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Default e declassamenti sono destinati ad aumentare, ma meno che nel post-Lehman, grazie alle misure di espansione fiscale e monetaria, spiega la leader globale della ricerca, che si aspetta una ripresa nel 2021
Il 2021 sarà l’anno della ripresa ma le condizioni del mercato del credito resteranno legate a doppio filo alla pandemia e il recupero delle economie potrebbe comunque procedere su un terreno accidentato. Lo spiega a FocusRisparmio Alexandra Dimitrijevic, Global Head of Research di S&P Global Ratings, specificando che alcuni rischi chiave per quest’anno saranno i rischi di solvibilità delle aziende e la sostenibilità dei debiti pubblici. Per quanto riguarda il primo aspetto, le insolvenze e i downgrade dovrebbero aumentare rispetto al 2020, anche se a tassi inferiori a quelli registrati nel corso della crisi finanziaria globale. Per quanto riguarda i debiti sovrani, invece, le maggiori difficoltà potranno presentarsi per i Paesi con bassa crescita, come l’Italia (e non solo).
Dimitrijevic guida la ricerca di S&P Global Ratings su tutte le aree geografiche e su tutte le asset class. È inoltre a capo del Credit Conditions Committee, una piattaforma globale di monitoraggio del rischio di credito cui partecipano economisti ed esperti da tutto il mondo, nonché la presidente del Women Research Council, che pubblica ricerche in materia di impatto della gender diversity su aziende e mercati. Ecco l’intervista integrale per la rubrica #BigTalkFR di questa settimana.

Qual è il vostro outlook per l’economia globale per il 2021 e il 2022? Ritenete che le vaccinazioni di massa saranno in grado di innescare una vivace ripresa?
Senza alcun dubbio il 2021 sarà l’anno della ripresa. Per quest’anno stimiamo una crescita del 5% del Pil globale e un incremento del 4,8% nell’Eurozona, dopo il calo registrato lo scorso anno rispettivamente del 4% e del 7,2%.
Purtroppo i vaccini non sono delle bacchette magiche e quindi, prima di rimettersi completamente in carreggiata, l’economia globale dovrà affrontare un percorso lungo e accidentato. Attualmente siamo di fronte a una gara che vede come protagonisti la produzione e la distribuzione del vaccino da un lato e il tasso di contagio da Covid-19 che resta ancora alto, dall’altro, accompagnato anche dall’insorgenza di nuove varianti.
La maggior parte delle economie sviluppate sembra poter raggiungere un’immunizzazione diffusa entro la fine del terzo trimestre, fattore che aiuterà a spianare la strada a un ritorno a livelli più normali di attività sociale ed economica. Al contrario, alcuni mercati emergenti potrebbero essere in grado di raggiungere un’immunizzazione diffusa solo entro la fine dell’anno o ancora più tardi.
Quali sono i fattori principali che plasmeranno il contesto del credito globale quest’anno?
La pandemia e le sue conseguenze continueranno a dominare le condizioni del credito nel 2021. Nella prima metà dell’anno, i rischi legati al credito saranno influenzati dal ritmo delle campagne di vaccinazione e dal ritorno della domanda del settore privato. Supponendo che la maggior parte delle restrizioni venga eliminata nel secondo semestre dell’anno, l’attenzione si sposterà sul necessario abbandono delle misure straordinarie di sostegno introdotte dai governi, che potrebbero rivelare ulteriori vulnerabilità nascoste.
L’attenzione si sposterà sempre più sulle implicazioni di lungo periodo della pandemia, con l’accelerazione dei trend secolari in alcuni settori e l’incremento della leva finanziaria globale.
E quali sono i principali fattori di rischio?
Le incertezze sull’evoluzione della pandemia e sull’efficacia delle misure di contenimento a livello globale restano un fattore di rischio elevato, anche se in diminuzione. Il costo complessivo dal punto di vista economico e di credito dipenderà anche dall’effettiva transizione verso politiche più adatte a uno scenario post-Covid, che presentano rischi legati a un’austerità prematura.
Altri fattori di rischio chiave saranno il rischio di solvibilità delle aziende e i livelli record del debito pubblico, dato che gli stimoli fiscali e monetari senza precedenti hanno spinto la leva finanziaria globale verso nuovi massimi, pari al 265% del Pil globale.
La pandemia ha rappresentato una svolta per i temi Esg. La transizione energetica, il cambiamento climatico, i rischi sociali causati da disuguaglianze, la rivoluzione tecnologica e i rischi informatici saranno fattori sempre più determinanti per l’analisi del credito.
Qual è lo stato di salute dei fondamentali degli emittenti in questo momento? Dobbiamo aspettare un’ondata di default nei settori maggiormente colpiti dalla crisi?
