Inflazione e investimenti: istruzioni per l’uso
La fiammata dei prezzi preoccupa i mercati. Mfs Im fa il punto sulle possibili conseguenze per investitori obbligazionari e azionari e spiega come proteggersi
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Dai dati alle parole, che preannunciano i fatti. Ora che gli attesi numeri sull’inflazione Usa sono arrivati, sorprendendo in negativo le già non ottimistiche stime degli analisti, gli occhi dei mercati sono di nuovo puntati su di lui, Jerome Powell, capo della Federal Reserve americana che si prevede possa anticipare la tabella di marcia dell’aumento dei tassi Usa, e sul rally dei listini azionari, che si teme possa essere ormai al capolinea.
Ad ottobre, infatti, l’indice dei prezzi al consumo (CPI) degli Stati Uniti è aumentato del 6,2%, facendo toccare all’inflazione a stelle e strisce il più alto livello dal 1990. La cifra, rilasciata il 10 novembre, ha superato il consensus di Bloomberg del 5,9% e assestato un ulteriore colpo al mantra delle banche centrali di tutto il mondo sulla transitorietà del fenomeno.
Un altro preoccupante segnale, anche se accompagnato quasi in contemporanea da ampie rassicurazioni da parte della Bce, è arrivato dal Vecchio Continente. Nelle sue stime economiche d’autunno, infatti, Bruxelles ha fissato l’inflazione dell’Eurozona al 2,4% nel 2021 e al 2,2 nel 2022, prevedendo una netta discesa solo nel 2023, quando l’indice dei prezzi calerà all’1,4%. Più alti i livelli per l’Unione Europea: nel 2021, 2022 e 2023 il tasso si attesterà rispettivamente al 2,6%, 2,5% e 1,6%.
Francoforte, da parte sua, ha fatto sapere che il consiglio direttivo “è pronto ad adeguare tutti i suoi strumenti, ove opportuno, per assicurare che l’inflazione si stabilizzi sull’obiettivo fissato dalla Bce del 2% nel medio termine”, osservando appunto che i prezzi dovrebbero continuare ad accelerare nel corso del 2021, e che “l’attuale fase di rialzo durerà più a lungo di quanto inizialmente atteso” per poi ridursi nel corso del prossimo anno.
Inevitabile dunque che le pressioni sui prezzi rimangano una preoccupazione a livello globale. “L’inflazione potrebbe rimanere elevata anche nei prossimi mesi e ogni dato sull’andamento dei prezzi al consumo che supera le aspettative provoca volatilità nei mercati azionari e nei mercati obbligazionari, ma non prevediamo ancora che l’inflazione faccia deragliare il rally azionario”, spiega Mark Haefele, chief investment officer di Ubs Global Wealth Management.
Per Tiffany Wilding, economista esperta di America Settentrionale di Pimco, il dato Usa di ottobre lascia decisamente intendere che i funzionari della banca centrale anticiperanno il calendario previsto per l’aumento dei tassi, nel tentativo di gestire il rischio che le aspettative di inflazione a lungo termine accelerino a causa delle pressioni inflazionistiche e della conseguente incertezza economica.
Per l’esperta, infatti, Powell e colleghi si trovano ora in una posizione scomoda. “Se ci aspettavamo che i prossimi mesi sarebbero stati difficili da gestire per la Fed, gli aumenti dei prezzi più forti del previsto in ottobre, specialmente nelle categorie di beni di prima necessità, confermano che i funzionari rivedranno ancora una volta le loro previsioni sull’inflazione e sui tassi nel documento di sintesi delle proiezioni economiche di dicembre. Ci aspettiamo che la previsione media rivista della banca centrale Usa implichi due rialzi dei tassi nel 2022 (e altri tre o quattro rialzi nel 2023), il che suggerisce che la Fed probabilmente inizierà il rialzo subito dopo la fine degli acquisti di obbligazioni”.
Per ora, secondo la Wilding, è prevedibile che il ritmo del tapering degli acquisti di asset continui a 10 miliardi di dollari al mese per i Treasuries statunitensi e 5 miliardi di dollari al mese per i titoli garantiti da ipoteca (MBS) agency. “Tuttavia – avverte -, non saremmo sorpresi di vedere più richieste per i funzionari della Fed ad accelerare il tapering a gennaio, quando dovranno annunciare l’andamento in corso”.
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