Secondo Excellence Consulting sono più remunerative per gli azionisti: Roe medio al 22% contro il 2% degli istituti tradizionali. “In futuro vincerà chi saprà investire meglio”, afferma Maurizio Primanni, ceo e fondatore della società
Le banche di consulenti finanziari sono più remunerative per i loro azionisti rispetto agli istituti tradizionali. Lo rivela un’indagine di Excellence Consulting, che ha messo a confronto le prime sette reti (Fideuram, Mediolanum, Fineco, Banca Generali, Azimut, Allianz ed Euromobiliare) con le prime sette banche commerciali (Unicredit, Isp, Bbpm, Mps, Credit Agricole, Bnl e Credem). Ebbene, dai dati emerge che il Roe, ricalcolato non considerando le rettifiche sui crediti imputabili all’effetto Covid, in media è pari al 22% per le prime, mentre si ferma al 2% per le seconde. Determinanti sul risultato, stando ai bilanci del 2020, sono le rettifiche su crediti: 0,7 bps rispetto agli asset nel caso delle Reti e 25 bps per gli istituti tradizionali.
Entrando nel dettaglio del conto economico aggregato, nel 2020 il Roe delle banche-reti (22%) è ancora significativamente più elevato rispetto a quello delle commerciali (-1%): a rendere più rilevante questa differenza è il fatto che queste ultime necessitano di maggiore capitale rispetto alle prime.
Da segnalare che, in realtà, l’analisi di Excellence dimostra come il modello di business delle commerciali consenta loro di generare più ricavi anche nell’attuale contesto di tassi bassi o negativi: i margini d’intermediazione sugli asset (186 bps) risultano infatti più alti di quelli delle reti (89 bps). A determinare questa differenza concorre però il fatto che i ricavi delle reti sono già decurtati dal costo dei consulenti finanziari, che vengono remunerati in percentuale dei risultati commerciali ottenuti.
Perché allora il Roe delle banche tradizionali è inferiore? A causare questo scarto sono due componenti di costo, notevolmente più alte. La prima riguarda i costi operativi sugli asset (131 bps), che corrispondono stipendi fissi ad un volume di dipendenti molto più ampio e articolato e che sono superiori a quelli delle reti (40 bps). La seconda componente sono invece le rettifiche sui crediti/assets, maggiori per le commerciali (46 bps), che distribuiscono più credito a privati e imprese, rispetto a quelle delle Reti (0,7 bps) che fanno credito prendendo a pegno gli investimenti dei clienti.
Interessante notare che nel complesso, in un’economia a tassi zero e in un’attività con spazi di imprevedibilità come quella bancaria, dal momento che i margini d’intermediazione/asset bilanciano sostanzialmente i costi operativi/asset, è facile dedurre che la remuneratività per gli azionisti delle banche commerciali risulta connessa principalmente alle rettifiche su crediti. Che tradotto vuol dire capacità di fare banca, cioè sapere scegliere a chi, privato o impresa, concedere credito.
Per rispondere alla possibile obiezione che su tale fotografia possa avere influito l’effetto Covid19, la ricerca di Excellence prende a prestito uno Studio di Bankitalia, che quantifica in circa il 46% il valore delle rettifiche sui crediti delle banche commerciali imputabili alle conseguenze della pandemia. Applicando tale coefficiente, rimanendo invariate a 0,7 bps le rettifiche sui crediti/assets delle Reti, quelle delle commerciali scendono da 46 bps a 25 bps, persistendo pertanto una notevole differenza di risultato tra i due modelli di business.
Maurizio Primanni, ceo Excellence Consulting
“Nell’attuale momento di tassi d’interesse vicino allo zero, che secondo i principali analisti potrebbero rimanere tali nel medio periodo, la capacità di remunerare gli azionisti è generata più dal modello di business della banca più che da altri elementi, e ciò a prescindere dai contraccolpi dell’emergenza sanitaria”, sottolinea Maurizio Primanni, ceo Excellence Consulting, che punta l’attenzione sul fatto che appunto la differenza non è stabilita tanto dal patrimonio, dai costi operativi o dal margine di intermediazione, sempre maggiori nelle banche commerciali, ma dalle rettifiche sul credito erogato.
“Si pone quindi la necessità di far evolvere il sistema di finanziamento alle imprese, riducendo nel tempo il peso del credito bancario e aumentando conseguentemente la diffusione dei prodotti alternativi di private debt e private equity, i quali però richiedono un intervento di revisione complessiva dei sistemi organizzativi, comportamentali e delle competenze delle banche”, conclude Primanni.
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