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“Dopo la ripartenza dei Pir, è ora di spingere i panieri europei, se si intende dare ulteriore linfa all’economia reale”
Come si fa a dare gas gli Eltif? La soluzione, incredibilmente sotto gli occhi di tutti, ma praticamente lontanissima, è l’estensione a questi strumenti dell’esenzione fiscale riservata ai Pir. L’appello arriva da Luigi De Bellis, co-responsabile ufficio studi di Equita, secondo cui gli European Long Term Investment Fund possono di fatto svolgere un ruolo complementare rispetto ai Pir nel dare un boost alle piccole e medie imprese, in maniera effettiva anche a quelle non quotate o a quelle in fase di startup. Perché trattandosi di fondi chiusi permettono di investire in strumenti finanziari alternativi, come il venture capital e il private equity.
In questo modo, inoltre, si salverebbero capra e cavoli: il venture capital che è stato estromesso dai Pir con la legge di bilancio 2020, dopo esservi entrato (solo in teoria) con una quota del 3,5% nel 2019, rientrerebbe dalla finestra e a buon diritto da un Eltif.
“In effetti la norma che introduceva il Vc nei Pir si è dimostrata troppo restrittiva perché non consentiva di rispettare i vincoli su liquidità e valutazione che sono tipici dei fondi Ucits aperti. Al contrario, il Vc è un tipico esempio di investimento alternativo che può essere indirizzato dagli Eltif e che va incentivato allo stesso modo”, spiega De Bellis.
Dunque, la natura ibrida di quella norma ha causato nel 2019 un completo blocco del mercato dei Pir, che dopo aver raccolto poco meno di 15 miliardi nel biennio 2017-2019, hanno segnato deflussi vicino al miliardo. Ora ripartono, senza startup, ma con la prospettiva di raccogliere nell’anno appena iniziato tra i 2,5 e i 3 miliardi.
Ma per attrarre investitori anche sugli Eltif il primo passo da compiere sarebbe, secondo l’analista, quello di estendere i benefici fiscali dei Pir anche a questi strumenti. Il riferimento è all’esenzione fiscale per chi detiene il paniere per almeno cinque anni, “cosa peraltro che era stata prevista dal Decreto Crescita, ma per la quale manca l’ok della Commissione europea. Dagli Eltif possono arrivare ulteriori 5-7 miliardi di euro di flussi ogni anno”. Una bella boccata di ossigeno per chi fa impresa e continua ad avere difficoltà a trovare credito presso le banche che hanno ridotto le erogazioni dal 2011 a oggi da 914 miliardi di euro a 668 (secondo Bankitalia).
D’altro canto la mole di risparmio degli italiani (sempre secondo Banca d’Italia, 4.287 miliardi di euro di cui 1500 parcheggiati su conti deposito) può, se opportunamente incentivata, essere indirizzare a coprire i gap di un sistema in cortocircuito.
Se i Pir contribuiscono a creare un mercato di Borsa virtuoso, attirando gli investitori internazionali e spingendo le quotazioni in numero e in valore del flottante medio, il fronte Eltif può aprire nuove orizzonti.
“L’Eltif – continua De Bellis – è un fondo chiuso di lunga durata, superiore ai cinque anni, che investe almeno il 70% dell`attivo in PMI quotate e non quotate, con capitalizzazione inferiore ai 500 milioni, e include come asset ammissibili equity, quasi-equity, strumenti di debito, quote di altri ELTIF”. In quanto fondo chiuso, dunque per sua natura illiquido, l’Eltif presenta delle caratteristiche di rischio superiori, eppure il legislatore fissa la soglia di ingresso a 10mila euro, una cifra compatibile con una clientela retail.
“Riteniamo che la struttura (chiusa) prevista da questi strumenti rappresenti una soluzione efficace per convogliare capitali verso investimenti a lungo termine nell’economia reale, in particolare a supporto delle piccole e medie imprese, che spesso incontrano difficoltà a reperire risorse finanziarie e rappresentano la spina dorsale dell`economia italiana; stimolare la comparsa di nuovi fondi specializzati nelle PMI italiane; e migliorare la liquidità del mercato soprattutto con riferimento alle small-mid cap”, conclude De Bellis.