Come cambia il portafoglio se interviene la politica fiscale?
Uno stimolo fiscale in salsa europea potrebbe rinvigorire le banche e le aziende più sensibili alla spesa pubblica, favorendo un approccio di più breve periodo
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Whatever he could. Mario Draghi, con la sua politica monetaria, ha rappresentato la prima linea di difesa contro il persistente rallentamento dell’eurozona e ha varato a settembre un altro ampio pacchetto di misure. Ma nonostante le ambizioni della Bce, l’impatto diretto sulla crescita e sull’inflazione dei quest’ultimo bazooka potrebbe rivelarsi limitato. A mettere in guardia è Bill Papadakis, macro strategist di Lombard Odier, che sottolinea come il tasso sui depositi fosse già a un livello molto basso mentre la crescita del credito sia stata così forte che alcune autorità nazionali di regolamentazione hanno imposto delle misure macroprudenziali per prevenire eventuali eccessi.
“Un incremento della spesa degli Stati potrebbe avere un impatto più significativo – assicura lo strategist -. Tuttavia, il livello di coordinamento in termini di politiche monetarie e fiscali che sarebbe particolarmente utile per contrastare il rallentamento in corsa sembra semplicemente non esistere nell’Eurozona”.
Potrebbe essere imminente un cambiamento su questo fronte? “Evidentemente, un effetto critico (se sottostimato) del pacchetto di misure della Bce è la creazione di uno spazio fiscale – spiega Papadakis -. Gli acquisti continui di asset e i continui reinvestimenti significano che per lungo tempo permarranno tassi di interesse bassi per i titoli di Stato. La Bce ha dato seguito alla propria azione con grande retorica, chiedendo esplicitamente ai governi di attivare delle politiche fiscali. Questo sprone è stato rivolto principalmente ai paesi centrali che hanno ampio spazio fiscale ma che fino a questo momento non hanno avuto intenzione di utilizzarlo”.
Per l’esperto, la combinazione di una persistente debolezza economica e di costi estremamente bassi di finanziamento rende imprescindibile uno stimolo fiscale. “Sembrano emergere alcuni primi segnali incoraggianti su questo fronte – osserva -. Di recente il governo olandese ha annunciato misure di allentamento delle politiche fiscali pari a circa l’1% del Pil nel budget 2020, oltre che un piano pluriennale di investimenti per migliorare la crescita potenziale. I politici tedeschi rimangono riluttanti, ma vi sono segni che anche in questo paese il dibattito stia cambiando segno (il recente annuncio di un pacchetto pluriennale di misure contro il cambiamento climatico potrebbe essere la prima mossa in questa direzione)”.
Insomma, secondo Papadakis se da una parte la politica monetaria dell’eurozona ha spesso superato le aspettative, al contrario la politica fiscale spesso non le ha soddisfatte. “Non sembra probabile un cambiamento radicale, ma continueremo a tenere sotto osservazione i segnali di un possibile cambiamento, in quanto un atteggiamento fiscale più equilibrato potrebbe migliorare significativamente le aspettative di medio termine. È possibile che la situazione debba peggiorare ulteriormente prima che i segnali diventino più chiari: questo momento sembra però molto più vicino rispetto a quanto non fosse solo alcuni mesi fa”, conclude.