Private banking, il patrimonio a fine 2021 toccherà quota 978 miliardi
21 giugno 2021
di ELENA SCUDIERI
4 min
Dopo un 2020 positivo, Aipb prevede +5% quest’anno. E la ricchezza dei clienti private cresce a velocità doppia rispetto a quella delle altre famiglie
Ben 932 miliardi di euro di masse in gestione a dicembre 2020 che, con tutta probabilità, diventeranno 978 miliardi a fine 2021. Il mercato del private banking italiano si conferma in ottima salute, perfettamente vaccinato contro il Covid, e mostra un deciso trend di crescita anche per l’anno in corso.
Stando infatti ai dati Aipb, l’associazione italiana private banking, la stima è di un incremento del 5% per il settore (+5,1% nel 2020), che potrebbe appunto portare il patrimonio complessivo a raggiungere i 978 miliardi di masse in gestione entro fine anno. Le prospettive sono rosee anche alla luce del fatto che l’andamento effettivo del mercato ha finora superato le attese: la previsione fatta nel 2018, basata su uno scenario economico finanziario che non poteva certo prevedere una pandemia, stimava infatti che il private banking sarebbe arrivato a 893 miliardi di euro entro la fine del 2020. Il settore ha, invece, consolidato una crescita superiore alle previsioni, raggiungendo 932 miliardi di euro già lo scorso dicembre.
Il private banking cresce come canale distributivo
Il settore festeggia ottimi dati anche sul fronte della creazione di valore: la ricchezza investita dei clienti private registra infatti una crescita a velocità doppia rispetto a quella delle altre famiglie benestanti non servite. Centrale, inoltre, la capacità di trasformare i risparmi in investimenti, favorendo l’allocazione della liquidità in strumenti diversi dal deposito.
Nel dettaglio degli ultimi 5 anni, il valore della ricchezza finanziaria affidata dalle famiglie benestanti (cioè quelle con una ricchezza finanziaria investibile superiore a 500mila euro) al private banking ha mostrato un tasso di crescita medio annuo del 4,4%, pari al doppio del tasso di crescita delle famiglie che non si sono rivolte agli operatori private per la gestione dei propri investimenti (2%).
Paolo Langé, Presidente Aipb
“I dati raccolti confermano il ruolo sempre più strategico nel sistema Paese dell’industria del private banking e la nostra capacità di trasformare la liquidità in investimenti, di attutire gli effetti dell’emotività sui mercati durante le fasi di incertezza e di accelerare la crescita dei portafogli, sapendo intercettare al meglio le esigenze delle famiglie servite – commenta Paolo Langé, Presidente Aipb –. L’industria ha saputo fornire risposte immediate e dare valore, facendo crescere la ricchezza finanziaria dei propri clienti a una velocità doppia. Il mercato continua a mantenere un trend di sviluppo positivo anche oltre le nostre previsioni”.
“La pandemia non ha intaccato la propensione delle famiglie Private a investire e gli operatori le hanno sapute accompagnare al meglio in questa difficile fase – ha aggiunge Antonella Massari, segretario generale di Aipb -. Il 2020 è stato un anno importante per l’industria italiana del private banking che si conferma leader rispetto agli altri canali distributivi per la gestione di ricchezza investita in prodotti finanziari diversi dalla liquidità. Oggi serve quasi un terzo della ricchezza investibile complessiva in Italia, sottraendola agli strumenti di deposito, in un contesto dove il numero di famiglie che hanno il 100% dei propri risparmi in liquidità tende a diminuire, ma resta intorno al 46%”.
Antonella Massari, segretario generale di Aipb
Nel dettaglio degli investimenti finanziari (comparto gestito, amministrato e assicurativi, esclusa la liquidità), il private banking ha messo a segno tutti risultati da incorniciare. Lo scorso anno, nella gestione della ricchezza delle famiglie italiane (3.269 miliardi di euro), il settore ha registrato una crescita superiore rispetto agli altri canali distributivi, meno focalizzati sui servizi d’investimento (+5,1% vs +3,4%). Ha poi favorito l’allocazione del risparmio in investimenti finanziari diversi dai depositi per 28 miliardi (il 77,7% del totale della nuova raccolta), mentre il risparmio delle altre famiglie è affluito soprattutto in liquidità, solo 1 miliardo (l’1,5%) è stato trasformato in investimenti dagli operatori non private. I nuovi flussi delle famiglie servite dal private banking sono stati velocemente indirizzati su tutti i vari comparti d’investimento.
Sul fronte dei prodotti di risparmio gestito gli operatori private, stando ad Aipb, si sono dimostrati efficaci nell’adeguare le proposte di investimento al mutare delle condizioni dei mercati, chiudendo l’anno con volumi di raccolta netta positivi a differenza degli altri operatori (+7 mld vs -3 mld). Anche sulla raccolta amministrata, i volumi di raccolta netta sono positivi (+8 mld), in particolare in strumenti azionari, ma anche in titoli di Stato. Gli altri canali, invece, hanno registrato una raccolta netta degli strumenti amministrati ampiamente negativa (-14 mld). L’interesse per gli investimenti in prodotti assicurativi è rimasto più alto per tutti gli operatori, confermando la preferenza per questa componente di portafoglio durante le fasi di incertezza perché visti come meno rischiosi e come forma di tutela per la ricchezza.
Infine, analizzando la parte della ricchezza finanziaria delle famiglieinvestita (in titoli, fondi, gestito e assicurativo; esclusa quindi la liquidità) emerge ancora più chiaramente come il 2020 abbia rappresentato un anno di svolta per il private banking: su questa parte di ricchezza, che ammonta a 1.880 mld, per la prima volta il canale private risulta leader tra gli altri distributori superando banche e reti non private (il PB gestisce il 42% degli asset; 41% banche e reti non private; 17% Poste e agenti). Ciò significa che grazie alla rapida trasformazione della nuova raccolta in investimenti oggi il settore gestisce il pool più rilevante di ricchezza investita: 790 contro 781 miliardi.
Secondo il rapporto Aipb-Capital Group, il 93% è pronto a investire, ma solo il 35% immobilizzerebbe parte del patrimonio per 10 anni. Oltre uno su due guarda ai prodotti Esg