Nel 2021 i family office puntano sugli investimenti alternativi
Più della metà prevede di aumentare l’esposizione al private equity. Piacciono anche hedge fund e infrastrutture. Ed è boom degli investimenti sostenibili. L'indagine BlackRock
7 min
Giovani, molto competenti, digitali e attratti dal private equity. Sono i family office italiani, un fenomeno relativamente recente nel nostro Paese ma in decisa in crescita, secondo la prima fotografia del settore scatta dalla School of Management del Politecnico di Milano e dal Centro sul Family Business Management della Libera Università di Bolzano, che ne ha contati 178, di cui quasi tre quarti (oltre 100) fondati negli ultimi vent’anni e 61 attivi dal 2011.
Stando alla ricerca, l’ultimo decennio è stato insomma dominato dalla nascita di nuovi single family office, società che forniscono servizi di gestione del patrimonio a una sola famiglia imprenditoriale, oltre la metà dei quali presentano un coinvolgimento di due o più generazioni del nucleo di riferimento. Con una preoccupazione al centro di tutto: la gestione finanziaria e il controllo contabile, da cui deriva una forte propensione all’outsourcing per tutti gli altri servizi, a rischio di tralasciare aspetti intangibili e strategici legati alla creazione di valore socio-emotivo e umano. Non solo: l’indagine ha anche svelato la nuova attenzione per il private equity ed il sempre più massiccio ricorso alle tecnologie digitali, nonostante non sfuggano le criticità legate ai rischi di attacchi informatici e alla gestione della privacy.
Nel prossimo numero, FocusRisparmio traccerà la mappa dei family office italiani, dando spazio ai maggiori e mettendo in evidenza le opportunità che questo tipo di business più offrire ai fund manager. In attesa, ecco i principali risultati della ricerca “La trasformazione del Family Office” targata PoliMi e Università di Bolzano.
Il fenomeno dei family office in Italia ha dunque registrato un’evidente accelerazione dal 2000. Oltre il 64% di essi ha sede in Lombardia, il 12% in Veneto e il 9% in Piemonte, seguono il Lazio (5,9%) e l’Emilia Romagna (4,7%). Le forme societarie adottate sono principalmente due, società a responsabilità limitata (57%) e società per azioni (40%). La popolazione censita include sia Family Office costituiti ex novo, sia organizzazioni fondate nel passato (14 sono nate prima del 1981) che sono divenute family office tramite l’ampliamento progressivo del portafoglio di attività e competenze.
La tipologia più “tradizionale” è il single family office (37% del totale), struttura controllata da una sola famiglia che è anche la destinataria delle attività e che nel 52,2% dei casi detiene ancora un’impresa; il 28,5% dei single family office si rapporta con il Consiglio di famiglia e il 57,9% è multigenerazionale, cioè di proprietà di due o più generazioni di imprenditori.
La forma più diffusa però (51,7%) è il multi-family office professionale, struttura formalmente indipendente, aperta al mercato, che raggruppa professionisti per servizi di consulenza e gestione del patrimonio a più famiglie (8 sono l’evoluzione di single family office che hanno aumentato la base clienti). Infine, ci sono le organizzazioni di origine bancaria (11,8%) che offrono soluzioni di private banking evoluto e/o di wealth management così personalizzati da risultare simili a quelle dei multi-family office.
Sugli investimenti, i gestori delle finanze di famiglia hanno le idee molto chiare: il 90% ha infatti effettuato almeno un investimento di private equity, con una netta prevalenza dello strumento club deal (utilizzato dall’86,2%) seguito dal co-investimento (78,5%), dall’investimento diretto (73,8%) e da quello indiretto (il fund investing, 61,5%).
Nei prossimi 12 mesi, circa il 64% prevede di effettuare tra 1 e 5 investimenti in questo ambito, e poco più del 15% ne ha pianificati oltre 6, mentre il 20% non ne farà, forse per l’incertezza legata al Covid. La decisione di puntare sul private equity viene presa soprattutto in base alla presenza di competenze avanzate e, per i single family office, alla scalabilità del modello di business, a prodotti/servizi già testati sul mercato e a obiettivi espliciti di impatto sociale ed ambientale, che invece in Italia non costituiscono ancora un aspetto trainante.
Numero di investimenti di private equity o venture capital pianificati per i prossimi 12 mesi
L’attività filantropica risulta spesso bloccata dalla bassa trasparenza dell’utilizzo dei fondi: mentre l’attenzione all’impatto sociale e ambientale degli investimenti o alla filantropia stanno influenzando in modo rilevante le strategie finanziarie in tutto il mondo, in Italia gli indicatori Esg (Environmental, Social and Governance) sono utilizzati in maniera discrezionale e saltuaria dal 59,1% dei family office, a fronte del 13,6% che non li considera affatto, e solo il 25% ha un approccio che si può definire almeno vagamente strutturato in termini di integrazione di tali obiettivi nel processo di investimento e di misurazione dell’impatto. Ciò è dovuto spesso al coinvolgimento di generazioni più giovani di imprenditori, sensibili ai temi di responsabilità sociale nella finanza.
