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Contesto migliorato dopo il Covid, ma non per tutti i Paesi. Pesa la crescita del debito a livello globale. Aumenta il rischio di credito per Mosca. La mappa dei rischi 2022
A due anni dall’inizio della pandemia, il contesto macroeconomico globale è in progressivo miglioramento, seppure in maniera differenziata tra i Paesi. Prosegue infatti la crescita del commercio internazionale di beni, che è tornato su volumi superiori a quelli pre-crisi, ma i rischi all’outlook globale restano comunque significativi. In particolare, l’attenzione è sugli effetti del conflitto scatenato dalla Russia in Ucraina. Emergono luci e ombre dalla Mappa dei rischi 2022 di Sace, il cui mappamondo interattivo online, giunto alla XVI edizione, delinea i profili di rischio per le imprese che esportano e operano in 194 mercati esteri.
“La mappa evidenzia una generale stabilità dei rischi del credito globali. Non si registra infatti un ulteriore significativo peggioramento del quadro – spiega Alessandro Terzulli, chief economist di Sace -. Non c’è stata però l’auspicata inversione di tendenza del peggioramento registrato nel 2021 e, anzi, vi sono anche stati casi di ulteriore regresso. Come in Etiopia e in Sudafrica e fino alla stessa Cina dove è peggiorato soprattutto il rischio del credito corporate. Per quanto riguarda i rischi politici si evidenzia un ulteriore peggioramento rispetto allo scorso anno in particolare tra i mercati emergenti e soprattutto nella determinate della violenza politica. Come ad esempio in Etiopia, Bolivia, Tunisia e Bielorussia”.
Cresce il commercio mondiale, Pil 2020 in frenata, restano rischi
Nel 2022 l’incremento del Pil mondiale è atteso al 4,2%. “Prosegue la crescita del commercio internazionale di beni, che è tornato su volumi superiori a quelli pre-crisi, ma i rischi all’outlook globale restano comunque significativi”, scrivono i tecnici della società statale che si occupa di assicurazione delle imprese italiane nelle transazioni all’estero, evidenziando una generale stabilità del quadro dei rischi del credito globali, senza però un’inversione di tendenza dopo i marcati incrementi dello scorso anno.
A pesare è “la dinamica di crescita del debito a livello globale degli ultimi anni”. Il rischio di credito cresce in Ucraina (da 81 a 90 su 100) e in Russia (da 62 a 70), come conseguenza della guerra in atto. Aumenti anche per Tunisia (da 86 a 90), Etiopia (da 75 a 88), Turchia (da 82 a 83) e Cina (da 44 a 48).
Le principali geografie avanzate presentano un profilo creditizio sostanzialmente invariato. Il protrarsi della pandemia non consente ai Paesi di muoversi in una direzione di consolidamento dei conti pubblici, seppure alcuni tra quelli più fragili nel 2021 presentino una timida inversione di marcia come la Grecia. Il Covid-19 per le società non finanziarie di alcuni Paesi rende ancora difficile la ripresa come in Austria, Irlanda e Israele. Resilienti Regno Unito e Spagna, grazie anche al rafforzamento delle politiche macro prudenziali, con risultati visibili anche nei contesti a maggiore incertezza nella fase pre-pandemica.
Per gli esperti, la ripresa mondiale è stata trainata da solide condizioni di domanda a cui, però, si sono contrapposte criticità dal lato dell’offerta. Tali squilibri hanno generato pressioni al rialzo sui prezzi. Tuttavia il volume del commercio mondiale di beni è andato oltre il recupero della perdita dello scorso anno, superando i livelli pre-pandemici e, nel 2022, è attesa una crescita del 4,8% (dopo il +11% in media stimato per il 2021), mentre per i servizi la crescita prevista di circa il 15% non consentirà il pieno recupero della perdita del biennio 2020-21. Non passano però inosservati, avverte Sace, l’aumento della povertà e delle disuguaglianze sociali.
