Fondi alternativi europei verso un 2021 record. Corre l’Italia
Dopo il +13% di raccolta del 2020, nel primo semestre 2021 aumentano flussi, investimenti e performance. Boom di infrastrutture e asset reali. Cresce a doppia cifra il mercato italiano
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Il private banking punta sulle pmi, che rispondono con risultati molto positivi. Il circolo virtuoso risparmio private-fondi alternativi-economia reale emerge da una ricerca del Politecnico di Milano aggiudicataria del bando di Aipb, supportata da Neuberger Berman, dalla quale viene anche evidenziato come l’offerta di prodotti finanziari esistenti per veicolare risorse alle imprese abbia ancora dei limiti e lasci insoddisfatta una rilevante domanda potenziale.
Delle 2.032 operazioni di finanziamento realizzate dai Fia autorizzati alla commercializzazione in Italia nel periodo compreso tra il 2015 e il 2019, le 242 selezionate dal private banking hanno effettivamente privilegiato gli investimenti in pmi (82%), società operanti nell’economia reale (settore terziario al 56%) e situate in prevalenza nel Nord Italia (76,8%). A partire dal 2000, il risparmio gestito dal private banking ha contribuito al finanziamento di 151 imprese. Risultato che appare ancor più rilevante considerate le specificità delle normative che ostacolano la possibilità dei clienti private di investire in fondi Fia.
Nel 29% dei casi, gli operatori hanno scelto fondi di tipo non riservato, valore oltre 7 volte superiore alla media di mercato del 4,1%. Una scelta dovuta al contesto normativo, che spesso fa ricadere il cliente private nella definizione di investitore retail (500.000 euro il limite dell’importo di sottoscrizione) limitandone l’accesso ai fondi riservati che hanno delle soglie di ingresso più elevate. Il mercato d’altro canto ha già cominciato a muoversi per favorire un maggiore coinvolgimento degli investitori riducendo i ticket dei fondi riservati e aumentando quindi l’offerta, che d’altro lato resta però molto concentrata in un numero ridotto di operatori.
Complessivamente, l’analisi evidenzia un contributo rilevante del private banking alle piccole e medie imprese italiane. I Fia collocati sono stati coinvolti nel 9% dei deals in equity, in cui il target era una pmi, per un volume complessivo di capitale di rischio pari al 7,5% del totale investito dai fondi di investimento alternativo. Allo stesso modo, i fondi alternativi selezionati dagli operatori private hanno sottoscritto il 12,8% del totale del capitale di debito disponibile per le aziende attraverso fondi di investimento alternativo.
Lo studio ha anche indagato la qualità del contributo, analizzando le performance delle imprese oggetto di operazioni che hanno coinvolto Fia, mediate dal private banking, analizzando la crescita dei fatturati, dell’attivo di stato patrimoniale, del numero di dipendenti, della liquidità.
Ebbene, dai dati raccolti emerge che a tre anni dal deal, le imprese che hanno ricevuto un finanziamento in equity e/o debito hanno registrato performance significativamente maggiori rispetto a chi non lo ha ricevuto, pari al 240%, e un incremento dei dipendenti superiore del 150%.
Le pmi oggetto di deal mediati dal private banking hanno performato meglio di quelle che lo hanno ricevuto attraverso altri canali, sempre attraverso lo strumento Fia, registrando un ulteriore incremento dei ricavi pari a mediamente il 10% in più, degli attivi con il 25% in più e dei dipendenti con il 10% in più, mentre la cassa aumenta leggermente meno ( -5%), rispetto al campione di pmi oggetto di deal.
I dati, insomma, dimostrano che il private banking ha saputo selezionare Fia e i deal con maggiore potenziale di crescita, indice di qualità della consulenza offerta dall’industria. E mostrano come, soprattutto in anni recenti, il risparmio gestito dal private banking abbia finanziato operazioni di aumento di capitale e debito privato attraverso la selezione di Fia con impatti molto significativi sulla crescita delle imprese.
Lo studio evidenzia infatti la capacità degli operatori private di individuare i fondi con più alto potenziale di crescita e il valore dell’industria private, quale leva strategica per permettere in futuro alle pmi di raggiungere gli obiettivi di patrimonializzazione e di sviluppo.
“Il nostro Osservatorio sull’evoluzione della gamma di offerta di Fondi di Investimento Alternativi ha rilevato come, dei 1670 Fia autorizzati alla commercializzazione in Italia alla fine del 2020, il 95% rimanga riservato ad investitori professionali. Riguardo alla quota differenziale di Fia ‘non riservati’, oltre il 65% è distribuito dagli operatori di private banking alla loro clientela assistita da consulenza finanziaria. Resta a nostro parere una domanda potenziale insoddisfatta di Fia ‘non riservati’ collocabili presso una clientela non professionale che possiede portafogli medi finanziari di 1,7 milioni di euro per un valore totale di asset pari ad almeno 960 miliardi”, ha evidenziato la segretaria generale di Aipb, Antonella Massari.
Quanto alle cause sottostanti la domanda inevasa di Fia per investitori non professionali, per la Massari emerge ancora una volta quanto sarebbe importante accelerare la creazione di una definizione armonizzata a livello europeo della categoria intermedia di investitori semi professionali coerente con la clientela del private banking.
“Siamo consapevoli come sia in atto, proprio in questo momento, una partita europea nella quale l’Italia può giocare un ruolo di primo piano per favorire una migliore allocazione delle risorse, intervenendo proattivamente nel processo di revisione delle Direttive Europee per facilitare l’indirizzo della liquidità privata verso opportunità di investimento alternative che agiscano da moltiplicatore, affinché ciascuno possa dare a pieno un proprio contributo, accompagnando lo sforzo messo in campo dal Next generation Eu”, ha concluso la segretaria Aipb.
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