“Opportunità di investimento nel settore delle malattie rare”
Per LGIM gli incentivi stanno spingendo le compagnie farmaceutiche a fare ricerca in questo campo, e i medicinali potrebbero generare un giro d'affari attraente
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Il biotech è uno dei settori a maggiore potenziale di crescita, non solo a causa della emergenza sanitaria in corso legata all’esplosione del Covid-19. Sono infatti numerosi i driver di crescita che potrebbero mettere le ali al biotech nei prossimi anni. “Si prevede che il mercato del biotech possa crescere del 7,5% all’anno fino al 2025 e superare i 700 miliardi di dollari”, sostiene in merito Matteo Avigni, fund manager quantitativo di Pharus Sicav che punta, tra i sottosettori del biotech, su oncologia, malattie neurologiche e malattie infettive.
L’invecchiamento della popolazione ha evidenziato sempre di più il ruolo fondamentale del settore e l’imprescindibile futuro aumento degli investimenti nel mercato delle biotecnologie legato, a sua volta, all’incremento della domanda di servizi sanitari. Il costo per curare una persona di oltre sessant’anni anni è tre volte superiore a quello di una persona di età compresa tra i 18 e i 44 anni. Dall’altro lato la tecnologia rappresenta il driver e acceleratore della crescita del settore come dimostra per esempio Ibm, che con Watson for Oncology è capace di diagnosi rapide e proposte ottimali di trattamento.
Sì, il consolidamento è destinato ad aumentare nei prossimi anni. Le società biotech sono per natura aziende in cui l’R&D rappresenta il driver principale di crescita. Basti pensare infatti che queste società evidenziano delle percentuali di R&D sulle revenue superiori al 40% e decisamente maggiori rispetto alla media di mercato. Il forte sviluppo del settore ha guidato il suo consolidamento, il volume di M&A del 2019 è infatti salito a 240 miliardi di dollari, quasi 4,5 volte la media dei volumi degli ultimi dieci anni (52,9 miliardi di dollari).
Il biotech rappresenta il fulcro della ricerca medica. Si tratta di un settore eterogeneo ma l’eterogeneità ha un effetto molto positivo sulla diversificazione di portafoglio: essere investiti su diversi sottosettori permette di cogliere al meglio tutti i motori di crescita del settore biotecnologico.
Siamo concentrati sulle medium e small cap statunitensi. Si consideri che proprio negli Usa si genera tre volte il numero di brevetti dell’Europa. La nostra strategia prevede l’equipeso dei singoli titoli, tenendo conto della liquidabilità delle posizioni. Questa scelta deriva dal desiderio di ridurre l’esposizione nelle big-biotech che pesano molto all’interno dei tradizionali indici biotecnologici pur mostrando profili di crescita inferiori rispetto alle piccole società. Queste ultime sono poi le maggiori beneficiarie delle operazioni di consolidamento.
Seguiamo sempre con grande interesse lo sviluppo del mercato biotecnologico italiano composto da quasi 700 aziende, di cui l’80% e di piccola o micro-dimensione. Crediamo tuttavia che la bassa incidenza strutturale dell’R&D in Italia sia un forte limite per lo sviluppo del settore.
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