Aumenta il rischio di credito in Russia
Quanto al conflitto scatenato da Vladimir Putin in Ucraina, gli esperti avvertono che nonostante un solido quadro fiscale e di riserve valutarie, le sanzioni imposte da numerosi Paesi “ostacolano i pagamenti nelle relazioni commerciali con l’estero, impattando di conseguenza il rischio di credito delle controparti pubbliche e private della Russia”. “Gli effetti della crisi – si legge – si riflettono anche sul rischio di credito dell’Ucraina” e più in generale “in Europa emergente e CSI il rischio di credito risente della pesante escalation”.
Insomma, il contesto politico in Russia non può non risentire del quadro sanzionatorio, attuale e atteso, e delle possibili risposte del Cremlino. “In particolare -precisano gli analisti – l’incremento del rischio di trasferimento è dovuto alle limitazioni alla disponibilità delle ingenti riserve valutarie del Paese, che potrebbero ulteriormente acuirsi a seguito dell’esclusione dal canale Swift del sistema finanziario russo”. In aggiunta, pesa sul rischio di convertibilità la recente adozione, da parte russa, di misure di controllo sui movimenti di capitali in valuta estera. Aumenta anche il rischio di esproprio, sulla scia delle eventuali possibili ritorsioni sugli investitori internazionali per le sanzioni imposte a Mosca, traducendosi in azioni di confisca, senza adeguate compensazioni, o in eventi di creeping expropriation.
L’Ucraina, invece, sconta in maniera evidente l’intervento militare della Russia. Per Sace “i reali impatti sull’economia non sono chiaramente noti, trattandosi di un evento in corso e in continua e repentina evoluzione, ma non è difficile immaginare che anche in presenza di una risoluzione rapida del conflitto, le controparti nel Paese saranno più in difficoltà a onorare i propri debiti”. Va considerato, comunque, il supporto finanziario internazionale a favore di Kiev.
“E’ difficile pensare che l’economia russa non andrà in recessione, secondo le prime stime potrebbe essere circa il -3%”, per le imprese italiane investitrici sul mercato russo “non ci saranno effetti catastrofici, ma risentiranno di questa recessione. Le imprese italiane che detengono partecipazioni in Russia sono circa 750”, sottolinea Terzulli. “La banca centrale russa – osserva – ha operato un fortissimo aumento dei tassi di interesse, ora al 20%, il rublo si è svalutato di quasi il 50% da mercoledì scorso. Non essendo uno scenario di risoluzione breve, l’economia russa potrebbe tornare in ripresa nel 2023, ma sarà una ripresa debole”. “Nell’area euro -conclude Terzulli – ci sarà un impatto, fortunatamente non così pesante. Avremo un rallentamento ma la crescita rimarrà, anche in Italia. E’ difficile oggi pensare a un’inversione di tendenza”.
Clima, rischi in crescita per Asia e Africa subsahariana
Il rischio di cambiamento climatico continua a evidenziare segnali di incremento, in particolare nelle regioni asiatiche e dell’Africa Subsahariana. Secondo gli esperti, le evoluzioni negative del clima, e il loro impatto sulle risorse naturali, si ripercuotono sulle popolazioni, favorendo tensioni tra le comunità locali. Questo vale, in particolare, per l’Africa del Nord e Subsahariana, soggetta a fenomeni di siccità e desertificazione. “L’inazione non è più una strada percorribile” nell’ambito della lotta al cambiamento climatico e della transizione energetica. “Politiche di investimento lungimiranti – avvertono da Sace – potranno consolidare il continuo e tendenziale miglioramento nelle performance in materia di transizione energetica, in particolare in Europa e America Latina”.
Intanto, risultati incoraggianti provengono da alcune economie latinoamericane con una forte presenza di rinnovabili, come il Cile e soprattutto il Brasile, più virtuoso in materia di transizione energetica tra i membri del G20, seguito dal blocco europeo Francia, Germania e Regno Unito. Tra i grandi Paesi in posizione più arretrata rispetto alla transizione energetica troviamo Arabia Saudita e Russia, conseguenza del peso negativo della disponibilità e dell’utilizzo di materie prime fossili, come dimostrato anche dalla presenza di Paesi come Libia, Qatar, Iran e Iraq nelle ultime posizioni della classifica.
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