
“Le principali vulnerabilità del framework Aimfd identificate dal Financial Stability Board sono due: il fund leverage (la leva finanziaria dei fondi, ndr) e il rischio di liquidità”, spiega Adina Gureau Audibert, head of asset management, AFG, l’omologa francese di Assogestioni.
Secondo l’esperta la leva finanziaria nei prodotti alternativi europei oggi è limitata, “secondo Esma meno del 6% dei fondi” cita Audibert ma, aggiunge, “c’è necessità di ricalibrare il sistema di calcolo della leva in un’ottica sempre più micro-prudenziale”, vale a dire tenendo in considerazione il valore a rischio del fondo.
Lo stesso approccio viene auspicato da Mike Mendelson, principal portfolio manager and member of the Executive committee di AQR Capital Management che nel suo intervento chiama in causa i fondi long/short e sostiene di non ritenere necessarie ulteriori limitazioni alla leva dei fondi alternativi: “Sosteniamo in gran parte l’approccio Iosco, che è su base asset per asset, magari con alcune rettifiche e aggiustamenti sulla durata”.
Sul fronte liquidità Audibert riconosce l’importanza di tenere sotto controllo l’allineamento fra liquidità degli investimenti da un lato e richieste di rimborso dall’altro, “ma allo stesso tempo – sottolinea – bisogna assicurare un tool adeguato di strumenti di gestione del rischio, che sia armonizzato fra le varie legislazioni europee”.
Steffen Kern, chief economist and head of risk analysis di Esma, interviene offrendo il punto di vista del regolatore macro-prudenziale: “le nostre priorità a questo riguardo, quando guardiamo alla stabilità finanziaria, sono il miglioramento del quadro di dati. Con dati di portafoglio più granulari saremo messi in condizioni migliori per affrontare situazioni gravi”.
E interviene sullo stato attuale dell’arte e su quello futuro: “Non è che non vi sia alcuna leva finanziaria nel settore. Nel mercato degli hedge fund, in particolare, vediamo numeri molto elevati su tutti i livelli, ma anche nei singoli fondi. Inoltre, il contesto di tassi d’interesse ultra-bassi e la continua ricerca di rendimento degli investitori può essere in grado di forzare qualche distorsione”, ammette, prima di concludere con una riflessione sulla Brexit. “Con l’uscita del Regno Unito usciranno dal nostro perimetro di vigilanza tutti i fondi di diritto britannico ma ciò non significa che spariranno anche i relativi rischi. Continueremo a monitorare la situazione”.
Dopo l’esperto di Esma la parola torna agli asset manager con Katherine Rainwood, managing director e head of fund legal presso Pemberton, che si sofferma sugli effetti sistemici dei fondi che investono nel private debt. “Alla domanda se i fondi di private debt siano fonte di rischio sistemico la mia risposta è ‘No’ perché, al contrario, aiutano l’economia reale – le società – a trovare vie alternative di finanziamento e al contempo permettono agli investitori di frazionare il rischio”. E l’esperta cita, a sostegno della sua tesi, diversi studi che dimostrano come l’intermediazione finanziaria non bancaria (quella dei fondi, ndr) ha giovato al sistema poiché “ha introdotto un elemento di concorrenza al tradizionale canale bancario oltre che ha sostenuto la crescita delle imprese picole e medie in un momento di credit crunch”.
La nota conclusiva del panel dedicato alla vigilanza è lasciata a Francesco Mazzaferro, a capo della vigilanza micro-prudenziale dell’Esrb secretariat, che sottolinea il lavoro di coordinamento sui dati di mercato svolto in sinergia con Esma e mette a fuoco il tema dello stimolo all’economia reale.
“Grazie al nostro lavoro siamo riusciti a ridurre il numero di fondo classificati come ‘Altri’ dagli intermediari dal 60 al 16% – sottolinea l’esperto – ora c’è ancora tanto lavoro da fare in questo ambito. In conclusione, Mazzaferro cita l’importanza di rendere più efficiente il meccanismo di portare nuovo capitale proprio alle imprese: “Le società sono sovra indebitate e vi è un enorme fabbisogno di capitale azionario nel settore societario. Vogliamo fare in modo che le aziende non escano indebolite dalla crisi Covid. E forse dovremmo riflettere insieme su quali fondi di investimento, in particolare, alcuni fondi di investimento alternativi potrebbero prestarsi a questo obiettivo”.