Il 2020 si è chiuso con un tasso di default degli emittenti speculative grade pari al 5,3% in Europa (dal 2,2% dell’anno precedente) e al 6,5% negli Stati Uniti. Ci aspettiamo che le insolvenze (comprese le ristrutturazioni del debito) continuino ad aumentare nel 2021, per arrivare intorno al 7-8% a livello globale. Questo valore è inferiore ai livelli a doppia cifra raggiunti durante la crisi finanziaria globale, grazie all’abbondante sostegno monetario e fiscale e alle condizioni di finanziamento molto favorevoli.
Oltre alle insolvenze, ci aspettiamo ulteriori abbassamenti dei rating nel 2021, dal momento che attualmente un terzo dei rating corporate presenta un outlook negativo. Questo indica una probabilità su tre che si verifichi un cambiamento del rating nei prossimi uno-due anni. Questo livello è sceso rispetto al picco del 36% raggiunto a metà del 2020.
Quali settori e quali aree geografiche sono maggiormente esposte al rischio di insolvenza, e perché?
La pandemia ha avuto un impatto molto disomogeneo a seconda dei settori e dei livelli di rating.
Per quanto riguarda i rating, il 70% dei downgrade legati al Covid e tutti i default del 2020 hanno coinvolto entità con un rating speculative grade, il 45% delle imprese con un rating ‘B’. Questo livello di rating indica un’elevata vulnerabilità ai cambiamenti dei cicli economici e finanziari.
Invece i settori più colpiti dalla pandemia sono quelli maggiormente interessati dalle misure di distanziamento sociale, come alberghi, leisure, media, retail, automotive e trasporti. Ma lo scorso anno anche il settore oil & gas è stato oggetto di importanti default e downgrade a causa del crollo dei prezzi del petrolio.
Anche i debiti pubblici sono in aumento, a causa delle misure fiscali espansive adottate dagli stati per limitare gli effetti della pandemia sulle economie. Teme che anche questa possa essere una bomba a orologeria, in grado di innescare una nuova crisi dei debiti sovrani?
Più di due terzi dei governi dei Paesi sviluppati ed emergenti dovrebbero riuscire a stabilizzare il proprio rapporto debito/Pil o a collocarlo su una traiettoria in calo entro il 2023, pur partendo da livelli storicamente alti. Ciò fa sì che ancora un terzo dei governi dovrà affrontare un debito crescente anche oltre questa data, secondo le nostre previsioni. La bassa crescita del Pil in Italia, Giappone, Brasile, Arabia Saudita e Sudafrica rischia di complicare le attività di risanamento delle finanze pubbliche di questi governi. Tuttavia la maggior parte dei governi si trova ad affrontare questo shock fiscale storicamente molto severo con costi medi di finanziamento in calo, fattore che aiuta a mitigare il costo fiscale.
Teme che le attuali condizioni di finanziamento iperpfavorevoli rischino di creare un esercito di società “zombie”, tenute in vita artificialmente dal credito?
Questo è un rischio che stiamo monitorando. Attualmente il 16% del credito corporate speculative grade ha un rating ‘B-’ o ‘CCC’ con un credit watch o outlook negativo, ovvero con un rischio di default otto volte più elevato. Le attuali condizioni favorevoli contribuiscono a risolvere i problemi di liquidità a breve termine, ma non eliminano i rischi di solvibilità. Quindi la resilienza dei business model di queste aziende in un mondo post-Covid e la sostenibilità della loro struttura di capitale saranno elementi fondamentali.
Quali sono le vostre previsioni sulle politiche monetarie e quando pensa che potremmo iniziare a vedere una “normalizzazione”, con allentamento degli stimoli?
Ci aspettiamo che le politiche macroeconomiche restino accomodanti e flessibili. Prevediamo anche che le principali banche centrali manterranno i tassi di politica monetaria efficacemente a zero fino a quando la ripresa non sarà ben avviata e che utilizzeranno un mix di acquisti di asset e di controllo della curva dei rendimenti per mantenere condizioni monetarie accomodanti.
Vedete una dispersione tra i diversi settori?
Abbiamo visto chiaramente che, da metà dell’anno scorso in poi, la ripresa ha assunto una forma a ‘K’. Alcuni settori (compagnie aeree, leisure) hanno assistito a forti sconvolgimenti e ci vorranno probabilmente alcuni anni prima che si riprendano, almeno fino al 2023, mentre altri (retail) stanno subendo l’accelerazione dei cambiamenti secolari, alcuni (assicurazioni, utility) sono rimasti abbastanza immuni dalla pandemia, e altri ancora (tecnologia, costruttori edili) stanno beneficiando del cambiamento di abitudini indotto dalla pandemia, come ad esempio l’aumento delle attività online e del lavoro da remoto.
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