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Il Pil scenderà del 7% quest’anno e salirà, al netto della seconda ondata, del 4,7% nel 2021. Nuovo appello ai governi in stile Draghi al “whatever it takes” e a non ritirare gli stimoli
Oltre tremila miliardi andati già in fumo, una ripresa diseguale che continua ad arrancare e rischi in pericoloso aumento a causa della seconda ondata di contagi. Nonostante la revisione al rialzo del Pil rispetto alle stime di giugno, è ancora un bollettino di guerra l’ultimo ‘Regional Economic Outlook for Europe’ del Fondo Monetario Internazionale, che ai governi del Vecchio Continente rivolge, citando Mario Draghi, un appello preciso: fare ancora tutto il possibile, “whatever it takes”, e non ritirare gli stimoli finora messi in campo.
Di guerra, d’altra parte, parlano gli stessi economisti dell’Fmi a proposito dei numeri. Prevedono infatti per l’Europa una contrazione del 7% nel 2020, la maggiore dal secondo conflitto mondiale, seppure in miglioramento rispetto al -8,5% previsto in giugno. E sono soprattutto i Paesi avanzati quelli più colpiti dalla crisi, con Francia, Italia, Portogallo, San Marino, Spagna e Regno Unito “per i quali l’attività economica è prevista contrarsi di circa il 10%”.
Per l’Italia, il Fmi stima un Pil in calo del 10,6% quest’anno, con un rimbalzo del 5,2% nel 2021. E per diversi Paesi europei ci vorrà fino al 2022 o 2023 per tornare ai livelli pre-pandemia del 2019, sottolinea Alfred Kammer, direttore del dipartimento europeo del Fondo Monetario Internazionale, prevedendo che i livelli di debito dei Paesi del Vecchio Continente inizieranno a calare dopo il balzo per far fronte alla pandemia. “Il Recovery Fund è un importante strumento”, evidenzia Kammer.
Dopo un impatto così “enorme”, la ripresa da “questa crisi sarà irregolare e parziale”, avvertono gli economisti, dando atto agli Stati che è stata la “risposta senza precedenti” ad evitare “un risultato devastante”: senza, infatti, la “recessione sarebbe stata ben peggiore”. Ma “l’outlook è molto incerto – aggiungono dal Fmi -. Il riemergere delle infezioni in Europa rappresenta probabilmente il maggiore rischio al ribasso al momenti. Una Brexit no-deal sarebbe un ulteriore potenziale shock all’attivita”.
Insomma, i rischi per l’economia europea “restano significativi e stanno aumentando con la seconda ondata di infezioni che si sta intensificando”. Per questo, data la considerevole incertezza, “le politiche devono continuare in modo risoluto a sostenere la ripresa”, viene spiegato nel rapporto, sottolineando che anche se l’Europa crescerà nel 2021 del 4,7%, la ripresa sarà comunque minore di quella prevista prima della pandemia, implicando una perdita di quasi 3 milioni di euro. “Molte di queste perdite non saranno recuperate nel medio termine” è l’avvertimento.
L’Europa deve quindi fare tutto il possibile per contenere la pandemia e i suoi danni economici, e “non ritirare in modo prematuro gli stimoli per evitare il ripetere dell’errore commesso durante la crisi finanziaria globale”. Gli aiuti, si legge ancora, “hanno contribuito ad evitare una recessione più profonda e cicatrici economiche durature sull’economia europea. Per le economie dell’Ue, stimiamo che senza l’azione della politica e il forte sostegno dell’Ue” il Pil potrebbe essere nel 2020, 3 o 4 punti percentuali più basso rispetto al -7% stimato. “I governi non possono permettersi di non spendere – mette in guardia Kammer -. Gli aiuti devono restare in piedi non ci sono dubbi al riguardo”.
Infine, un appello anche alle banche. Gli istituti europei sono entrati nella pandemia forti e si sono dimostrate resilienti a uno shock senza precedenti. “La loro resilienza, insieme alla forte risposta politica, hanno aiutato a prevenire un credit crunch”, afferma il Fondo, sottolineando però che i non performing loan aumenteranno e che la politica deve facilitarne un efficiente smaltimento. “Le banche dovranno impegnarsi con gli azionisti per mettere a punto una credibile strategia per aumentare il capitale nel medio termine”, concludono gli economisti.
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