Sul punto della protezione degli investitori, la Commissione Ue ha chiesto l’opinione degli stakeholder, anche in relazione alla definizione degli investitori e sul livello di informazione richiesto per garantire a questi ultimi di assumere decisioni informate, alla luce di una revisione e di una armonizzazione che mirerebbe a rendere i Fia accessibili anche per il pubblico retail. La domanda principale del panel era infatti: le regole della Aifmd predispongono una protezione adeguata per gli investitori?
Aleksandra Mączyńska, Executive Director della Ong Better Finance ha dichiarato che al momento è difficile per un investitore individuale distinguere tra Fia e Ucits, sebbene il livello di protezione per gli investitori sia decisamente più alto per gli Ucits.
Marcus Mecklenburg, Director e Head of Legal di BVI, l’associazione tedesca dei fondi di investimento, dopo aver sottolineato che la Germania è il mercato più grande per i Fia, ha osservato che la direttiva Aifmd risente del fatto che le regole sono state scritte in risposta alla crisi finanziaria del 2008, e sono orientate quindi soprattutto alla stabilità del sistema finanziario. “Ciò non significa che la protezione degli investitori non sia stata presa in considerazione, al contrario, perché sul tema della tutela è sicuramente ispirata alla direttiva Ucits, ma appunto è solo una fonte di ispirazione, e non c’è stata un’adozione degli standard Ucits regola per regola”. Inoltre, sul fronte delle regole per il retail molto spazio è lasciato ai regolatori dei singoli Stati Membri. Mecklenburg ha inoltre denunciato un problema di “coerenza regolatoria”, su cui c’è molto da fare per evitare gli errori del passato, come le differenze e le incongruenze tra le regole degli Ucits e quelle dei Priips sul piano di distribuzione e consulenza.
Per quanto riguarda la definizione degli investitori, per Mecklenburg è un problema che l’Aifmd, pur ispirandosi alla Mifid, ma mentre quest’ultima riconosce tre categorie di investitori – e controparti qualificate, gli investitori professionali pubblici o privati e il retail – la Aifmd ne prevede solo due, gli investitori professionali e il retail. Ma c’è un divario molto ampio tra le due categorie, e nel retail apre un ampio range di investitori, quindi con una definizione troppo generica, mentre quella dei professionali è troppo rigida.
L’eurodeputato dei Verdi Sven Giegold, membro della Commissione per i problemi economici e monetari del Parlamento Ue, si è detto d’accordo sul problema della scarsa coerenza regolatoria, in particolar modo tra Aifmd e Direttiva Ucits, e ha auspicato che in futuro non si pensi a revisioni dei singoli atti legislativi in momenti diversi ma che si lavori in contemporanea a un Codice europeo finanziario unico, in modo da sbarazzarsi delle incongruenze. Giegold ritiene il livello di protezione della Aifmd adeguato, ma ha anche dichiarato che “è necessario poter prendere dei rischi per sostenere la trasformazione green, e per poterlo fare occorre mettere le persone nelle condizioni di poter assumere dei rischi, laddove ne siano consapevoli e siano in grado di assumerli. È importante che i rischi vengano capiti e che si eliminino gli incentivi a vendere rischi a clienti che non possono assumerli. Ma il problema secondo me è che nei vari testi legislativi abbiamo posto dei limiti per alcuni tipi di investitori a comprare determinati tipi di prodotti, anziché regolamentare la vendita, quando invece non dovremmo impedire agli investitori di prendere determinati rischi, anche elevati, che siano in grado di comprendere”.
Anders Strömblad, Head of External Management di AP2 (fondo pensione pubblico svedese) e parte dell’Aifmd working group, ha dichiarato che l’industria è favorevole agli sforzi della Commissione per costruire regole in grado di creare un mercato dei fondi di investimento più forte e solido, e ha dichiarato i Fia come un pilastro essenziale della costruzione del mercato unico dei capitali. Ma il primo problema che ha sollevato è che la direttiva Aifmd ha innalzato i costi e gli oneri sui gestori di fondi alternativi che si riverberano sui costi dei prodotti sui quali investono gli investitori istituzionali; il secondo problema sollevato è il livello di protezione predisposto per gli investitori istituzionali, che è eccessivo e impedisce l’accesso a determinate opportunità di investimento (“non abbiamo bisogno della stessa protezione necessaria per il retail”); il terzo problema è che “pensiamo che non abbia senso mettere insieme Aifmd e Ucits perché gli investitori professionali non hanno bisogno del livello di protezione predisposto dalla Ucits ma hanno bisogno di maggiore trasparenza nell’accesso ai fondi alternativi”.
