La Brexit dietro la volatilità dei fondi a tema Uk
Quando mancano meno di due mesi alla deadline definita per un possibile accordo economico, i fund manager dicono che investire in titoli britannici diventa sempre più rischioso
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Alla fine, il raggiungimento di un’intesa “light” tra Regno Unito e Ue alla vigilia di Natale ha scongiurato lo scenario più temibile, quello dell’uscita senza accordo. Uno sviluppo in larga parte atteso, ma che ha comunque rasserenato gli addetti ai lavori, che assegnavano comunque qualche probabilità a uno scenario di Brexit “no deal” dalle conseguenze nefaste per l’economia britannica. Pur nel sollievo generale, sugli effetti pratici del raggiungimento dell’intesa però le opinioni divergono, tra chi vede decisamente rosa per l’economia del Regno Unito nel prossimo futuro e chi ammonisce che un po’ di cautela è comunque d’obbligo: in parte perché l’accordo comunque è piuttosto scarno, in parte perché non bisogna dimenticare i pesanti strascichi della pandemia e il loro impatto sul Pil britannico.
“Il risultato dei negoziati sulla Brexit è in linea con il nostro scenario di base, affermato da tempo, sul raggiungimento di un accordo “leggero” sul commercio entro la fine dell’anno”, commentano gli esperti dell’Economics Research di Goldman Sachs, guidati dal senior economist Sven Jari Stehn. “Sebbene restino margini per qualche forma di disruption a breve termine legate alle barriere non tariffarie – pur ridotti rispetto a quelli che si sarebbero profilati in caso di ‘no deal’ – riteniamo che l’accordo attuale supporti la nostra view costruttiva sull’economia britannica nei prossimi anni. Assieme all’accordo raggiunto, ci sono tre fattori da considerare: una forte ripresa delle attività nei servizi dal secondo trimestre del prossimo anno; la nostra previsione che il 50% della popolazione britannica verrà vaccinata entro aprile 2021; le politiche monetarie e fiscali espansive. Tutto questo sostiene il nostro outlook per la crescita del Pil britannico nel 2021 (+7%, contro un consensus a +5.4%) e nel 2022 (+6.2, contro un consensus a +4.5%)”, sottolineano da Goldman Sachs.
Meno entusiasta la reazione di Quentin Fitzsimmons, gestore del fondo T. Rowe Price Funds SICAV – Global Aggregate Bond Fund, T. Rowe Price. “Il raggiungimento di un accordo ci allontana dal precipizio che tutti gli investitori temevano, quindi si tratta inequivocabilmente di uno sviluppo positivo”, dice Fitzsimmons, ricordando che “abbiamo visto il sollievo tradursi in un rafforzamento della sterlina e nel calo dei prezzi dei Gilt”. Tuttavia, prosegue, “come sempre avvenuto nella saga di Brexit, il diavolo sta nei dettagli. Il rischio che l’accordo venga percepito come troppo scarno potrebbe avere degli strascichi nel nuovo anno in grado di impattare sia sulla valuta che sulla fortuna politica di Boris Johnson, man mano che le conseguenze di Brexit continueranno a manifestarsi”.
L’accordo garantisce che non ci saranno dazi e quote sulle merci scambiate tra i due blocchi che rispettano le regole sulla certificazione dell’origine, anche se il Regno Unito dovrà comunque compilare i relativi documenti doganali. In caso di dispute non si ricorrerà alla Corte europea di Giustizia ma ad arbitrati, mentre sul fronte finanziario si rimanda a intese successive. Le procedure tecniche impongono il passaggio dai relativi Parlamenti, chiamati a lavori straordinari nella fine d’anno, per cui l’accordo scatterà dal primo gennaio in via provvisoria, in attesa della ratifica.
“La buona notizia è che un’uscita ‘no deal’ acrimoniosa e disruptive è stata evitata – commenta Malcolm Barr, chief UK economist di di JP Morgan Chase – ma la cattiva è che, secondo noi, pare che l’Ue si sia assicurata un accordo che le consente di mantenere quasi tutti i vantaggi delle relazioni commerciali con il Regno Unito, imponendo un quadro regolatorio che le permette di fare cherry picking sui settori sui quali i britannici avevano i maggiori vantaggi negli scambi precedenti. Questo si applica in particolare ai servizi, ma anche ad alcuni settori relativi alle merci”.
In ogni caso, come spiega Jeanne Asseraf-Bitton, Global Head of Market Research di Lyxor Asset Management, l’accordo non salverà l’economia britannica dalle ripercussioni immediate causate dal Covid-19, tenendo però la porta aperta a ulteriori (indispensabili) trattative. “I mercati sono sembrati sollevati dal fatto che il no-deal sia stato evitato, ma le reazioni sugli asset britannici, compresa la sterlina, sono state piuttosto tiepide, segno della mancanza di entusiasmo da parte degli investitori per un accordo per lo più in linea con le aspettative”, spiega Asseraf-Bitton. “L’accordo copre il delicato tema della pesca, con un taglio del 25% del valore del pesce catturato dalle imbarcazioni dell’UE, che sarà introdotto gradualmente nei prossimi cinque anni e mezzo (molto meno di quanto sperato dall’UE). L’allineamento normativo (il Level Playing Field) è stato affrontato, ma altre questioni sono rimaste irrisolte”, aggiunge l’esperta.
Per esempio, non aver deciso sulle questioni finanziarie fa sì che le istituzioni britanniche, dal primo gennaio 2021, perderanno i passporting rights. E anche se gli scambi commerciali saranno esenti da dazi, “sono apparse barriere materiali non tariffarie. Il Regno Unito si è assicurato il diritto all’autonomia normativa. Le aziende dovranno pagare due volte il costo normativo per la certificazione (UK e UE) per la conformità agli standard delle merci ed eventualmente produrre merci diverse per ogni mercato”, sottolinea Asseraf-Bitton.
Per quanto riguarda l’impatto sull’economia britannica, secondo. Asseraf-Bitton le barriere non tariffarie al commercio, in un momento in cui le restrizioni legate al Covid-19 hanno causato notevoli ritardi alle frontiere, “potrebbero ridurre fino all’1% l’attività del Regno Unito. Nel complesso, il Pil reale del Regno Unito dovrebbe subire una contrazione dell’11% nel 2021 (opinione diffusa di Bloomberg).
Non solo. L’accordo solleva l’incertezza e mantiene la porta aperta ad ulteriori – e necessarie – trattative. Tuttavia, la Brexit influenzerà probabilmente l’economia del Regno Unito, che è già stata colpita dalla pandemia.
“In questa fase non raccomandiamo di aggiungere rischio e preferiamo mantenere una posizione neutrale sugli asset britannici a basso prezzo. Abbiamo chiuso la nostra posizione tattica lunga su GBP/USD pochi giorni prima dell’accordo. La nostra posizione su Gilt e Bund rimane neutrale, alla luce dei rischi a breve termine sull’attività accresciuta dalla pandemia e dalle relative restrizioni”, conclude Asseraf-Bitton.
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