Data la centralità delle attività finanziarie nei modelli di business, non sorprende che la protezione e la gestione del patrimonio in ottica di lungo periodo siano tematiche molto sentite, specialmente ora che i tassi di interesse nulli o addirittura negativi portano le famiglie a cercare ritorni più significativi, anche a fronte di rischi maggiori (e talvolta eccessivi).
Benché le componenti di public equity e rendita fissa restino predominanti, le asset class alternative come il private equity e il real estate hanno acquisito notevole rilevanza nel portafoglio di investimenti: diversi single family office arrivano ad avere più del 50% del capitale investito in asset class alternative. Anche i passion asset stanno emergendo, ma riguardano per lo più famiglie con membri specializzati nella collezione di opere d’arte, pietre preziose o auto d’epoca.
I family office italiani sono fortemente orientati ad accrescere il proprio organico: il 75% ha confermato di volersi ampliare nei prossimi tre anni, ma tra chi non lo farà oltre il 70% considera la collaborazione con attori esterni (outsourcing) una valida alternativa all’assunzione di nuovi professionisti. I canali di reclutamento attualmente più utilizzati sono le referenze e il passa parola da parte di altri professionisti dello stesso network. Più di due terzi (68%) hanno team interni strutturati e il 40,9%, per lo più family office professionali, raggruppa tra i 10 e i 20 professionisti: circa il 30%, in particolare i single family office e le organizzazioni di origine bancaria, non vanno oltre i 10, mentre solo il 10,6% supera i 30.
Le aree di competenza dei team dedicati (in genere tra i 2 e i 4) sono l’asset management e la gestione dei portafogli finanziari, ma c’è una crescente richiesta di servizi integrati in termini di pianificazione patrimoniale intergenerazionale. Infatti, le ragioni che portano una famiglia a decidere di costituire o di affidarsi a questo tipo di professionisti sono sostanzialmente: preservare il patrimonio socio-emotivo della famiglia, come l’identità e la storia imprenditoriale e lo sviluppo di una dinastia famigliare, e accedere a competenze chiave necessarie alla continuità e alla crescita del capitale, e a gestirne la complessità.
Non a caso il family office italiano è “finanza-centrico”, con un elevato grado di internalizzazione delle attività di natura finanziaria e del controllo contabile, mentre per gli altri servizi si affida all’outsourcing. Il comune denominatore sono le attività “core”, legate a definizione dell’asset allocation, monitoraggio degli investimenti, account aggregation e supporto nel passaggio generazionale.
I servizi dei family office riguardano quattro ambiti fondamentali: attività finanziarie, di advisory, amministrative e di reportistica, di supporto alla famiglia. Le attività finanziarie, legate ai processi di gestione, investimento e monitoraggio dei diversi asset, sono come si è detto quelle ritenute più importanti, in quanto direttamente legate alle decisioni di allocazione del patrimonio.
Le attività di advisory possono riguardare gli aspetti finanziari e di investimento patrimoniale, l’asset protection e la gestione del real estate, ma solo le prime non vengono mai demandate all’esterno in quanto strategiche e in oltre il 50% dei casi sono completamente internalizzate.
Le attività di supporto alla famiglia hanno a che fare con la continuità transgenerazionale – come la pianificazione dell’istruzione, non solo finanziaria, delle giovani generazioni, condotta da due terzi dei single family office ma solo dal 35,7% dei multi family office – e con la gestione della governance di famiglia (81%), in particolare dei consigli di famiglia. Anche la facilitazione del passaggio generazionale è compiuto del 91% degli intervistati.
Il futuro dei family office passa anche attraverso l’adozione delle tecnologie digitali, i cui principali vantaggi sono la possibilità di avere un monitoraggio costante e preciso della performance dei portafogli (finanziari e non) delle famiglie, un controllo più efficace dei costi e dei rendimenti, maggiore precisione nelle attività di rendicontazione e book-keeping. Infatti, ben il 92,8% possiede una piattaforma gestionale (nel 49,3% dei casi sviluppata internamente) utilizzata prevalentemente per il monitoraggio dei portafogli finanziari (81,7% degli intervistati) e la reportistica del patrimonio multi-asset, attività tanto delicate quanto costose specialmente per le famiglie multigenerazionali.
Si nota inoltre una sempre maggiore personalizzazione dei servizi digitali, che rispondono alle nuove esigenze perché abilitano modalità più efficaci di gestione dei dati, aprono la strada a ulteriori canali di comunicazione, consentono un efficientamento delle attività: integrare in un’unica soluzione software i flussi di dati provenienti sia dalla famiglia che dai provider (acquisizione dei flussi e data aggregation) è considerato un elemento cruciale.
Tuttavia, la mancanza di privacy tra family office e famiglia e l’esposizione a rischi di attacchi alla rete informatica preoccupano e ostacolano il processo. Sistemi di cybersecurity avanzati e adattivi avranno quindi un ruolo molto importante per evitare furti di dati, che metterebbero in grave pericolo la continuità del patrimonio famigliare attraverso le generazioni.
.
Vuoi ricevere ogni mattina le notizie di FocusRisparmio? Iscriviti alla newsletter!
Registrati sul sito, entra nell’area riservata e richiedila selezionando la voce “Voglio ricevere la newsletter” nella sezione “I MIEI SERVIZI”.