Alla luce della revisione della direttiva Aifmd, quali sono i correttivi che possono rendere i Gefia (ossia Sgr, Sicaf e Sicav, società autorizzate alla gestione di fondi di investimento alternativi, ndr) altrettanto competitivi rispetto agli intermediari finanziari globali?
È la domanda che Sven Gentner, responsabile dell’asset management all’interno della direzione della Stabilità finanziaria e dei mercati dei capitali (DG FISMA) presso la Commissione Ue, ha posto ai relatori del terzo panel della giornata.
“Il quadro normativo introdotto dalla direttiva Aifmd è adeguato alle necessità del settore degli investimenti alternativi”, afferma Fabio Galli, direttore generale di Assogestioni. Che puntualizza: “Allo stesso tempo, le proposte normative dell’Ue tendono a essere piuttosto limitate in termini di effetti positivi sulla competitività degli operatori finanziari europei attivi a livello globale”.
Galli sottolinea la necessità di confrontare gli approcci normativi europei con l’esperienza di Cina e Stati Uniti. “I legislatori di quei paesi sono perfettamente consapevoli che la regolamentazione deve tenere conto anche della competitività degli intermediari, oltre alla protezione dei consumatori e alla stabilità del sistema a livello macro-prudenziale”, spiega. “Le autorità di regolamentazione cinesi, ad esempio, hanno una visione molto chiara di ciò che deve essere fatto per garantire che il settore finanziario del loro Paese continui a prosperare tra 10 e 20 anni”.
Ragion per cui, sottolinea Galli, a Bruxelles c’è bisogno di intavolare un dibattito sull’introduzione nei principi che guidano la regolamentazione dei servizi finanziari a livello europeo di un “terzo pilastro, la competitività del settore finanziario, al fine di promuovere economie di scala e innovazione all’interno del settore. Un test per questo nuovo approccio potrebbe essere la revisione dell’Aifmd”, conclude Galli.
“Aifmd ha portato stabilità normativa, non c’è bisogno di cambiamenti radicali” spiega Vanessa Casano, responsabile della divisione asset management dell’Amf, l’autorità francese dei mercati finanziari. “Capital markets union, Eu Green deal, i piani pensionistici paneuropei (Pepp, ndr): tutte queste soluzioni mirano a fornire finanziamenti all’economia reale, e sono state sviluppate nell’interesse dei cittadini europei anche grazie al rigoroso insieme di regole previste dall’Aifmd”. I Gefia europei competono in condizioni di sostanziale parità? Casano riconosce l’esistenza di un “problema, per i gestori non sufficientemente dimensionati, nel competere a livello internazionale”.
Secondo Patricia Volhard, partner di Debevoise & Plimpton, studio legale internazionale con sede a New York City, netti margini di miglioramento della Aifmd sono evidenti dal lato del regime di distribuzione transfrontaliera dei Fia. “Aifmd offre un buon quadro per il regime dei passaporti e la distribuzione dei fondi. Ma possiamo migliorarlo: meno burocrazia c’è, meglio è”, spiega Volhard.
“Dobbiamo ridurre il gap tra i fondi alternativi e il retail”, afferma Alexander Taft, managing director di Invesco Real Estate nel Regno Unito, secondo cui “la definizione di clienti semi-professionali può dare un grande aiuto alla competitività dell’industria”.
Aifmd “funziona molto bene sul versante degli investitori professionali e degli istituzionali, e non c’è bisogno di regole nuove o diverse”, concede Taft, che però vede “ulteriori margini di miglioramento nella definizione e nella progettazione di prodotti alternativi di tipo Esg”.
La regolamentazione “deve essere appropriata e proporzionata”, sostiene Dörte Höppner, chief operating officer di Riverside Europe Partners, società americana di private equity specializzata in piccole e medie imprese nei settori tecnologico e farmasanitario.
“Il private equity è vantaggioso per le Pmi. Perché ingessarne il funzionamento prevedendo stress test di liquidità? Hanno davvero senso per i fondi chiusi?” prosegue Höppner, ponendo una domanda che definisce come “lecita”, ma alla quale Casano risponde ribadendo che “gli stress test di liquidità hanno senso a tutti i livelli”.
“Dobbiamo comprendere che non solo il private equity, bensì l’intero settore dei fondi alternativi è globale e transfrontaliero – basti pensare al real estate”, interviene in conclusione Volhard. “Più riusciremo a riflettere questa realtà, più renderemo attraente l’industria dei fondi di investimento alternativi”.
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